Fotografia: a Padova una mostra dedicata a Saul Leiter

Antidivo e refrattario alla fama, stampò in vita solo alcuni dei tanti scatti realizzati, riemersi dopo la sua morte e rappresentativi del realismo fiabesco tipico del suo stile.

(Prima Pagina News)
Giovedì 06 Novembre 2025
Padova - 06 nov 2025 (Prima Pagina News)

Antidivo e refrattario alla fama, stampò in vita solo alcuni dei tanti scatti realizzati, riemersi dopo la sua morte e rappresentativi del realismo fiabesco tipico del suo stile.

Vertigo Syndrome, in collaborazione con diChroma photography, Saul Leiter Foundation, l’Amministrazione Comunale di Padova e con la curatela di Anne Morin, presenta al Centro Culturale San Gaetano di Padova, dal 15 novembre 2025 al 25 gennaio 2026, la grande mostra dedicata a Saul Leiter, uno dei più raffinati maestri della fotografia del XX secolo.

Intitolata “Saul Leiter. Una finestra punteggiata di gocce di pioggia”, l’esposizione riunisce 126 fotografie in bianco e nero, 40 fotografie a colori, 42 dipinti e rari materiali d’archivio — tra cui riviste originali d’epoca e un documento filmico. La mostra comprende sia stampe vintage che moderne, primi lavori sperimentali e celebri immagini di moda realizzate per testate come Harper’s Bazaar.

Un percorso che mette in luce ciò che distingue Leiter dai suoi contemporanei e spiega perché la sua opera continua a ispirare generazioni di fotografi. L’allestimento è concepito anche come un’esperienza immersiva e partecipativa: la disposizione degli spazi, delle luci e dei punti di vista invita i visitatori a osservare e a fotografare come faceva lo stesso Saul Leiter.

Alcune sezioni della mostra sono studiate per consentire al pubblico di sperimentare in prima persona le sue modalità di inquadratura e composizione, ricreando giochi di riflessi, trasparenze e frammenti visivi tipici del suo sguardo poetico. Mentre i fotografi della sua epoca miravano a rappresentare la grandezza e la modernità di New York, Saul Leiter scelse una via opposta: trasformare la quotidianità in poesia visiva.

Nelle sue immagini il reale diventa lirico — il vapore che sale dai tombini, gli ombrelli nella pioggia, i riflessi sulle vetrine — frammenti discreti e sognanti di una città colta più per allusioni che per descrizioni. La sua visione rifiuta l’approccio documentaristico dominante del dopoguerra per creare invece “haiku fotografici”, brevi rivelazioni dove realtà e astrazione si fondono.

“Leiter si divertiva con ciò che vedeva. Non era interessato al carattere egemonico di New York o alla sua mostruosa modernità — spiega la curatrice Anne Morin —. Inventava giochi ottici, intrecci di forme e piani che nascondono e rivelano ciò che si cela negli intervalli, nelle vicinanze, nei margini invisibili”.

A differenza dei colleghi che cercavano nitidezza e definizione, Leiter abbracciava l’imperfezione, fotografando attraverso vetri appannati, tende, pioggia o neve — elementi che trasformava in parte integrante della composizione. Le sue immagini, dense di livelli e trasparenze, sfumano il confine tra fotografia e pittura. Già nel 1948 iniziò a sperimentare con il colore, in un’epoca in cui questo era considerato commerciale o frivolo. Leiter invece ne fece un linguaggio poetico, anticipando di decenni l’accettazione del colore nell’arte fotografica.

Le sue tonalità audaci e vellutate trasformano le scene di strada in composizioni astratte e sensuali, attirando presto l’attenzione del mondo della moda. Collaborò così con Esquire, Harper’s Bazaar e, nei due decenni successivi, con Show, Elle, British Vogue, Queen e Nova.

La mostra sottolinea la doppia identità di Leiter come pittore e fotografo, rivelando come la sua sensibilità pittorica abbia modellato il suo sguardo fotografico. La sua formazione nelle arti visive gli permise di affrontare la fotografia a colori con un’eleganza e una delicatezza uniche, trattando ogni immagine come una tela. 

“Non ho una filosofia. Ho una macchina fotografica — diceva Leiter —. Guardo attraverso l’obiettivo e scatto. Le mie fotografie sono solo una piccola parte di ciò che vedo e che potrebbe essere fotografato. Sono frammenti di possibilità infinite”.

Antidivo per natura, refrattario alla fama, Leiter pubblicò e mostrò solo una parte del suo vasto corpus. Molti negativi rimasero inediti, custodendo l’aspetto più intimo e poetico della sua ricerca. 

Nel 2018, cinque anni dopo la sua morte, emerse una serie poco conosciuta di nudi in bianco e nero — scattati tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’60 — realizzati in collaborazione con le donne della sua vita. Il suo lavoro, intriso di un ordine segreto e di un equilibrio misterioso, rivela il poeta nascosto dietro il fotografo.

Secondo Anne Morin, "le immagini di Leiter durano quanto il battito di un ciglio, posizionate sul bordo di qualcosa. Sono istantanee, forme brevi, frammentate, come annotazioni di realtà. Realizzate con una maestria e una metrica che ricordano gli haiku. Il suo gesto è quello di un calligrafo: veloce, preciso, senza scuse".


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