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In una intervista esclusiva rilasciata a Milano Finanza, firmata da Roberto Sommella, il Direttore Generale delle dogane e monopoli, Roberto Alesse, delinea le strategie future della Agenzia. Una intervista di grande valore strategico per l’economia del Paese e che finalmente mette a nudo la politica dell’Agenzia. Vale la pena di leggerla. La riproponiamo per questo in maniera integrale.
In una intervista esclusiva rilasciata a Milano Finanza, firmata da Roberto Sommella, il Direttore Generale delle dogane e monopoli, Roberto Alesse, delinea le strategie future della Agenzia. Una intervista di grande valore strategico per l’economia del Paese e che finalmente mette a nudo la politica dell’Agenzia. Vale la pena di leggerla. La riproponiamo per questo in maniera integrale.
di Roberto Sommella *
-Direttore Alesse: da circa quattro mesi lei è il nuovo Capo dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per volontà del Governo Meloni. Che cosa rappresenta l'Agenzia per l'Italia e la sua economia?
L'Agenzia è una grande realtà amministrativa che, attraverso l'esercizio delle sue numerose competenze, garantisce alle casse dello Stato, in media, circa 75 miliardi di euro all'anno. Le materie trattate sono tante e complesse: si va dalle dogane, che è il settore maggiormente identitario, a quelle che attengono alla regolamentazione del gioco pubblico e all'applicazione della normativa nazionale ed europea relativa alle accise sui prodotti energetici e alcolici. Senza dimenticare il controllo sui tabacchi lavorati e i prodotti liquidi da inalazione, e l'attività relativa all'immigrazione clandestina e altri fenomeni criminali come il contrabbando, la contraffazione, il riciclaggio e il traffico illecito di armi, droga e rifiuti.
D. Quanti dipendenti avete per fare questa mole di attività?
R. In tutto più di 10 mila dipendenti di vario grado al servizio esclusivo dello Stato.
D. Il settore doganale è quello tipico dell'Agenzia. Quali sono le strategie che l'Amministrazione porta avanti?
R. La strategia generale non può che essere «figlia» di una visione condivisa a livello europeo. L'Italia e gli altri Stati membri devono agire come sistema piuttosto che come somma dei rispettivi sforzi individuali, dal momento che il settore doganale richiede soprattutto una procedimentalizzazione dell'intera attività così da rendere omogenei, su tutto il territorio dell'Unione, gli oneri amministrativi posti a carico degli operatori economici. Nel frattempo, sul piano operativo, l'Agenzia sta rilanciando una più efficiente collaborazione con il partner tecnologico della Sogei per potenziare i propri sistemi informativi e per spingere ancora di più sul versante della digitalizzazione. In questo modo potremo rafforzare la nostra filiera infrastrutturale e logistica riconducendo verso le dogane italiane quella parte dell'import-export che, ad oggi, predilige altre rotte, con lo sdoganamento, ad esempio, a Rotterdam di merci dirette in Svizzera o, addirittura, in Italia.
D. Che incassi ha generato questa attività di contrasto al contrabbando?
R. All'interno degli spazi doganali, i funzionari di polizia giudiziaria dell'Agenzia pongono sotto sequestro vari tipi di tabacchi oggetto di contrabbando: genuini, contraffatti o cheap whites, ossia tabacchi di qualità non elevata. I dati in possesso dell'Agenzia evidenziano un trend crescente della quantità di tabacchi sequestrati nel triennio 2019-2022. Nel 2022 è stato sequestrato tabacco e prodotti assimilati per un valore stimato di oltre 54 milioni di euro corrispondenti a circa 295 tonnellate, l'85% in più rispetto al quantitativo sequestrato nel 2021. Di questo quantitativo, ben 160 tonnellate, pari a un valore commerciale di circa 36 milioni di euro, riguardano una operazione del secondo semestre 2022 effettuata fuori dagli spazi doganali, in collaborazione con la Guardia di Finanza e le altre Forze di Polizia, a riprova del ruolo fondamentale svolto dalla concertazione e dal coordinamento tra le istituzioni dello Stato.
D. Gli inglesi appaiono pentiti della Brexit, si parla poco dei suoi effetti sulle dogane, ci sono dei dati?
R. La Brexit ha rappresentato un vero tsunami per gli scambi doganali da e verso il Regno Unito di Gran Bretagna. Ma è proprio il Paese di oltremanica che ha subito il colpo maggiore, ove si consideri che rappresenta l'unica grande economia avanzata che si attesta, rispetto alla situazione pre pandemia, su livelli più bassi. Una ricerca del Center for european reform ha addirittura messo in evidenza che, nei 18 mesi antecedenti a giugno 2022, il commercio di merci nel Regno Unito è stato inferiore al 7% rispetto a quanto sarebbe stato se la Gran Bretagna fosse rimasta nell'Unione Europea.
