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Fondazione Murialdi, Ordine dei Giornalisti e Ansa hanno presentato nei mesi scorsi a Roma nella Sede dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti il nuovo saggio di Giancarlo Tartaglia, “Storia illustrata del Giornalismo Italiano”.
Fondazione Murialdi, Ordine dei Giornalisti e Ansa hanno presentato nei mesi scorsi a Roma nella Sede dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti il nuovo saggio di Giancarlo Tartaglia, “Storia illustrata del Giornalismo Italiano”.
Se la location fosse stata l’aula magna di una delle tante università italiane avremmo parlato senza ombra di dubbio di una vera e propria lectio magistralis sul giornalismo moderno. Perché questa è stata in realtà la lezione di Giulio Anselmi, Presidente dell’ANSA dal 2009, nella sede del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Italiani, per la presentazione ufficiale dell’ultimo libro che in collaborazione con l’ANSA, Giancarlo Tartaglia, Direttore della Fondazione Murialdi e storico del giornalismo italiano ha dedicato al giornalismo italiano.
Il titolo è “Storia illustrata del Giornalismo Italiano”, 206 pagine, Pacini editore. Un libro importante, lo sarà soprattutto nei prossimi anni per le nuove generazioni di cronisti e di giovani comunicatori, a cui per la prima volta viene raccontata la Storia del Giornalismo, utilizzando i testi di Giancarlo Tartaglia e le foto storiche della più grande Agenzia di Stampa d’Europa, appunto l’ANSA.
“Dentro – ha ragione Carlo Bartoli, elegante padrone di casa di questa festa della Stampa italiana- c’è la storia del nostro paese dal dopoguerra ad oggi, quindi la storia del ruolo del giornalismo nell’Italia repubblicana a 60 anni dall’Istituzione dell’Ordine dei giornalisti”.
Parla Giulio Anselmi, e in sala cala il silenzio, quasi religioso.
È il maestro che sale in cattedra, e questa volta lo fa per spiegare le ragioni per cui l’ANSA ha accettato di partecipare ad una sfida culturale come questa.
“Quello di Giancarlo Tartaglia è un libro eccellente, un racconto intelligente, accurato e minuzioso in cui si ripercorrono fatti che hanno accompagnato la nostra storia. Il ruolo del giornalismo è quello di raccontare i fatti, restando il più vicino possibile alla realtà. Ho letto recentemente il libro scritto da Andrea Purgatori “Volevo fare il giornalista”, bene io non so se ci sono riuscito ma almeno ci ho provato”.
Toni bassi, atteggiamento discreto, con questa sua eleganza sobria, quasi solenne, innata, che non è solo il completo grigio che indossa, questo suo linguaggio forbito e attentissimo alle forme e ai contenuti, Giulio Anselmi si riconferma quello che in realtà è sempre stato, il grande maestro di intere generazioni di cronisti e di inviati. Per un momento, ma solo per un momento, ci si dimentica che siamo alla festa di un libro importante, perché al centro della sala Ocera c’è solo lui. Con le cose che dice.
“Mi lascia perplesso parlare di giornalismo, oggi non è facile spiegare esattamente cos’è il giornalismo. Sono cresciuto in un’epoca in cui il giornalismo era il racconto minuzioso dettagliato e attento dei fatti del mondo. Oggi vedo sempre di più un giornalismo protagonista, che spesso finisce con il diventare anche provocazione. Ricordo che partecipando anni fa ad una esperienza televisiva con Giovanni Floris, erano gli Ballarò, ho scoperto e imparato che l’elemento portante di alcune trasmissioni è lo scontro, non il racconto scrupoloso dei fatti. La mia generazione, Piero Ottone, Indro Montanelli, Lamberto Sechi, non facevamo che ripetere ai più giovani “i fatti separati dalle opinioni”. Oggi vedo sempre di più giornalisti tronfi della propria notorietà. E in questo clima l'obiettività mi pare un obiettivo difficile da riconquistare. Ricordo Oriana Fallaci e Tiziano Terzani (a cui il libro di Tartaglia dedica una foto da prima pagina in apertura del volume) lei era una insopportabile talebana del giornalismo ma donna deliziosa, Tiziano era invece diventato nella parte finale della sua vita un vero guru, e ricordo Indro Montanelli, che mi fece l’onore di dedicarmi una delle sue famose “stanze”, dove scrisse: “L’indipendenza si paga ed è giusto che sia così. L’ho detto a Giulio”.
Giulio Anselmi intuisce che l’uditorio lo segue con attenzione, e lui va avanti con il suo rigore di sempre.
