Carlo Parisi (Figec), “Annullare il taglio di stipendi e pensioni dei giornalisti”.
Un appello al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, affinché "disponga in autotutela con equità, lungimiranza e buon senso – anche nell’interesse dell’INPS – l’immediato annullamento dell’illegittimo contributo straordinario di solidarietà dell’1 per cento per 6 mesi da gennaio a giugno 2002 sugli stipendi e sulle pensioni dei giornalisti lavoratori subordinati ex INPGI 1 (ora INPS)".
di Pierluigi Roesler Franz
Venerdì 27 Gennaio 2023
Roma - 27 gen 2023 (Prima Pagina News)
Un appello al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, affinché "disponga in autotutela con equità, lungimiranza e buon senso – anche nell’interesse dell’INPS – l’immediato annullamento dell’illegittimo contributo straordinario di solidarietà dell’1 per cento per 6 mesi da gennaio a giugno 2002 sugli stipendi e sulle pensioni dei giornalisti lavoratori subordinati ex INPGI 1 (ora INPS)".

A lanciarlo è Carlo Parisi, segretario generale della Figec, Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione, il nuovo sindacato dei giornalisti e degli operatori dell’informazione, della comunicazione, dell’editoria, dell’arte e della cultura, federato alla Cisal.

"L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – spiega Carlo Parisi – rischierebbe, infatti, di dover affrontare migliaia di singole cause e/o class action che potrebbero prendere il via davanti ai tribunali del lavoro di tutta Italia con un elevatissimo rischio di perderle e di dover rimborsare ai giornalisti in attività e in pensione non solo gli importi di pensione trattenuti, ma anche di rifondere le parcelle dei loro legali e gli interessi legali del 5% annuo dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi “forzosi” effettuati dall’INPS) fino al momento dell’effettivo rimborso".

Il contestato taglio dell’1% degli stipendi e delle pensioni degli iscritti all’INPGI 1 fu approvato a maggioranza (votarono contro i tre consiglieri dell’opposizione Carlo Parisi, Elena Polidori e Daniela Stigliano) con delibera n. 27 del 23 giugno 2021 del Consiglio di Amministrazione INPGI durante il 2° Governo Conte. E sarebbe dovuto durare per ben 5 anni. Pochi mesi dopo il governo Draghi nominò un’apposita Commissione interministeriale che, alla fine, propose il passaggio dell’INPGI 1 all’INPS con decorrenza dal 1° luglio 2022. Si pensava, quindi, che la delibera dell’INPGI non dovesse essere più applicata, né resa operativa.

Contro ogni previsione, però, la delibera del Cda INPGI n. 27 del 2021 fu, invece, firmata il 22 dicembre 2021 dall’allora direttore generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Concetta Ferrari, successivamente nominata presidente del Collegio Sindacale INPS, con nota n. 36/0013914/PG-L-129 del 22 dicembre 2021, pubblicata nel sito internet dello stesso Ministero. Ma, a seguito e per effetto della finanziaria del Governo Draghi (art. 1, commi da 103 a 108 e da 110 a 118, della legge n. 234 del 30 dicembre 2021), entrata in vigore il 1° gennaio 2022, l’INPGI due settimane dopo chiese al Ministero del Lavoro di “congelare” l’esecutività della delibera n. 27 del 2021. A metà giugno 2022 il Ministero del Lavoro confermò il suo precedente via libera, restando comunque in attesa di un parere scritto da parte dell’Avvocato Generale dello Stato, Gabriella Palmieri Sandulli, la quale circa un mese dopo ribadì definitivamente il taglio dell’1% degli stipendi e delle pensioni degli iscritti all’INPGI 1 limitandolo, però, a soli 6 mesi – dal 1° gennaio al 30 giugno 2022 – proprio perché l’INPGI 1, in base alla legge finanziaria del governo Draghi, era confluito nell’INPS dal 1° luglio 2022.

Pertanto l’INPS ne ha dato esecuzione – anche se in modo bizzarro nel cedolino di gennaio 2023 senza alcuna preventiva comunicazione o spiegazione ai giornalisti pensionati iscritti, né chiedendo neppure scusa per l’errore commesso di aver deciso di effettuare un prelievo forzoso del 2% per 3 bimestri per circa 3 milioni di euro complessivi – dal 1° gennaio al 1° marzo 2023 compreso – anziché un contributo di solidarietà dell’1% per 6 mesi da gennaio a giugno 2023, come indicato testualmente nel cedolino sotto la seguente “voce”: “Contr. Sol. 1% Gen-Giu 2022”. Insomma, una pessima, tardiva ed equivoca comunicazione da parte dell’INPS. E la spiegazione ufficiale è arrivata con grande ritardo solo a seguito di una richiesta scritta inviata tramite Pec.

