Istat: con il passaggio dal Rdc all'Adi, reddito peggiorato per 850mila famiglie

"Sono circa 750mila le lavoratrici madri che, grazie all’esonero totale dei contributi, si stima registrino un guadagno, rispetto al 2023, pari a poco più di 1.000 euro".

(Prima Pagina News)
Lunedì 17 Marzo 2025
Roma - 17 mar 2025 (Prima Pagina News)

"Sono circa 750mila le lavoratrici madri che, grazie all’esonero totale dei contributi, si stima registrino un guadagno, rispetto al 2023, pari a poco più di 1.000 euro".

L'Istat ha reso disponibili le simulazioni sulla distribuzione del reddito in Italia.

"Le simulazioni, di cui si presentano i risultati, valutano gli effetti sui redditi disponibili delle famiglie generati dalle politiche redistributive introdotte nel 2024.

In particolare, si valutano gli effetti dei seguenti interventi normativi: (i) riforma delle aliquote e degli scaglioni Irpef e delle detrazioni da lavoro; (ii) eliminazione del Reddito/Pensione di Cittadinanza (RDC) e dell’introduzione dell’Assegno di Inclusione (ADI); (iii) prosecuzione dell’esonero contributivo parziale per i lavoratori dipendenti e dell’introduzione dell’esonero totale per le lavoratrici dipendenti madri; (iv) indennità una tantum per i lavoratori dipendenti (c.d. Bonus Natale). Gli effetti sono valutati attraverso il confronto tra la stima del reddito disponibile nel 2024 e la stima di quello che si sarebbe osservato se i parametri di tali politiche fossero rimasti quelli in vigore nel corso del 2023", riferisce l'Istituto. 

"Per le famiglie con almeno un percettore di reddito da lavoro dipendente gli effetti della riforma dell’Irpef si valutano congiuntamente a quelli delle due forme di decontribuzione previste per il 2024. In questo gruppo di famiglie, si stima che siano 11,8 milioni quelle che vedono migliorare, grazie alle misure, il proprio reddito disponibile, per un ammontare medio annuo di 586 euro. Si tratta di quasi il 45% delle famiglie residenti in Italia e del 78,5% delle famiglie con almeno un lavoratore dipendente.

Si stima che siano circa 300mila le famiglie interessate da entrambe le misure che registrano una perdita. Il peggioramento, pari in media a 426 euro, è riconducibile in larga parte alla perdita del diritto al trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente (c.d. Bonus Irpef)", prosegue. 

"Le famiglie non interessate dalla decontribuzione ma che beneficiano della riforma dell’Irpef sono 9 milioni e 600mila (36,8% delle famiglie residenti). Il guadagno derivante dalla riforma, in termini di minori imposte dirette dovute, è pari in media a 251 euro all’anno e comporta un incremento dello 0,5% del reddito disponibile".

"Sono circa 750mila le lavoratrici madri che, grazie all’esonero totale dei contributi, si stima registrino un guadagno, rispetto al 2023, pari a poco più di 1.000 euro. Un quarto di queste, avendo una retribuzione annua lorda superiore ai 35mila euro, non erano destinatarie dell’esonero parziale previsto per i lavoratori dipendenti nel 2023. Queste ultime, quindi, registrano il guadagno medio maggiore, pari a oltre 1.800 euro".

"Si stima che il passaggio dal Reddito di cittadinanza, già depotenziato nel corso del 2023, all’Assegno di inclusione comporti un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie (3,2% delle famiglie residenti). La perdita media annua è di circa 2mila 600 euro e interessa quasi esclusivamente le famiglie che appartengono al gruppo delle famiglie più povere. In tre quarti dei casi si tratta di nuclei che perdono il diritto al beneficio e nel restante quarto di nuclei svantaggiati dal nuovo metodo di calcolo.

Per circa 400mila famiglie il passaggio tra RDC e ADI non comporta una variazione del reddito disponibile perché continuano a ricevere lo stesso importo. Infine, un gruppo esiguo di famiglie (circa 100mila) trae un beneficio dal passaggio all’ADI di circa 1.200 euro. Il vantaggio deriva dal diverso trattamento dei componenti con disabilità insito nel metodo di calcolo della scala di equivalenza ADI rispetto a quella RDC", evidenzia l'Istat. 

"L’indennità una tantum di 100 euro per i lavoratori dipendenti si stima abbia raggiunto circa 3 milioni di famiglie (11,6% delle famiglie residenti), generando una variazione del reddito disponibile pari in media allo 0,2%".

"L’intervento pubblico riduce la diseguaglianza nel reddito delle famiglie di 16,1 punti percentuali, la riduzione è più ampia nel Mezzogiorno (-16,9 punti percentuali) dove si stimano le più ampie disuguaglianze tra redditi primari. Nel complesso, tuttavia, le modifiche al sistema di tasse e benefici introdotte nel corso del 2024 e qui prese in esame diminuiscono in lieve misura l’equità della distribuzione dei redditi disponibili delle famiglie. La diseguaglianza, valutata attraverso l’indice di Gini, passa dal 30,25% al 30,40%".

