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A Nemi si è concluso il modulo teatrale del percorso residenziale promosso da Club Medici nell’ambito di “Cultura è Salute”: il teatro diventa palestra dell’umano, rigenera empatia e qualità della relazione di cura.
A Nemi si è concluso il modulo teatrale del percorso residenziale promosso da Club Medici nell’ambito di “Cultura è Salute”: il teatro diventa palestra dell’umano, rigenera empatia e qualità della relazione di cura.
Si è chiuso con un riscontro ampio e partecipe il modulo dedicato al teatro del Master “Poetica”, il percorso formativo residenziale promosso da Club Medici all’interno del progetto “Cultura è Salute”. Il Master si rivolge a medici e professionisti sanitari che desiderano esplorare il valore dei linguaggi artistici come risorsa concreta per la relazione di cura, il benessere professionale e la prevenzione del burnout.
Dai feedback raccolti emerge un quadro molto chiaro: il teatro non è stato vissuto come semplice “attività culturale” accessoria, ma come esperienza trasformativa. Lavorare con il corpo, la voce, la presenza scenica e l’ascolto dell’altro ha contribuito a rigenerare energie, motivazione e qualità dell’incontro clinico. Alcuni partecipanti parlano apertamente di una “riscoperta dell’umanità nel mondo sanitario” e di arte e cultura come “nutrimento per tutti”, capace di ricaricare quella “riserva empatica” messa a dura prova dai ritmi e dalle pressioni della pratica clinica quotidiana.
Il teatro è stato percepito come un vero allenamento al “qui e ora”: stare nella presenza, leggere i linguaggi non verbali, reggere le emozioni proprie e altrui. Molti medici raccontano di portare a casa proprio questo: una rinnovata capacità di ascoltare in profondità il paziente, oltre le parole, cogliendo segnali, posture, silenzi che spesso sfuggono nella routine ambulatoriale o ospedaliera. In più di un commento emerge l’effetto di una “semplificazione benefica” dello sguardo clinico, che torna a centrarsi sulla persona prima che sul protocollo.
Sorprendono anche i toni emotivi delle restituzioni: sorpresa, gratitudine, senso di bellezza. Chi è arrivato con curiosità ha trovato un’esperienza definita “intensa, multisensoriale, bella”, capace di aprire orizzonti nuovi e inaspettati sia per la vita personale sia per la pratica professionale. L’arte, in questo contesto, diventa uno spazio protetto in cui il medico può concedersi di essere persona, non solo ruolo.
Accanto alla dimensione individuale, i partecipanti sottolineano il valore della comunità formativa. Il clima di fiducia, la condivisione tra colleghi, l’eterogeneità interdisciplinare e la rete che nasce dai moduli residenziali vengono descritti come elementi rari nei percorsi sanitari tradizionali. Qualcuno parla della “meravigliosa sensazione di sentirsi a casa”, a testimonianza di un luogo in cui ci si può mostrare vulnerabili senza timore di giudizio, elaborando insieme fatiche, dubbi e risonanze emotive legate al lavoro di cura.
Il Master “Poetica” nasce proprio dall’idea che le arti siano una palestra dell’umano nella cura: un contesto dove allenare empatia, ascolto profondo, gestione dell’emotività, capacità di abitare la complessità e di ritrovare senso nel lavoro clinico. Teatro, danza, scrittura e altri linguaggi creativi vengono proposti non come “ornamento”, ma come strumenti professionali per prevenire il logoramento psichico e favorire un benessere più stabile e duraturo per gli operatori.
I prossimi moduli del Master “Poetica” proseguiranno su questa traiettoria con nuove esperienze in presenza e in formula residenziale, guidate da docenti e artisti provenienti sia dal mondo sanitario sia da quello culturale. In calendario sono già previsti:
4° Modulo – 20/22 febbraio 2026 – LA DANZA: “La danza della vita: respiro, ritmo, movimento nel processo di cura”.
5° Modulo – 17/19 aprile 2026 – LA SCRITTURA: “La scrittura e la narrazione del processo di cura: poesia, prosa, narrativa, diario clinico”.
Le iscrizioni sono aperte a medici e professionisti della salute interessati a un percorso che integra competenze cliniche e dimensione umanistica, con un impatto diretto sulla qualità della relazione di cura e sulla prevenzione del burnout.