Caso Raimo, il coraggio della verità

C’è una vittima, silente, di questi nostri tempi, schiacciata nella infausta battaglia tra parti politiche: l’onestà intellettuale.

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Martedì 03 Settembre 2024
Roma - 03 set 2024 (Prima Pagina News)

C’è una vittima, silente, di questi nostri tempi, schiacciata nella infausta battaglia tra parti politiche: l’onestà intellettuale.

Di Anna Maria De Luca

E’ doloroso, per me che sono donna di scuola, vederla perire anche dove dovrebbe fiorire. La polemica scoppiata sul caso Raimo, così come, ai suoi tempi, sulla Salis, ne è la dimostrazione. Ne faccio una questione di professione docente, non di persone: non ho nulla contro Raimo o contro la Salis, che a loro modo rappresentano la fetta di società che li ha votati. Non è mai giusto esprimere giudizi sulle persone, ma a volte è doveroso esprimerli sui comportamenti.

Quel che mi risulta difficile da comprendere è come un docente, indipendentemente dalla propria appartenenza politica, possa inneggiare alla violenza. E come, invece di assumersi la responsabilità delle proprie idee e delle proprie azioni, contrarie alla democrazia ed alla Costituzione, al posto di accettare l’ammonimento disciplinare volto a ripristinare l’essenza del ruolo docente, si reagisca ribaltando “la frittata” accusando di “spinta autoritaria” o di “zittire il dissenso” l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio ed addirittura il Ministro che, come ben si sa, non alcun potere disciplinare. Facendo così passare in modo strumentale e scorretto la censura, che è una delle sanzioni minime nel sistema istruzione, come una punizione per aver criticato Valditara. Basta andare nei social del Ministro per vedere che non è così: da sempre ci sono sia commenti positivi che negativi, alla luce del sole, fatti anche da docenti.

Come possa passare in qualche giornale l’idea che chi critica il Ministro venga punito, quando è una distorsione incomprensibile della realtà. Altra cosa che non si riesce a capire è cosa avrebbe dovuto fare l’USR Lazio, secondo chi urla e strepita. Far finta di niente? Applaudire davanti ad un docente che dalla televisione dice che bisogna usare la violenza? O forse sostenere la doppia tesi che la violenza in alcuni casi può essere ammessa mentre in altri casi no. La violenza è sempre violenza, indipendentemente da chi c’è dall’altra parte. Ed è qui che muore l’onestà intellettuale: quando invece di prendersi la responsabilità di ciò che si dice e si fa si accusano gli altri, alterando la verità dei fatti.

Il punto non è solo il codice etico della professione, che l’Ufficio Scolastico Regionale ovviamente deve far tutelare. Inneggiare alla violenza contro chicchessia è un atto che va contro la missione del docente, contro le regole base del vivere civile. 


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