"Il sistema di tasse e benefici ha tre obiettivi fondamentali: (i) finanziare la produzione di beni e servizi pubblici; (ii) redistribuire il reddito in modo da conseguire una maggiore equità; (iii) proteggere le persone dal rischio di povertà e di esclusione sociale. Il reddito primario, guadagnato sul mercato prima dell’intervento pubblico, è infatti normalmente caratterizzato da un elevato grado di diseguaglianza, che dipende dalle differenti dotazioni individuali e familiari di risorse (lavoro, capitale reale e finanziario), dai diversi rendimenti delle stesse (salari, profitti e interessi) e, infine, dalle diseguali opportunità di occupazione e di impiego dei capitali".

"L’intervento pubblico aumenta il reddito delle famiglie erogando trasferimenti monetari e lo diminuisce prelevando contributi sociali e imposte. Aggiungendo i trasferimenti pubblici al reddito primario guadagnato sul mercato, si ottiene il reddito lordo da cui, sottraendo contributi sociali obbligatori e imposte, si ottiene il reddito disponibile delle famiglie. Le politiche determinano una maggiore equità se, come accade normalmente, i trasferimenti e il prelievo riducono le distanze fra i redditi disponibili delle famiglie".

"Gli effetti distributivi del sistema di tasse e benefici vengono stimati confrontando i redditi individuali e familiari prima e dopo l’intervento pubblico. In Italia, la stima della diseguaglianza del reddito primario, rappresentata dall’indice di Gini, è pari nel 2024 a 46,48%.

Dopo i trasferimenti e il prelievo, la diseguaglianza del reddito disponibile equivalente[3] risulta significativamente inferiore, pari a 30,40%: l’intervento pubblico riduce quindi la diseguaglianza di 16,07 punti percentuali. L’effetto dei trasferimenti è più rilevante (11,68 p.p.) rispetto a quello del prelievo contributivo e tributario.

La diseguaglianza dei redditi primari è significativamente più alta nel Mezzogiorno (48,19%) rispetto al Centro (43,97%) e al Nord (43,02%). L’effetto redistributivo dei trasferimenti e del prelievo è relativamente più importante nel Mezzogiorno, dove determina una riduzione della diseguaglianza di circa 17 punti percentuali". 

"La diseguaglianza del reddito disponibile tra le aree geografiche riflette quella del reddito primario, ma con distanze più contenute. Per valutare il ruolo dei trasferimenti pubblici nella formazione dei redditi familiari si osserva la composizione di tali redditi per fonte. I redditi primari sono la fonte principale di reddito nei quinti più ricchi, i trasferimenti pensionistici sono invece prevalenti nei quinti più poveri. Le pensioni e gli altri trasferimenti pubblici costituiscono i principali strumenti per trasferire risorse alle persone anziane, disoccupate, inabili o minori".

"Nel complesso, le pensioni IVS (Vecchiaia, Invalidità e Superstiti) costituiscono la quota prevalente dei trasferimenti monetari pubblici alle famiglie (il 19,8%), mentre le voci relative alle altre pensioni (2,9%) e le prestazioni sociali per la famiglia (1,4%) e per il lavoro (2,2%) rappresentano nell’insieme il 6,5% del reddito lordo del totale delle famiglie.

I trasferimenti riguardano prevalentemente i due quinti più poveri, con l’eccezione di quelli da lavoro che sono più concentrati nei quinti centrali della distribuzione dei redditi". 

"La distribuzione delle imposte dirette e dei contributi sociali per quinti di reddito disponibile familiare riflette il diverso grado di progressività delle specifiche forme di prelievo. I contributi sociali sui datori e sui lavoratori sono la forma più rilevante, prelevando il 16,9% del reddito lordo delle famiglie, ma anche la meno progressiva".

"Le imposte dirette (Irpef, addizionali locali e tassazione separata di rendite finanziarie, tassazione forfettaria, liquidazioni e arretrati da lavoro, affitti) ammontano complessivamente al 15,4% del reddito lordo delle famiglie. I contributi sociali sono generalmente proporzionali, né progressivi né regressivi, rispetto al reddito individuale da lavoro e, per questo motivo, risultano quasi proporzionali anche rispetto al reddito familiare. L’applicazione di aliquote inferiori per le qualifiche più basse e gli sgravi contributivi sono gli unici elementi del prelievo contributivo che ne aumentano la progressività, al contrario i massimali e i minimali la riducono", prosegue l'Istat.

"L’incidenza dei contributi a carico dei datori nei diversi quinti presenta variazioni contenute attorno alla media (11,8%). Il profilo distributivo è moderatamente progressivo nel passaggio dal quinto più povero (10,2%) al penultimo (13,3%) e leggermente regressivo nell’ultimo quinto, dove l’effetto dei massimali riduce il peso dei contributi sui datori all’11,0% del reddito lordo".

"I contributi a carico dei lavoratori si collocano intorno alla media complessiva del 5,1%, assumendo valori più bassi nei quinti centrali della distribuzione, anche grazie agli esoneri dei contributi in vigore. L’incidenza di poco maggiore per le famiglie del quinto più ricco (5,8%) costituisce una lieve correzione progressiva. I minimali determinano una correzione di segno opposto: per il quinto più povero il prelievo risulta leggermente superiore alla media (6,3%)".

