Abbiamo visto il Processo al Teatro Ciak
Una grande rappresentazione di un classico del novecento.
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Mercoledì 15 Marzo 2023
Roma - 15 mar 2023 (Prima Pagina News)
Una grande rappresentazione di un classico del novecento.
Ci sono dei monumenti che non si possono perdere. Uno di questi è il Processo di Kafka. Ma è anche un azzardo sfidare tali monoliti riducendoli in una pièce teatrale, perché si rischia di incorrere in numerosi errori cambiando cosi radicalmente l’universo rappresentativo.

Per fortuna non è questo il caso nell’adattamento teatrale di Massimiliano Giovanetti e Michele Montemagno, che soddisfa pienamente le aspettative sapendo cogliere il nocciolo del romanzo.

Vedendo le scene si assapora lo stesso gusto che si ha sfogliando le pagine, e rende giustizia a questo capolavoro. Scritto durante la prima guerra mondiale è un miscuglio in cui convergono senso di mistero e oppressione delle strutture sociali per confluire nell’assurdità della vita quotidiana. E grazie a Putin possiamo respirare un po' di tale ambientazione, almeno dalle immagini che ci giungono quotidianamente dall’Ucraina anche se c’è una bella differenza tra guardare ed essere bombardati.

Quello che invece manca nella nostra realtà è la profonda atmosfera onirica in cui sono immerse le vicende e che viene splendidamente rappresentata sul palco dalle scene di Fabiana Di Marco coadiuvate da un uso sapiente delle luci di Marco Catalucci. L’ambiente è giustamente spoglio e viene ricostruito tramite una semplice impalcatura rivestita da un telo semi trasparente.

Questo permette di dare una spazialità alla rappresentazione e svariati giochi scenici che aiutano non poco la rappresentazione. Ottime le musiche di Federico Capranica, importanti anche loro per dare un senso di assurdità al tutto, insieme ai costumi di Susanna Proietti. A Ruben Rigillo spetta il ruolo del protagonista a rappresentare l’assenza di logica e l’alienazione dell’uomo dalla realtà. Piano piano si svuota di senso e significato fino a riempirsi di senso di “colpa”.

L’universale colpa connaturata all’esistenza umana, che lega ogni gesto di Joseph K., il cui ultimo pensiero è per la “vergogna” che rimarrà di lui. Due frasi del romanzo: “si arrestano persone innocenti e si intenta nei loro confronti un procedimento insensato e il più delle volte, come nel caso mio, inutile.

Come si può, data l’insensatezza del tutto, impedire la peggiore corruzione dei funzionari?”. Josef K. diede un’ultima occhiata verso il cielo; vide un uomo che si stava sporgendo da una finestra e si chiese: “Chi era? Un amico? Una persona buona? Un tipo partecipe? Uno che voleva aiutare? Era una persona sola? Erano tutti? C’era ancora aiuto? Esistevano obiezioni che erano state dimenticate? Sicuramente ne esistevano. La logica è sì incrollabile, ma non resiste a una persona che vuole vivere. Dov’era il giudice che non aveva mai visto? Dov’era l’alta corte a cui non era mai arrivato? “Come un cane!” disse, fu come se la vergogna dovesse sopravvivergli”.

Una curiosità. Questa frase era talmente importante per Kafka che la riportò nella lettera al padre del 1919. “Memore di questo senso di smisuratezza, una volta ho scritto giustamente su di un tale: – Teme che la vergogna addirittura gli sopravviva”. Perfettamente integrati in questa poetica Riccardo Bàrbera e Mario Scaletta che danno una grande interpretazione. Tutti gli attori sono sincroni alla rappresentazione, Linda Manganelli, Fabrizio Bordignon, Barbara Abbondanza, Gigi Palla ed Enrico Ottaviano, grazie all’ottima regia di Anna Masullo.

Insomma, se per caso non aveste letto il romanzo potreste cogliere tutta l’assurdità della vicenda, sentire la visione del mondo di Kafka e certi aspetti dell’Esistenzialismo potete assistere comodamente nella poltrona ed immergervi nel mondo dell’assurdo. Poi se siete fortunati dopo lo spettacolo, magari, vi ritrovate una bella bomba russa nel giardino di casa o la nuova variante Joseph del Covid23.

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