Identificata una proteina che può influire sulla longevità

Lo studio, condotto dall'Università di Copenaghen, è stato pubblicato su Nature Communication.

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Venerdì 06 Settembre 2024
Roma - 06 set 2024 (Prima Pagina News)

Lo studio, condotto dall'Università di Copenaghen, è stato pubblicato su Nature Communication.

Ci sono molti consigli su come cercare di vivere una vita lunga: dal sonno all'esercizio fisico, fino alla vita sociale e all'alimentazione con frutta e verdura.

Adesso, i ricercatori dell'Università di Copenaghen aggiungono un altro contributo alle conoscenze su questa tematica con la scoperta del ruolo di una proteina, nota come Oser1, che sembra influisca enormemente sulla longevità, fornendo la possibilità di trovare nuove cure.

Non è la prima volta che si scopre un legame tra una proteina e una maggiore predisposizione a una vita longeva e in salute: un altro studio, condotto sotto il coordinamento di Annibale Puca del Gruppo MultiMedica di Milano e Paolo Madeddu dell'Università di Bristol, aveva scoperto il ruolo della variante Law della proteina Bpifb4 nei centenari.

Adesso, grazie a questo studio, i cui esiti sono stati pubblicati su Nature Communication, i ricercatori danesi hanno scoperto un altro fattore di longevità: "Si tratta di una proteina che esiste in vari animali, come i moscerini della frutta, i bachi da seta e gli esseri umani", dichiara l'autrice senior dello studio, Lene Juel Rasmussen.

La scoperta di Oser1 è avvenuta studiando un gruppo più ampio di proteine, regolate dal principale fattore di trascrizione Foxo, che regola la longevità. "Abbiamo trovato 10 geni che, quando abbiamo manipolato la loro espressione, hanno cambiato la longevità. Abbiamo deciso di concentrarci su uno che sembrava avere un influenza maggiore, il gene Oser1", ha detto il primo autore dello studio, Zhiquan Li.

Adesso, dopo lo studio su modelli animali, i ricercatori si stanno concentrando sul ruolo di questo gene sugli umani, "ma - precisano - fino ad oggi è stato pubblicato molto poco su questo". L'obiettivo è far sì che l'identificazione porti alla creazione di nuovi farmaci per malattie dovute all'età, come quelle cardiovascolari o neurodegenerative.


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