La dottoressa Elena Stanchelli, Dirigente INPS dell’Area normativa delle pensioni e delle prestazioni di accompagnamento alla pensioni, ha così risposto alla PEC del giornalista pensionato ex INPGI 1 Pino Bruno, che gentilmente ne ha autorizzato la diffusione il 24 gennaio 2023. Eccola: «La trattenuta da lei indicata si riferisce al contributo di solidarietà previsto dal Consiglio di amministrazione dell’INPGI con la delibera n. 27 del 23 giugno 2021 il quale, a seguito del trasferimento all’INPS, deve trovare applicazione limitatamente alle mensilità da gennaio a giugno 2022. L’importo della trattenuta è pari alla misura indicata in quanto le somme indebitamente corrisposte, seppure relative alle sei mensilità indicate, saranno recuperate in tre rate a partire da gennaio 2023. Per ogni ulteriore informazione potrà rivolgersi alla sede INPS competente, il Polo nazionale giornalisti presso la Filiale metropolitana di Roma Flaminio».

A questo punto ai giornalisti pensionati che volessero contestare questo ulteriore nuovo taglio del loro vitalizio (il quarto in ordine di tempo negli ultimi 15 anni) non resterebbe che la strada giudiziaria rivolgendosi ai tribunali del lavoro di tutta Italia e invocando in loro favore le 103 sentenze a zero (la più recente è la n. 689 del 12 gennaio 2023, con cui la sezione lavoro della Cassazione ha dato ragione ad altrettanti dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali che avevano impugnato analoghi tagli delle pensioni decisi dalle loro Casse previdenziali privatizzate. Motivo: senza un’apposita norma di legge nessun ente previdenziale (com’era l’ex INPGI 1 fino al 30 giugno scorso) può ridurre a suo piacimento le pensioni dei propri iscritti. Altrimenti sarebbe violato l’art. 23 della Costituzione.

I giornalisti andati in pensione prima del marzo 2020 hanno, comunque, un altro asso nella manica perché, pur essendo stato ritenuto legittimo il precedente pesante taglio triennale – dal 1° marzo 2017 al 29 febbraio 2020 – delle loro pensioni ex INPGI 1 di importo superiore ai 38 mila euro lordo l’anno con le due decisioni n. 5288 e 5290 del 26 luglio 2019 del Consiglio di Stato, scaricabili dal nostro quotidiano Giornalisti Italia, ha, tuttavia, affermato che: «non sarebbe legittima una successiva proroga del termine del prelievo, che si porrebbe evidentemente in contrasto con il carattere “contingente, straordinario e temporalmente circoscritto” della misura». In pratica, i supremi giudici amministrativi hanno sancito che questo contributo straordinario di solidarietà non poteva essere reiterato.

Ma un pensionato ante 2017 che dovesse ora iniziare una causa al tribunale del lavoro per poter recuperare questo discutibilissimo prelievo forzoso del 2023 potrebbe approfittarne per chiedere al giudice anche la restituzione delle somme che gli sono state trattenute per 3 anni tra il 2017 e il 2020 e che hanno complessivamente fruttato all’INPGI circa 21 milioni di euro. Infatti tutti i pensionati danneggiati hanno 10 anni di tempo per richiedere il rimborso all’INPS, come ha stabilito la Cassazione (vedere per tutte le decisioni n. 37956 e 37957 del 28 dicembre 2022, che in casi come questo ha ritenuto applicabile la prescrizione decennale, e non quinquennale, poiché «la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, ma quale credito consequenziale all’indebita ritenuta derivante dalla applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di trattenute operate sui singoli ratei di pensione, ma che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata».

Per quanto riguarda, infine, il “pasticcio” giuridico del taglio dell’1% per 6 mesi, da fine gennaio a fine giugno 2023, che colpirà anche gli stipendi di tutti i giornalisti lavoratori subordinati in attività di servizio, i quali contribuiranno complessivamente per circa 5 milioni di euro, costoro dovrebbero vedersi così ridotta la busta paga del primo semestre 2023 da parte del loro datore di lavoro. Sarebbero così l’unica categoria di lavoratori in servizio oggi colpita da un simile anomalo provvedimento. Avranno, però, almeno il “contentino” di vedersi aumentati in proporzione i loro contributi previdenziali INPS.

In conclusione, per risolvere al meglio, senza dover ricorrere alla magistratura, questa “patata bollente” che l’INPS ha ereditato dai precedenti Governi Draghi e Conte, per la Figec Cisal sarebbe opportuno un intervento diretto del ministro del Lavoro, Marina Calderone.


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