D. Si è spiegato il perché di queste cifre?
R. Si dà il caso che il Regno Unito essendo stato, storicamente, un hub importante per l'ingresso di merci nell'Unione europea, era anche un riferimento per molti importatori italiani, ma è soprattutto sul versante delle esportazioni verso il Regno Unto che, dopo la Brexit, si sono manifestate le principali difficoltà per gli operatori economici italiani, ai quali l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha fornito rilevante supporto nel nuovo contesto operativo.
D. Come funziona questo supporto?
R. Si pensi alla presentazione della dichiarazione di esportazione, al rilascio di migliaia di codici Eori (si tratta di un elemento fondamentale che concorre a identificare l'operatore a livello doganale), alla registrazione al Sistema Rex (il sistema di certificazione dell'origine delle merci che viene utilizzato per le esportazioni nel Regno Unito) e ai controlli sanitari su prodotti vegetali e animali.
D. In Europa, si discute da tempo dell'esigenza di approdare ad un'unica autorità doganale. A che punto siamo?
R. Le autorità dei singoli Paesi membri sono già strettamente integrate, ma l'istituzione di un unico organismo comunitario accrescerebbe, in modo esponenziale, l'efficienza operativa di tutti gli Stati membri, consentendo di rafforzare la politica economica comune attraverso la tutela dell'integrità territoriale e una maggiore capacità di analisi dei flussi import-export.
D. L'Italia che contributo sta dando?
R. E una prospettiva alla quale l'Italia sta contribuendo convintamente sia nell'ambito della Direzione generale della Taxud, la Direzione generale fiscalità ed unione doganale della Commissione europea, che in quello della cooperazione internazionale, dove l'Agenzia è tra le autorità dell'Unione più attive nei gemellaggi con i Paesi stranieri che vogliono allinearsi alle procedure doganali europee. Roma, dunque= potrebbe diventare la candidata naturale per ospitare la sede della nuova Autorità doganale unica. E' un'occasione da non perdere assolutamente.
D. Un altro settore strategico per l'Agenzia è quello dei giochi pubblici. Quali sono i dati più recenti?
R. Il dato più noto attiene al gettito erariale: 11 miliardi nel 2022, con un trend in netta crescita rispetto al periodo Covid, quando si erano registrati 8 miliardi nel 2021 e 6 nei 2020. Ma dietro il dato finanziario e la tenuta dei conti pubblici c'è il valore economico di una filiera industriale che grazie alle concessioni e agli atti regolatori con i quali l'Agenzia gestisce il mercato del gioco pubblico, dà lavoro regolare a decine di migliaia di persone.
D. Il dilagare dei pagamenti digitali e delle criptomonete complicherà questo compito.
R. Lo Stato occupa, con i suoi concessionari, uno spazio che, altrimenti, sarebbe di esclusivo appannaggio della criminalità organizzata. Intanto, però, l'utilizzo massivo della tecnologia richiede, anche nel settore del gioco e delle scommesse, un serio ripensamento dell'approccio operativo: non è infatti più sufficiente presidiare la linea di demarcazione tra gioco legale e gioco illegale.
D. Come si bilancia la necessità di garantire allo Stato il dovuto gettito erariale e quella di tutelare le fasce deboli dalla diffusione del gioco?
R. La propensione al gioco, alle scommesse o all'azzardo è un fenomeno noto in tutte le società ed in tutte le epoche storiche. Estromettendo le organizzazioni criminali da questo settore industriale, lo Stato non solo le priva di un rilevante «carburante» che può causare lo sviluppo di altre attività illecite nei settori degli stupefacenti, del riciclaggio o dell’ usura, ma si pone nella condizione di svolgere una efficace azione di tutela delle persone più vulnerabili, come i soggetti ludopatici e i minori d'età. Anche gli enti locali concorrono, insieme all'Agenzia, ad attuare politiche di prevenzione, individuando le aree territoriali «sensibili» nelle quali il gioco, anche se lecito, deve essere tenuto a distanza per tutelare le categorie più esposte. L'aspetto fiscale, quindi, è solo uno dei motivi che rendono necessaria la presenza statale in questo delicato contesto sociale ed economico.
D. Qual è l'altro aspetto di questa battaglia?
R. Con le nuove frontiere dell'innovazione tecnologica, peraltro, tali cautele potrebbero presto rivelarsi insufficienti. Pensiamo, infatti, ai rilevanti pericoli indotti da fenomeni del tutto nuovi, e ancora non regolamentati come quelli del Metaverso e Multiverso. Accrescere la sensibilità e la consapevolezza dei cittadini, partendo, auspicabilmente, dalla formazione dei giovani nelle scuole, è un dovere morale, prima ancora che giuridico.
D. La delega fiscale approvata dal governo può rendere migliore il rapporto tra Stato ed enti locali nel settore dei giochi?
