Eccellenze Italiane, Pierfranco Bruni, lo scrittore dei Sud del mondo
“I due segmenti fondamentali che caratterizzano il mio viaggio letterario sono la memoria e la nostalgia”.
di Pino Nano
Lunedì 12 Febbraio 2024
Roma - 12 feb 2024 (Prima Pagina News)
“I due segmenti fondamentali che caratterizzano il mio viaggio letterario sono la memoria e la nostalgia”.

Pierfranco Bruni è nato in Calabria. Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all'Estero, è oggi presidente del Centro Studi “Grisi”. Ricopre numerosi altri incarichi istituzionali legati alla promozione della cultura e della letteratura nei Paesi Esteri, ed è responsabile, per conto del MiC, del progetto di studio sulle Presenze minoritarie in Italia. Un protagonista di primissimo piano della nuova cultura meridionale.

“Il mito è la chiave di lettura, dice Pierfranco Bruni, che permette di sfogliare la margherita del tempo e della vita. Tutta la sua poetica vive di queste atmosfere. Non ha mai creduto al realismo in letteratura. Il realismo è cronaca, è rappresentazione, è documento. Il simbolo, invece, è mistero. E' metafora, è fantasia, è sogno”.

Il suo poderoso saggio-racconto dal titolo “Mediterraneo. Percorsi di civiltà nella Letteratura contemporanea” è una testimonianza emblematica del suo pensiero. Dei suoi libri alcuni restano e continuano a raccontare.

“La letteratura e la vita senza il sogno, l'amore e l'ironia non avrebbero senso. L'amore quando è sogno ha sempre delle illuminazioni. Gli orizzonti sono nel viaggio e le albe e i tramonti possono anche somigliarsi ma non hanno mai lo stesso colore. Lungo il mio cammino ci sono stati e ci sono molti libri incompiuti, ma non ho alcuna intenzione di definirli. Non viaggio per ritrovarmi perché sono convinto che gli approdi non sono mai consapevolezza e che gli arrivi s'intrecciano con le partenze e i ritorni e vanno sempre oltre Itaca”.

-Nei suoi ultimi libri c'è un insistere sui temi che riguardano l''Oriente. Sia nella saggistica e soprattutto nei romanzi. Mi sembra che proprio "La moschea di Samira" sia dentro tale visione?

Credo che questa domanda possa aprirsi a ventaglio sulla mia ricerca e sulla dimensione mediterranea dei miei scritti complessivi. Il tema del Mediterraneo è stato sempre centrale e ha costituito un modello culturale che mi ha spinto a andare oltre. Ovvero ha creato in me un interesse comparato tra prosa, narrativa e poesia. "La moschea di Samira" forse chiude una fase della mia vita. O una stagione iniziata molti anni fa quando pubblicai "La pietra d'Oriente". Erano gli anni Novanta confluiti poi nel mio scritto del 2005. In quel tempo feci molti viaggi soprattutto nei paesi orientali...

 

-Una vita On the road professore?

Certamente sì. Sono stato per lunghi periodi in realtà come la Tuniisia, la Turchia, l'Albania, come rappresentante della cultura del ministero della cultura in questi Paesi. Non solo conoscenza diretta, dunque, ma fascino e mistero hanno rappresentato non un dato sociologico ma chiaramente antropologico e letterario. Questi luoghi sono nei miei racconti o meglio sono in tutto il mio raccontare...

 

-In giro per il mondo, ma con al centro di tutto il Mediterraneo?

Proprio così. Il Mediterraneo occidentale con i miei viaggi in Grecia inizialmente si è trasformato in un Mediterraneo orientale e direi in un Oriente. O meglio negli Orienti. L'ultimo romanzo ha proprio questa caratteristica. Una storia d'amore in un contesto delle Moschee. Samira è appunto una donna orientale con il fascino delle donne arabe...

 

-C’è chi ha scritto che è una prosecuzione del suo precedente romanzo?

Se si riferisce "Al canto del Muazzin", è tutto vero. Anche lì si racconta una storia d'amore tra una araba e un giornalista italiano che si incontrano in un aereo in volo da Roma a Tunisi.

 

-Cos’è un inno all’amore anche questo?

E’ soprattutto un mosaico di luoghi dove il tempo non è un orizzonte, ma un cerchio. Ma la sensualità di quest'amore diventa la spiritualità in cui la presenza di Dio è fondamentale e i personaggi che campeggiano restano in una dimensione orante. È come se l'amore stesso fosse un canto orante. In fondo io parlo spesso dal Cantico dei Cantici. Cerco di legare gli Orienti con la sapienza indiana.

 

-Leggo che a questo concetto si lega anche il suo "Che il dio del Sole sia con te"?

Appunto. È così. Un romanzo prosimetro, è un genere letterario in cui prosa e versi vengono alternati in modo equilibrato, che recupera il mondo sciamanico e la saggezza degli Orienti. Gli sciamani sono ancora "personaggi" del mio mondo interiore e mi accompagnano...

 

-Qualche anno fa ha pubblicato "Lo sciamano e la curandera" in cui però il dato autobiografico mia pare sia molto presente?

Proprio vero. Qui è come se giocassi con la metafora e con la metafisica della memoria. È un romanzo, anche questo in forma prosimettica, in cui ho vestito dei panni dello sciamano mio padre e la curandera è mia madre. C'è tutto il mio essere figlio e padre in questo romanzo con una forte tradizione che per me resta costantemente una forte eredità. Dopo "La bicicletta di mio madre" del 2011 questo è il libro più intimo in cui ogni parola è una ricordanza dentro la nostalgia del tempo.

 

-Libri insomma a cui uno scrittore rimane legato per sempre?

Direi di sì per un fatto esistenziale. Ma io le dirò resto legato a tutti i miei libri perché parto da un presupposto: ogni scrittore non fa altro che scrivere il proprio diario. Anche in un libro di poesia come "Asmà e Shadi" che risale al 2006, sempre nei miei Orienti, la fantasia diventa la finzione del vero".

 

-Ma anche "Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio" mi pare sia un romanzo propriamente autobiografico?

Assolutamente si, autobiografico. Certamente autobiografico. Qui non ci sono però metafore. È un romanzo verità. In un cassetto della mia casa in Calabria ho trovato libri e appunti di mio padre. Nella sua biblioteca c'erano tutte le opere di Carolina Invernizio. Una scrittrice che veniva letta negli anni Trenta del Novecento. In ogni libro ci sono chiuse fatte a penna rossa e a matita da mio padre. Scriveva appunti, commenti e riflessioni. Un fatto che mi ha molto colpito. Leggeva questa scrittrice quando lui aveva 12 o 13 anni. Mi sono fortemente commosso. La vita in fondo è emozione.

 

-I suoi genitori da quello che ho letto le mancano ancora tantissimo...

Miop padre e mia madre sono stati, e sono dei punti di riferimento e dei ponti di tutta la mia vita. La scrittura a volte ci riconcilia a ciò che non abbiamo più.

 

-Recentemente ha scritto anche un libro su Kafka?

Sì. È appena uscito. È stato insieme a Pavese, del quale sta uscendo il mio quinto libro sullo scrittore confinato a Brancaleone Calabro, due fari letterari importanti. Da quando frequentavo i primi anni del liceo. Mi accompagnano ancora. Mi lascio guidare, a volte, e loro mi indicano alcuni percorsi anche linguistici.


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