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“Volevamo che fosse una visita con dei risultati concreti e quei risultati ci sono stati”.
“Volevamo che fosse una visita con dei risultati concreti e quei risultati ci sono stati”.
"L’Italia è stata abbastanza chiara nel porre alla Cina la questione degli aiuti alla Russia nella guerra in Ucraina". Così, durante il punto stampa odierno a Pechino, la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
“Sicuramente noi siamo stati abbastanza chiari nel porre la questione, provando a ragionare insieme su quali siano gli interessi che ciascuno ha. Io penso che la Cina non abbia alcuna convenienza in questa fase a sostenere la capacità industriale russa. Anche se come sappiamo non interviene direttamente, è evidente che questo crea una frizione perché lo abbiamo scritto in tutti i modi possibili e immaginabili e lo abbiamo ribadito”, dice. “Spero che ci si renda conto che questa nazione può giocare veramente un ruolo dirimente”, evidenzia.
L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è “un attacco frontale alla convivenza pacifica tra i popoli e alle regole del diritto internazionale”. “Quando le regole del diritto internazionale vengono messe in discussione producono un effetto domino”, e le crisi si moltiplicano, con effetti negativi in ambito geoeconomico, prosegue la premier. “Sulla lunga distanza globalizzazione economica e messa in discussione delle regole del diritto internazionale non cammineranno insieme. Questo probabilmente può convenire a Putin, credo che non convenga a nessun altro e credo che tutti quanti debbano valutare le loro priorità”, dice ancora Meloni.
“È evidente che il sostegno cinese alla capacità industriale russa è un elemento di grande frizione, ma io penso che la Cina, partendo dai principi di sovranità e integrità territoriale, che pure sempre rivendica, possa diventare un soggetto risolutore per la identificazione di una pace giusta in Ucraina”, continua.
Per Roma, l'approccio strategico globale con Pechino rappresenta un approccio alternativo alla Nuova via della seta: “Ho sempre detto che non condividevo l’ingresso italiano nella via della seta”, dice Meloni, precisando che quella di non rinnovare l'intesa “è stata una scelta di coerenza”. “La presenza italiana nella via della seta non era l’unico modo per far crescere i nostri rapporti con la Cina”, continua, ricordando che l'adesione italiana al progetto non ha portato ad un incremento delle relazioni commerciali con Pechino.
“Ci sono altre nazioni dell’Europa, tra le principali nazioni europee, che hanno un volume di investimenti cinesi che è molto più alto”, fa notare Meloni. “Ho sempre detto che si poteva uscire dalla via della seta e al contempo ricostruire un rapporto di collaborazione più intensa con la Cina, ed è esattamente quello che ho fatto”, continua.
In più, il Piano triennale d'azione tra Roma e Pechino apre “una nuova fase” nei rapporti bilaterali. Il documento, firmato il 28 luglio nella Capitale cinese dopo il colloquio con il primo ministro Li Qiang, disegna la cooperazione con la Cina a tutto campo, prosegue Meloni, ricordando che la sua visita si inserisce nell'ambito di una ricorrenza importante, cioè i 700 anni dalla morte di Marco Polo, che “definiscono la profondità dei nostri rapporti”.
La premier trae un bilancio positivo della sua prima visita in Cina, “della quale sono molto soddisfatta”. Ci sono state “interlocuzioni ai massimi livelli” con Li Qiang, con il presidente del comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo Zhao Leji e con il presidente cinese Xi Jinping. “Volevamo che fosse una visita con dei risultati concreti e quei risultati ci sono stati”, continua la premier, riferendosi alla firma del piano d’azione triennale tra Roma e Pechino e di sei intese “su materie per noi molto importanti”, dalla cooperazione in ambito industriale fino alla tutela delle indicazioni geografiche, la sicurezza alimentare, le questioni ambientali e l’istruzione.