R. Credo che il legislatore, grazie alla delega fiscale, abbia, in questo momento storico, l'opportunità oltre che la responsabilità, di varare, dopo diversi tentativi andati a vuoto, una necessaria riforma strutturale del settore che sciolga, in modo equilibrato, il nodo del rapporto tra l'industria del gioco pubblico e il territorio. E' la vera questione da affrontare, dopodiché scatta una riflessione.
D. Quale?
R. Siccome in ogni Paese di matrice liberale le derive proibizionistiche non sono mai ammissibili, è altrettanto vero che si impone, anche qui da noi, un serio approfondimento di sistema per rafforzare, su ampia scala, il perimetro di legalità, soprattutto alla luce del contesto digitale, oggettivamente intangibile, in cui, come ho già detto, si sta sempre più collocando l'intero comparto del gioco pubblico.
D. L'Agenzia si occupa dell'applicazione di accise sui prodotti energetici e sui prodotti alcolici. Quali sono i vostri risultati?
R. La riscossione dei tributi correlati ai prodotti energetici vale mediamente, in Italia circa 25 miliardi all'anno. Il sistema antifrode a cui l'Agenzia sovrintende per contrastare l'evasione fiscale si avvale, anche in questo settore, di personale altamente specializzato, che seleziona, già m sede di rilascio delle concessioni, gli operatori economici affidabili, sottoponendoli a penetranti controlli antimafia e a una valutazione puntuale della capacità economica. Parliamo di prodotti per i quali l'accisa diventa esigibile quando ne avviene l'immissione in consumo. Pertanto, è nei depositi fiscali che si concentra la vigilanza dell'Agenzia sui prodotti energetici, al fine di impedirne la sottrazione all'imposta. Fondamentale è poi, anche l'attività di controllo, a posteriori, svolta dalla Guardia di Finanza. La transizione energetica pone, inoltre, nuove sfide anche in questo settore, dato l'obiettivo del governo di fare dell'Italia l'hub energetico dell'intera Europa.
D. Anche l'attività di controllo sulla produzione, distribuzione e vendita dei tabacchi lavorati, dei prodotti liquidi da inalazione è rilevante. Quali sono gli strumenti che utilizzate per contrastare i fenomeni illeciti?
R. Cruciale anche in questo settore dall'indubbio rilievo economico, è il lavoro di intelligence dei funzionari dell'Agenzia. Lo scambio informativo con le autorità omologhe di altri Paesi e con tutte le forze di polizia costituisce, non meno dei controlli fisici, lo strumento fondamentale per la lotta al contrabbando. Nella filiera distributiva, inoltre, ogni singola rivendita è sottoposta a uno stringente regime di autorizzazioni e controlli. Stiamo anche aggiornando la normativa regolamentare, a tutela dei consumatori finali e della loro salute, implementando le azioni antifrode.
D. Da quando si è insediato quali misure ha introdotto?
R. Ogni amministrazione pubblica ha necessità di un continuo restyling. Qui, in Agenzia, ho avvertito soprattutto il bisogno di dare un assetto stabile alla dirigenza di ruolo di prima e seconda fascia in un quadro di maggiore ridefinizione del riparto delle competenze tra fase di indirizzo strategico e fase di gestione amministrativa. Molte altre iniziative sono state adottate come è possibile verificare navigando sul sito istituzionale dell'Agenzia. Ma di una cosa, finora, vado molto fiero: l'aver sottoscritto uno storico protocollo d'intesa con la Guardia di Finanza per garantire un più ampio coordinamento operativo tra le nostre amministrazioni, così da tutelare ancora di più i settori strategici dell'economia italiana ed europea. L'attuazione del protocollo sta dando frutti positivi su tutto il territorio nazionale. La leale collaborazione tra poteri e corpi dello Stato è la premessa indispensabile, in uno Stato di diritto, per servire al meglio la collettività.
D. Lei conosce bene lo Stato. Come è cambiata la pubblica amministrazione in questi ultimi vent'anni?
R. La burocrazia sta attraversando, da troppo tempo, una fase di transizione al massimo ribasso sia a livello centrale che territoriale. Una serie di riforme sbagliate, come quella della privatizzazione del rapporto di impiego pubblico, nonché la babele normativa che si abbatte su tutti i pubblici uffici e il blocco delle assunzioni durato per molti anni, hanno determinato un declino oggettivo che impedisce il buon funzionamento della «macchina» amministrativa. C'è, dunque, bisogno di un grande sforzo riformista per ridare dignità e centralità al lavoro pubblico. E arrivato il tempo di invertire la rotta, ma per riuscirci c'è anche bisogno di rafforzare il legame che deve intercorrere tra la qualità del nostro sistema scolastico e universitario e la qualità della nostra amministrazione. Non è una sfida impossibile.
*= Direttore Milano Finanza