Il Papa tra Turchia e Libano: un viaggio di pace che rilancia il dialogo nel Mediterraneo

Si conclude oggi la visita papale tra Ankara, Istanbul e Beirut: un itinerario denso di incontri ecumenici, gesti simbolici e appelli alla riconciliazione, che restituisce al Medio Oriente il centro della diplomazia spirituale.

di Maurizio Pizzuto
Lunedì 01 Dicembre 2025
Roma - 01 dic 2025 (Prima Pagina News)

Si conclude oggi la visita papale tra Ankara, Istanbul e Beirut: un itinerario denso di incontri ecumenici, gesti simbolici e appelli alla riconciliazione, che restituisce al Medio Oriente il centro della diplomazia spirituale.

Nel cuore di un Medio Oriente attraversato da crisi politiche, conflitti aperti e tensioni religiose, la visita del Papa tra Turchia e Libano nel week-end che si chiude oggi assume un rilievo che va ben oltre il calendario dei viaggi apostolici. Il passaggio del Pontefice sulle due sponde del Mediterraneo orientale ha riacceso i riflettori su un’area chiave per gli equilibri globali, mettendo al centro il linguaggio del dialogo, della riconciliazione e della tutela delle minoranze. Tra incontri istituzionali, momenti di preghiera interreligiosa e soste in luoghi segnati da tragedie recenti, il viaggio ha rappresentato un laboratorio vivo di diplomazia spirituale.

In Turchia, il percorso papale ha intrecciato simboli religiosi e nodi geopolitici. Le tappe nelle grandi città, dalla capitale alla storica Istanbul, hanno offerto l’occasione per ribadire la necessità di una collaborazione stabile tra mondo cristiano e islamico, in un Paese che resta cerniera strategica tra Europa e Asia. La visita a luoghi di culto emblematici e a comunità cristiane spesso numericamente minoritarie ha ricordato quanto la libertà religiosa sia un indicatore decisivo dello stato di salute delle democrazie. Al tempo stesso, i colloqui con le istituzioni hanno rilanciato il ruolo di Ankara come possibile piattaforma di mediazione nelle crisi che attraversano il Medio Oriente allargato.

Il passaggio in Libano ha aggiunto un ulteriore livello di significato al viaggio. In una nazione segnata da instabilità politica, crisi economica e dalla memoria ancora viva dell’esplosione al porto di Beirut, la presenza del Papa è stata percepita come un segnale di vicinanza concreta alle ferite del Paese. Le celebrazioni con le Chiese orientali, gli incontri con le autorità e i momenti di raccoglimento nei luoghi-simbolo hanno rilanciato l’idea di un Libano vocato a essere “laboratorio di convivenza” tra fedi e comunità diverse. Un messaggio che risuona con forza in una regione dove il rischio di nuove fratture confessionali resta sempre presente.

Sul piano internazionale, la visita tra Turchia e Libano ha avuto anche un valore di continuità rispetto agli appelli vaticani per soluzioni negoziate nelle aree di conflitto, dalla Terra Santa ad altri fronti di crisi. Senza entrare nei dettagli dei singoli dossier, il Pontefice ha ribadito la centralità di percorsi multilaterali, del rispetto del diritto internazionale e di un approccio che metta al centro la dignità delle popolazioni civili. In questo senso, il Mediterraneo torna a essere presentato come spazio di ponti e non di muri, crocevia di culture chiamate a riconoscersi reciprocamente.

Per le comunità cristiane della regione, spesso esposte a pressioni sociali, marginalizzazione economica o vere e proprie persecuzioni, il viaggio rappresenta un segnale di sostegno e incoraggiamento. La scelta di alternare incontri con leader politici, responsabili religiosi e realtà sociali radicate sul territorio mostra una Chiesa intenzionata a non rinchiudersi nei palazzi istituzionali, ma a farsi compagna di strada di chi vive ogni giorno le conseguenze delle crisi. La chiusura del viaggio, oggi, lascia in eredità un’agenda di lavoro impegnativa: rafforzare il dialogo interreligioso, sostenere percorsi di riforma democratica e accompagnare, con discrezione ma con fermezza, i tentativi di pacificazione.

In prospettiva, la non poco importante visita papale tra Turchia e Libano entra a pieno titolo tra gli snodi chiave del pontificato sul terreno della diplomazia della pace. Le immagini delle preghiere condivise, degli abbracci tra leader di confessioni diverse e dei volti dei fedeli radunati nelle piazze mediorientali restituiscono l’idea di una speranza che non è ingenua, ma consapevole delle difficoltà. Se e quanto questo viaggio riuscirà a incidere sugli equilibri politici resta da verificare, ma il segnale lanciato è chiaro: senza riconciliazione tra popoli, religioni e memorie ferite, nessun progetto di stabilità nel Mediterraneo potrà dirsi davvero compiuto.


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