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Ieri la Corte d'Appello aveva escluso il risarcimento per i familiari di altre 7 vittime.
Ieri la Corte d'Appello aveva escluso il risarcimento per i familiari di altre 7 vittime.
Nuova sentenza choc da parte della Corte d'Appello del Tribunale dell'Aquila: dopo l'esclusione del risarcimento per i familiari di 7 vittime, deciso ieri, oggi i giudici hanno negato l'indennizzo anche alla famiglia di Ilaria Rambaldi, la studentessa di Lanciano (Ch) morta durante il sisma del 6 aprile 2009.
Anche in questo caso, come per i 7 ragazzi morti nel crollo della palazzina di Via Gabriele D'Annunzio 14, i giudici hanno ravvisato una "condotta incauta", per via del suo “attaccamento al dovere, l’impellente esigenza di terminare le ore di laboratorio (dalla stessa definite un ‘incubo’ nel parlarne con la madre), il fatto che la stessa conviveva ormai da mesi col terremoto e che neppure a seguito della più forte scossa del 30 marzo aveva scelto di dormire all’aperto o lasciare la città”.
Stando ai giudici, la ragazza era molto impegnata nello studio, per cui “appare improbabile che le informazioni veritiere e corrette che attendeva per prendere una decisione" se andare via o meno dall'Aquila "l’avrebbero indotta a lasciare la città”.
La richiesta di risarcimento era stata presentata dalla madre della ragazza, l'avvocato Maria Grazia Piccinini, ed era scaturita dal processo alla Commissione Grandi Rischi, che ha visto solo un condannato, Bernardo De Bernardinis, vice capo della Protezione civile, “per avere diffuso all’esito della riunione della Commissione Grandi Rischi tenutasi a L’Aquila il 31 marzo 2009 informazioni scorrette circa l’evoluzione e pericolosità dello sciame sismico in corso", soffermandosi nello specifico sulla teoria dello "scarico graduale di energia", secondo la quale una serie di piccole scosse avrebbero impedito lo scatenarsi di un evento sismico di alta intensità.
Stando ai familiari della Rambaldi e ad alcuni testimoni, la ragazza, sentite le parole di De Bernardinis, si è fidata totalmente degli esperti e ha “abbandonato le abitudini precauzionali in precedenza adottate”, dormendo al chiuso nel suo appartamento, nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, morendo nel crollo dell'edificio.
Per i giudici, però, “non si rinviene una variazione nelle condotte e precauzioni tenute dalla Rambaldi rispetto al terremoto prima, e dopo aver appreso informazioni ingannevoli…. Neppure può dirsi che ove la Rambaldi avesse ricevuto informazioni corrette anziché ingannevolmente rassicuranti circa l’andamento del fenomeno sismico si sarebbe determinata a lasciare L’Aquila”. “Conclusivamente non vi è prova del nesso causale tra la condotta del convenuto chiamato e le decisioni della vittima che ne determinarono il decesso”. Dunque, il ricorso e la richiesta di risarcimento sono stati respinti.