“L’autonomia e l’indipendenza sono le sole regole da seguire nel nostro essere testimoni dei fatti del mondo. Così anche la capacità di scegliere, che significa stare da qualche parte, ma molti oggi si guardano bene dal farlo…Molti spesso mi chiedono di Mani Pulite. Lo rifarei tutto daccapo, anche se devo riconoscere di aver sopravvalutato alcuni magistrati. Non tutto quello che è stato fatto era corretto. Si sbagliò nell’esagerare. Mi vengono in mente le intercettazioni rese pubbliche di donne che avevano avuto il solo torto di avere avuto un legame sentimentale con qualcuno degli indagati, ma non erano colpe da raccontare in pubblico. Abituato alla tradizionale mazzetta dei giornali stampati, al di là di quelli che sono i nostri gusti, riconosco che i giornali cartacei sono residuali. Sul rapporto tra media e potere riconosco è un problema non risolto, non posso però non dirvi di aver litigato con tutti i presidenti del consiglio che da Giulio Andreotti in poi si sono succeduti nel tempo. Ho sempre evitato la complicità nel rapporto con il potere. Che diventa pericoloso per la professione”.
Non vorrei rovinare il clima della festa, ma quando Giulio Anselmi finisce di parlare si coglie fino in fondo la solennità di questo incontro.
Poi, dopo di lui, prendono la parola il Presidente dell’Ordine Nazionale Carlo Bartoli, “Questa professione può sopravvivere solo se le regole che la presidiano vengono aggiornate. Ma cosa sarebbe stata Ustica senza Andrea Purgatori? L’armadio della vergogna senza i giornalisti? La mafia senza i tanti colleghi che hanno pagato anche con la vita? Quante prevaricazioni ci sarebbero state senza i giornalisti?”; Stefano Folli “Oggi siamo nel mezzo a un fiume che talvolta ha acque inquinate e solo la deontologia può salvarci”; il direttore dell’ANSA Luigi Contu “L’archivio fotografico dell’ANSA è un patrimonio che non delude mai. Questo volume non è solo un grande contributo alla memoria, ma apre anche lo sguardo al futuro”; Marina Macelloni, Presidente della Fondazione Murialdi “Conservare la storia del giornalismo ci può aiutare a non dichiararne la sconfitta. Forse morirà quello di carta, ma comunque non devono morire i giornalisti e la loro professionalità”; Francesca Pacini, direttrice della Casa Editrice che ha realizzato il volume “Questo libro incarna quella che è la filosofia della casa editrice, dando lustro e orgoglio alla stessa”; e infine il sottosegretario all’Editoria, Alberto Barachini “Stiamo lavorando sull’intelligenza artificiale per governarla e metterla a sistema e per fare in modo che rappresenti una sfida e non un rischio. Un altro tema è quello del diritto d’autore, questo libro dimostra quanto sia importante difenderlo anche nei confronti della fotografia”.
Per Giancarlo Tartaglia non si poteva immaginare e organizzare una festa più bella di questa. In sala tantissimi giornalisti, vecchi e nuovi, famosi e meno famosi, i suoi amici di sempre, i professori della Sapienza che lo usano come “fonte” privilegiata, gli analisti del mondo dei media, i vertici degli organismi professionali di categoria, ma anche giovani studenti delle scuole di giornalismo. È lui che chiude la serata, e lo fa con il garbo di sempre, come se il libro lo avessero scritto altri e non lui, come se lui avesse ancora da imparare dagli altri, come se questi temi fossero nuovi anche per lui, ma è la semplicità della saggezza e forse anche dell’età.
Nessuno meglio di lui si rende conto dell’importanza di questo libro, ma anche dei rischi che un libro come questo potrebbe trovare lungo la sua strada, ed è lui per primo a riconoscere di aver lavorato con tanto rigore, “ma siamo consapevoli di essere stati incompleti e di aver trascurato molti fatti e numerosi avvenimenti politici e sociali che hanno segnato la storia dell’Italia nei suoi oltre 60 anni di vita repubblicana, e di non aver ricordato decine di giornalisti che quegli avvenimenti hanno raccontato con passione e spesso dissentendo tra loro, ognuno con la sua verità, ma fornendo al pubblico una fonia di voci, capace di garantire a tutti quelle informazioni che hanno consentito a ciascuno di farsi una propria opinione”.
Noblesse oblige. Stile, eleganza, classe, trasparenza, e soprattutto correttezza accademica e professionale fino alla fine. Una lezione, anche la sua, davvero indimenticabile.