Rai, Pino Nano: “40 anni fa ci lasciava Tonino Arena”.
Cosenza, Galleria d’arte Gaia in Via Galeazzo di Tarsia, domani 20 novembre alle ore 17, serata in onore di Tonino Arena, fotografo, storico cine-operatore e giornalista RAI, vittima di un grave incidente stradale sulla SA RC tra Scilla e Villa San Giovanni al rientro da un servizio. In macchina con lui, la notte del 13 novembre 1982 il regista Vincenzo Pesce e il giornalista Pino Nano.
di Pino Nano
Sabato 19 Novembre 2022
Roma - 19 nov 2022 (Prima Pagina News)
Cosenza, Galleria d’arte Gaia in Via Galeazzo di Tarsia, domani 20 novembre alle ore 17, serata in onore di Tonino Arena, fotografo, storico cine-operatore e giornalista RAI, vittima di un grave incidente stradale sulla SA RC tra Scilla e Villa San Giovanni al rientro da un servizio. In macchina con lui, la notte del 13 novembre 1982 il regista Vincenzo Pesce e il giornalista Pino Nano.

Il 21 novembre del 1982 la Gazzetta del Sud dà la notizia che nessuno di noi avrebbe mai voluto leggere. Agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria muore Tonino Arena, indimenticabile e straordinario Direttore della Fotografia. Era rimasto vittima di un grande incidente della strada, sulla SA-RC all’altezza dei viadotti di Scilla, rientrando la notte del 11 novembre da Reggio Calabria a Cosenza, dopo un servizio girato quella sera a Reggio Calabria. Aveva appena 37 anni.

 

Quella notte a Reggio con Tonino Arena c’ero anch’io, insieme al regista Vincenzo Pesce. Avevamo seguito e registrato la cerimonia del Festival del Cinema che si teneva quella sera al teatro Cilea, mentre la mattina eravamo stati a Palmi dove avevamo girato, mi pare alla Casa della Cultura, i lavori di un Convegno del Lyons presieduto dall’allora Governatore Armando Veneto. Dopo la cerimonia del Festival eravamo stati invitati dagli organizzatori a cena in un locale molto caratteristico di Reggio Calabria. Ricordo una bellissima serata conviviale, piena di euforia e di sorrisi, e ricordo quella sera Tonino Arena e Vincenzo Pesce sorridenti e sereni come davvero non li avevo mai visti prima di allora.

Finita la cena avevamo pensato di restare a dormire a Reggio Calabria, ma Tonino aveva promesso alla moglie Vittoria, Vittoria Martire che allora era anche il Capo della Segreteria di Redazione alla RAI di Cosenza, che sarebbe rientrato anche se si fosse fatto tardi, e così abbiamo fatto. Noi della Rai, ricordo che quella sera avevamo due macchine diverse. Sulla prima, che era una 127 Fiat bianca, salimmo Tonino, Vincenzo, ed io. Sull’altra viaggiava invece il capo della struttura dei programmi Antonio Minasi. Guidava un suo amico, di cui non ricordo il nome, ma il cui volto ho ancora impresso nella mia memoria visiva.

 

Partimmo così separatamente da Reggio verso Cosenza poco dopo mezzanotte, forse era anche più tardi, e di quel viaggio ho ancora oggi soltanto qualche debolissimo frammento di ricordi.

 

Ne parlo sempre, perché questo mi aiuta a stare meglio. Tra Reggio e Villa San Giovanni, ricordo, durante il viaggio non si fece che parlare della serata trascorsa a cena. Alla guida c’era Vincenzo, Tonino gli sedeva accanto. Io mi ero sistemato sui sedili posteriori. Ero molto stanco quella sera. Mi sdraiai così per lungo sul sedile, e mi addormentai.

 

Ad un tratto sentii un tonfo, un rumore secco, poi più nulla.

