Il declino della classe dirigente: una riflessione di Salvatore Sfrecola su "Il Sogno Italiano"

L'articolo Il declino della classe dirigente al potere mortifica l’amministrazione pubblica, scritto da Salvatore Sfrecola e pubblicato su Il Sogno Italiano, affronta un tema cruciale per il futuro della Pubblica Amministrazione: l’uso improprio dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

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Venerdì 13 Settembre 2024
Roma - 13 set 2024 (Prima Pagina News)

L'articolo Il declino della classe dirigente al potere mortifica l’amministrazione pubblica, scritto da Salvatore Sfrecola e pubblicato su Il Sogno Italiano, affronta un tema cruciale per il futuro della Pubblica Amministrazione: l’uso improprio dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

La progressiva erosione della qualità nella classe dirigente al potere continua a penalizzare l’amministrazione pubblica. Come evidenziato in un articolo pubblicato su Un Sogno Italiano a firma di Salvatore Sfrecola, "Il declino della classe dirigente al potere mortifica l’amministrazione", l'articolo 19, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 rappresenta uno degli strumenti più controversi a disposizione dei ministri per nominare dirigenti senza concorso, suscitando critiche sempre più accese da parte degli esperti del settore.

 Tra questi, spicca il dottor Roberto Alesse, Consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri e attuale Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che ha criticato pubblicamente l'uso improprio di tale norma.

Nel suo libro "Il declino del potere pubblico in Italia", Alesse denuncia il ricorso smodato a nomine dirigenziali politicamente influenzate e prive delle qualifiche tecniche necessarie, sottolineando come questo fenomeno rischi di minare profondamente la meritocrazia e la professionalità all'interno delle amministrazioni pubbliche.

L'articolo di Sfrecola analizza il percorso di una norma inizialmente creata per casi straordinari, ma che, con il tempo, è stata modificata e ampliata per consentire alla politica di attribuire incarichi anche a funzionari interni, spesso senza che vi fosse una reale esigenza di reperire competenze non presenti all'interno della pubblica amministrazione.

Alesse, dal canto suo, pone l’accento sull’impatto negativo di questo meccanismo, che alimenta aspettative tra i funzionari di ruolo e contribuisce alla destabilizzazione delle strutture amministrative, rendendole terreno di scontro politico.

Sfrecola, riportando le argomentazioni di Alesse, sottolinea come le decisioni politiche abbiano spesso favorito persone affiliate ai partiti di governo, a scapito delle professionalità selezionate tramite concorso, e denuncia l’abuso di potere nel sistema di nomine.

Un tema attuale e particolarmente delicato, che merita attenzione per il futuro della Pubblica Amministrazione italiana.

Nel cuore degli uffici di Corso Vittorio Emanuele II, presso il Ministero della Pubblica Amministrazione, si torna a discutere dell’ampliamento dell’applicazione dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

 Questa norma, introdotta sotto il governo Amato e promossa dall’allora Ministro Franco Bassanini, permette la nomina temporanea di dirigenti senza concorso, una pratica che molti esperti, tra cui il Dottor Roberto Alesse, attuale Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ritengono gravemente dannosa per l’efficacia e la legalità della pubblica amministrazione.

 Alesse, noto per le sue critiche alla normativa in questione, ha esposto nel suo libro "Il declino del potere pubblico in Italia", edito da Rubbettino, come questa legge favorisca l'abuso di potere politico, mettendo in secondo piano la meritocrazia e la professionalità, privilegiando invece logiche di affiliazione politica. In particolare, l’ampliamento della possibilità di nominare dirigenti esterni all'amministrazione ha generato un sistema dove la professionalità richiesta, che dovrebbe essere "non rinvenibile" all’interno dei ruoli, viene ignorata.

 Alesse sottolinea come queste nomine, spesso fatte senza adeguate competenze tecniche, ledano il prestigio e le aspettative di quei funzionari pubblici che hanno superato selezioni rigorose e che aspirano a ruoli dirigenziali.

La responsabilità di questo fenomeno, come egli argomenta, è interamente della politica, che continua a interferire nelle nomine, scegliendo persone prive delle competenze necessarie per ruoli chiave, in particolare in amministrazioni con grandi centri di spesa.

Questo articolo mette in luce l'importanza di ripristinare il principio di legalità e di abrogare una norma che continua a favorire la nomina di dirigenti politicamente affiliati, minando gravemente l'efficienza della pubblica amministrazione.


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