"L’Irpef è un’imposta progressiva rispetto ai redditi individuali sia per effetto delle aliquote crescenti, sia per quello delle detrazioni (per lavoro, carichi familiari, spese sanitarie, ecc.). L’incidenza dell’Irpef aumenta al crescere del reddito familiare lordo risultando di oltre quattro volte maggiore nell’ultimo quinto più ricco (16,6%) rispetto al primo, più povero (4,4%). Gli incrementi maggiori si osservano nel passaggio dal primo al secondo e dal quarto all’ultimo quinto.

Sono moderatamente progressive anche le altre imposte dirette, la cui incidenza sul reddito lordo varia dal 2,3% del primo quinto al 3,5% dell’ultimo".

"Il modello FaMiMod consente di analizzare gli effetti redistributivi delle politiche per le famiglie che intervengono nella formazione dei redditi familiari. Le principali politiche entrate in vigore nel 2024 per le quali si fornisce una valutazione dell’impatto sui redditi delle famiglie sono: (i) la riforma Irpef, che ha modificato aliquote e scaglioni di reddito e ha incrementato le detrazioni da lavoro dipendente (D.L. 216/2023 artt. 1 e 2); (ii) la decontribuzione parziale per i lavoratori dipendenti, confermata per tutto il 2024 nella forma in vigore dal secondo semestre del 2023 (L. 213/2023, art. 1 c. 15); (iii) l’esonero contributivo totale per le lavoratrici madri di due o più figli (L. 213/2023, art. 1 c. 180 e 181); (iv) l’Assegno di Inclusione (ADI), che sostituisce, per alcuni nuclei, il Reddito e la Pensione di cittadinanza (D.L. 48/2023, art. 1 e segg.); (v) l’indennità una tantum pari a 100 euro per i lavoratori dipendenti con un reddito lordo inferiore a 28mila euro (c.d. Bonus Natale, D.L.113/2024, art. 2-bis)".

"Per quanto riguarda l’assegno unico e universale per i figli a carico (AUU), non si presentano simulazioni sull’effetto dell’aggiornamento automatico di soglie e importi al costo della vita, in quanto si tratta di misure stabilite dalla legge istitutiva dell’AUU (D.L. 230/2021, artt. 4 e 5). È opportuno sottolineare, però, che sia l’AUU (con le variazioni previste dalla legge) che il Supporto per la Formazione e il Lavoro (D.L. 48/2023, art. 12) sono considerati nel calcolo del reddito disponibile delle famiglie del 2024".

"Le simulazioni valutano gli effetti delle politiche in termini di differenza tra i redditi disponibili equivalenti delle famiglie calcolati in due diversi scenari: lo scenario a legislazione vigente nel 2024 e uno scenario di confronto ottenuto applicando al primo scenario, e per le sole politiche sopra elencate, i parametri della legislazione del 2023, a parità di tutte le altre condizioni.

Nello scenario di confronto, quindi, i parametri applicati sono i seguenti: un esonero contributivo rivolto ai lavoratori dipendenti che prevede, per i primi sei mesi dell’anno, uno sconto sull’aliquota contributiva di 3 punti percentuali per i lavoratori con retribuzione annua lorda (RAL) inferiore a 25mila euro e di 2 punti per i lavoratori con RAL inferiore a 35mila e, per la seconda metà dell’anno, di uno sconto rispettivamente di 7 e 6 punti; il RDC/PDC somministrato per 7 mesi a tutte le famiglie con i requisiti previsti dalla legge istitutiva e per i restanti 5 mesi alle sole famiglie con componenti definiti non occupabili; da settembre 2023 l’introduzione del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) per le persone tra i 18 e i 59 anni senza carichi di cura e con un ISEE inferiore a 6mila euro, un beneficio di 350 euro mensili (per 12 mesi non rinnovabili) in caso di partecipazione a politiche attive del lavoro o a progetti utili alla collettività". 

"Non sono presenti in questo scenario l’esonero contributivo totale per le lavoratrici madri e il “Bonus Natale”, novità normative del 2024. Per le famiglie in cui sono presenti componenti interessati dall’esonero contributivo, sia esso parziale (per i dipendenti) o totale (per le lavoratrici madri), le simulazioni valutano congiuntamente l’effetto della riforma Irpef e della decontribuzione. Questa scelta deriva dalla presenza di un effetto di retroazione fiscale connesso alle misure di esonero contributivo. Quest’ultimo, infatti, aumenta il reddito imponibile e, di conseguenza, le imposte dovute.

La variazione dell’Irpef tra i due scenari messi a confronto è quindi attribuibile, per queste famiglie, non solo alle modifiche all’Irpef, ma anche alla decontribuzione stessa. La complessità interpretativa che ne deriva ha orientato la scelta di non separare gli effetti dei due interventi. Infine, è opportuno sottolineare che il modello è di natura statica, ovvero non incorpora le reazioni comportamentali degli individui come per esempio le decisioni in merito alla partecipazione al mercato del lavoro", conclude l'Istat.


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