 

Non so quanto tempo passai prima di riprendere conoscenza, ma di quella notte ho ricordi ancora nettissimi, nitidi, violenti. Dopo l’impatto, appena ripresi conoscenza, avvertii le prime voci. Forse ero finito a Scilla, in ospedale. Sentii qualcuno gridare: «Ma questo è morto, portatelo a Reggio, qui per lui non c’è più nulla da fare…».

 

Immaginai parlassero di qualcun altro, ma nei giorni che seguirono scoprii poi che in realtà, chi diceva quelle cose, si riferiva alle condizioni disperate in cui io ero arrivato in ospedale.

 

In realtà quella notte eravamo finiti in un dirupo. Più esattamente, tra Villa San Giovanni e Reggio Calabria, poco prima del distributore di benzina, la nostra macchina era finita oltre la barriera di protezione.

 

Avevamo prima urtato contro il guard-rail di sinistra, poi eravamo finiti oltre la scarpata. Ma prima che l’auto volasse via oltre la carreggiata io rimasi disteso sull’asfalto, lungo la corsia nord dell’autostrada. La macchina si era rovesciata più volte su sé stessa ed io dopo il primo impatto ero stato sbalzato fuori dal vetro posteriore.

 

Qualcuno mi raccolse per strada, ma di questa fase del primo soccorso non ho mai recuperato più nessun ricordo. Sulle prime ho immaginato che, non vedendo intorno a me nessuna traccia dell’incidente e soprattutto dell’auto coinvolta, chi mi ha soccorso avrà immaginato si trattasse di un uomo a cui forse avevano sparato.

Molti mesi più tardi mi raccontarono che ero arrivato all’ospedale di Scilla in condizioni disperate, dovevo essere una maschera di sangue. Ma ricordo, questo sì, di aver avuto i capelli inzuppati di sangue e la fronte piena di frammenti di asfalto sotto la cute per oltre un mese.

 

Quando Enzo Tortora tornò in televisione per riprendere la conduzione del suo programma, “Portobello”, pensai di scrivergli, volevo andare da lui per fare un appello pubblico, volevo capire e cercare chi in realtà quella notte mi aveva raccolto per strada e portato in ospedale a Scilla, cosa che nessuno ha mai saputo, ma i medici mi consigliarono che non era ancora il momento giusto per farlo e me ne feci una ragione.

 

Dall’ospedale di Scilla, dove quella notte ero stato trasportato in un primo momento, mi riportarono poi in ambulanza agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, e qui i medici che mi presero in cura mi chiesero se ricordassi cosa fosse successo. E la prima cosa che quella notte in ospedale mi uscì spontanea fu: «Ma dove sono gli altri?». Credo che sia a questo punto che sia scattato realmente l’allarme.

 

Nessuno si era infatti ancora accorto che oltre la scarpata c’era la nostra macchina, e dentro quella 127 Fiat bianca poco più tardi la polizia della strada recupererà i corpi di Tonino Arena e Vincenzo Pesce. Le loro condizioni erano davvero molto più gravi delle mie.

 

Tonino Arena finì in rianimazione. E per sempre, purtroppo, nel senso che dieci giorni più tardi, la notte del 20 novembre, se ne andrà via per sempre, lasciando ad ognuno di noi il ricordo di un grande fotografo, di un uomo leggero, dal carattere mite, garbato come una farfalla, e che aveva appena ricevuto mille consensi pubblici per via di un docufilm, Paisà, che la Sede RAI della Calabria aveva interamente dedicato al mondo dell’emigrazione in Canada. Di quello speciale storico della RAI, Tonino Arena aveva firmato la fotografia.

 

Vincenzo Pesce restò invece in ospedale per mesi, con mille complicazioni diverse anche lui, e che stravolsero la sua vita. Il 6 ottobre 1998 se ne andò via anche lui.

 

Fu una pagina tristissima della nostra storia RAI, una tragedia immensa, che da quarant’anni a questa parte mi porto ancora gelosamente nel cuore. (p.n.)

 

 

 


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