Il dialogo con Xi Jinping, prosegue Meloni, è stato “franco, trasparente e rispettoso su tutte le materie sulle quali chiaramente la Cina rimane un interlocutore indispensabile”. Con il Presidente cinese e gli alti funzionari di Pechino sono stati trattati moltissimi temi, dalla guerra in Ucraina fino all'intelligenza artificiale, con “trasparenza, lealtà e franchezza”. Il confronto è stato "utile", perché la Cina è un “interlocutore molto importante in questa fase”, anche nel dibattito inerente la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Roma vuole rafforzare la cooperazione con Pechino, “in un’ottica di riequilibrio della bilancia commerciale” e rimuovere gli ostacoli d'accesso al mercato cinese, evidenzia la premier, spiegando che “c'è un importante disavanzo per l’Italia” nel commercio cinese. Gli investimenti italiani in Cina, evidenzia Meloni, sono di quasi tre volte superiori rispetto a quelli cinesi in Italia.
“Vogliamo chiaramente lavorare per rimuovere gli ostacoli relativi alla possibilità dei nostri prodotti di accedere al mercato cinese e garantire parità di trattamento per le nostre imprese”, precisa Meloni.
“C’è da questo punto di vista ampia convergenza e disponibilità”, continua la premier, facendo riferimento al forum di cooperazione imprenditoriale Italia-Cina, inaugurato il 28 luglio davanti al primo ministro cinese Li Qiang e a più di cento imprenditori delle più importanti aziende italiane e cinesi. “Con il primo ministro e con il presidente del comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo Zhao Leji, il tema è stato soprattutto di carattere bilaterale, con il presidente Xi Jinping il dibattito è stato più ampio e ha coinvolto anche tutte le materie dell’agenda internazionale”, prosegue Meloni.
Nel corso dei colloqui non sono stati presi accordi in merito all'apertura in Italia di stabilimenti cinesi per la produzione di automobili elettriche. La premier precisa che le discussioni con i funzionari cinesi hanno avuto come obiettivo quello di “definire accordi di cornice. Non sta a noi entrare nel merito delle singole intese che si possono sviluppare, dei singoli investimenti che si possono sviluppare. Sicuramente quello della mobilità elettrica è uno dei temi inseriti all’interno del nostro memorandum di collaborazione industriale, che è una delle intese più importanti che abbiamo sottoscritto” con Pechino, prosegue ancora Meloni, precisando che il documento riguarda temi come la cantieristica navale, la transizione energetica e, per l'appunto, anche la mobilità sostenibile.
Per quanto riguarda la situazione in corso in Medio Oriente, aggiunge la premier, Roma è “molto preoccupata per quello che sta accadendo in Libano, per il rischio di una escalation regionale”. “Ogni volta che ci sembra di essere un po’ più vicini all’ipotesi di un cessato il fuoco accade qualcosa. Significa che ci sono diversi soggetti regionali che puntano a un’escalation e che puntano sempre a costringere Israele a una reazione”, aggiunge Meloni, secondo cui Israele non dovrebbe “cadere in questa trappola”.
Ora, aggiunge Meloni, bisogna “continuare a passare messaggi di moderazione” e la Cina può essere anche in questo teatro “un interlocutore molto importante”.
Secondo la premier, le relazioni tra l'Italia e la Commissione Europea non stanno registrando peggioramenti; "La lettera che io ho inviato" alla Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen "non rappresenta un momento di frizione con la Commissione europea, è una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico nel quale mi corre l’obbligo di ricordare che gli accenti critici non sono della Commissione europea", dice Meloni.
“Credo nella libertà di informazione e di stampa e confermo di non avere bisogno di una Telemeloni”, chiarisce, per poi dirsi assolutamente “laica” sulla normativa in merito alla governance della Rai e dichiarando di “non avere niente da dire” in merito ad una possibile privatizzazione. “Confermo di non avere bisogno di una Telemeloni, non ne ho bisogno, non mi interessa, non la voglio”, ribadisce la premier.