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“Questo libro- spiega Bruno Castagna, il figlio giornalista e scrittore di Bebè Castagna- è nei fatti un omaggio che noi figli abbiamo voluto dedicare al padre, all’uomo e al poeta, convinti, come siamo, di dovergli tributare un giusto riconoscimento a riscontro delle aspettative di tanti altri figli di Catanzaro”.
“V’aspettu ‘u 2000” è in realtà un richiamo forte alla memoria comunitaria, chiamata ad annoverare una personalità che, in tanti anni di attività, in maniera discreta, è riuscita ad occupare un ruolo di primo piano nella letteratura vernacolare dell’intera regione. “La sua discrezione, il suo essere privo di tentazione autoreferenziali, se vogliamo, la sua riservatezza – ricorda il figlio scrittore- non ne consentirono a suo tempo una adeguata valorizzazione, quella valorizzazione che pur è ben curata nei cuori e nel pensiero di tanti e tanti concittadini catanzaresi e che, oggi, merita un posto di riguardo nel pantheon culturale della città capoluogo della Calabria”.
Nel corso della sua attività letteraria Benito Castagna ha ricevuto numerosi premi e vari riconoscimenti. Come non ricordare le parole di rispetto e di apprezzamento di Sharo Gambino, romanziere e giornalista italiano assai noto, quelle di Domenico Teti, scrittore e presidente dell'Associazione Culturale Calabrese, e ancora, quelle autorevoli e competenti del magistrato Giuseppe Chiaravalloti, già presidente della Giunta regionale della Calabria, ma soprattutto esperto di letteratura e di cultura popolare calabrese.
E, infine, le più varie e intense manifestazioni di stima e affetto di tanti e tanti cittadini illustri della città, di moltissimi amici ed estimatori, per i quali Bebè, tuttora, rappresenta un sicuro ancoraggio culturale, un esponente puro e vero della comune identità, un interprete del sentire di tutta una città. Un testimone del suo tempo, proiettato verso un futuro che, nell’antichità da cui proviene, non può fare a meno di richiamarne l'opera per ritrovare gli anni che lo hanno allevato e fatto crescere. La stessa critica più autorevole ci spiega che “I suoi manoscritti, dalla composizione (calli)grafica rigorosamente a mano libera, hanno varcato i confini nazionali per approdare negli Stati Uniti, in Canada, in Venezuela, presso ogni comunità catanzarese all'estero, per diventare punto di riferimento per tutto un mondo che si protende a mantenere salde le proprie radici e che intende farlo attraverso i quadri poetici, i tocchi pittorici, le finezze idiomatiche del buon Bebè Castagna. E che, anzi, da quei versi, vuole trarre ricordi ed emozioni, pulsioni battenti scandite dai tempi che furono, per riconoscersi in tutto quanto la lontananza non ha spento, semplicemente perché non può farlo”.
“Benito Castagna – scriveva lo scrittore Sharo Gambino nel settembre del 1986, sulla Gazzetta del Sud - con umorismo venato di profonda malinconia (e sì, gli anni sono passati anche per lui e il bisogno di illudersi di recuperare la beata “gioventù” venuta meno è forte anche se mostra di non darlo a vedere) “resuscita” riuscendo a coinvolgere in questo “revival” anche chi catanzarese non è, ma a Catanzaro giungeva dall'interno della provincia per sbrigare faccende d'ufficio o fare spese od anche per compiere gli studi.
(…) È un tuffo negli anni quaranta/cinquanta; significa rincontrare il cinese, che vendeva “clavatte a una lila al pezzo” (gliene comprammo una per “mezza lila”, di più non avevamo, avendo lasciato dalla Renata – o dalla Vergani? – quanto c'era rimasto in tasca dopo essere stati al “Polo Nord” per il gelato e da “Pocusangu” a prendersi una razione, fortemente afrodisiaca, di “morseddu”, cioè un pezzo di pitta pieno di succulento “suffrittu de maiala o trippa 'e chidda lorda / e tantu pipareddu cchi certu … non si scorda!”); significa ritrovarsi di fronte al Centrale col fiore dell’intellighenzia catanzarese, i giornalisti Gegé e Bebé Greco, lo scultore Peppino Rito, Giovanni Paparazzo … ritrovare “'u professora Puzzu, figura tantu strana / speràu ppe tutt'a vita ma vesta cc'a suttana / non voza mai chiamatu Giuseppe né Peppinu / ma fu: Mimì Bluette, fiore del tuo giardino!”
Ritrovare Nerone Zungrona; Mazzocca, Scarpino, Mario Paparazzo e il tedesco Franz, significa ritrovare il piacere dello struscio in quel salotto ch'era Corso Mazzini, andare su e giù, tra l'odore del caffè e dei dolci caldi di forno e la musica dell'orchestra Monizza che stazionava nel bar Colacino e il pigia pigia e lo schiacciarsi al muro al passaggio del tram nella strettoia creata dal palazzo Serravalle ora abbattuto per creare una piazza che più brutta non poteva essere....
E così la poesia di Bebè Castagna rivive, rivive in tanta parte di quella Catanzaro, che descrisse con la sua umanità, i suoi luoghi, le sue tradizioni, la sua temperie, i suoi odori e sapori, con il suo essere sé stessa, con i suoi slanci, da un capo all’altro del suo centro storico, “E Santu Roccu a for' e porti”.
Bebè Castagna e la sua poesia si legano oggi in modo definitivo e indelebile alla storia di Catanzaro e delle sue genti. Questa pubblicazione diviene, perciò, un doveroso, sentito atto d'amore verso la città, nella identificazione vivente di sé con i versi che l'hanno celebrata nella inventiva fervida del suo poeta. Che entra, con i nostri auspici, nelle grandi tradizioni culturali, di cui Catanzaro va giustamente orgogliosa.