Il Nobel e i sogni traditi

Una riflessione amara sul mito dell’eccellenza e sulla verità tradita dai simboli del potere culturale: quando il Nobel smette di premiare il genio e celebra chi sa obbedire.

di Massimo Fioranelli
Lunedì 13 Ottobre 2025
Roma - 13 ott 2025 (Prima Pagina News)

Una riflessione amara sul mito dell’eccellenza e sulla verità tradita dai simboli del potere culturale: quando il Nobel smette di premiare il genio e celebra chi sa obbedire.

Eravamo bambini. Guardavamo i cartoni animati, Braccobaldo Show, i film sui cowboy. Credevamo che i buoni fossero quelli con il cappello bianco, che galoppavano al tramonto, che difendevano la legge. Poi abbiamo scoperto che erano loro a invadere le terre dei nativi, a uccidere, a cancellare una cultura millenaria nel nome del progresso.

Da adolescenti, poi studenti universitari, avevamo un sogno: vincere il Premio Nobel. Lo immaginavamo come il riconoscimento supremo dell’intelligenza e del bene. Il traguardo di chi, con la scienza o la pace, migliorava l’umanità. Era l’ideale di un mondo meritocratico, dove il sapere e la verità trovavano finalmente giustizia.

Poi abbiamo studiato la storia. Abbiamo letto che un Nobel fu assegnato a chi praticava lobotomie, togliendo pezzi di cervello a chi soffriva, nel nome di una scienza cieca. Un altro non fu mai dato a Rosalind Franklin, la vera scopritrice della doppia elica del DNA, dimenticata perché donna. Nessuno premiò Stanley Pons e Martin Fleischmann, dileggiati ed umiliati,  per la fusione fredda, che forse avrebbe cambiato il mondo, ma disturbava i poteri forti dell’energia. E ci sono decine di nomi rimasti fuori, scienziati indipendenti, visionari, eretici della conoscenza che non si piegavano al conformismo accademico.

E c’è stato un Nobel per un fisico italiano che voleva cuocere la pasta con l’acqua fredda e poi divenne testimonial entusiasta di sieri genici mortali, una sceneggiatura scritta in precedenza. Economisti che hanno costruito teorie tanto eleganti quanto disumane, capaci di giustificare la povertà in nome dell’efficienza dei mercati.

Ma il paradosso più grande è il Nobel per la Pace dato a presidenti americani, proprio mentre le loro guerre distruggevano interi Paesi, sterminando milioni di persone. La pace celebrata da chi vende armi, la scienza premiata da chi censura la verità. È una commedia dell’ipocrisia in cui i giusti non entrano mai in scena.

Abbiamo capito che il Nobel non premia la verità. Premia l’obbedienza. Non celebra i visionari, ma i compatibili. È diventato il marchio di un sistema che decide chi può essere ricordato e chi deve essere cancellato. È la ricompensa per chi accetta le regole del gioco, non per chi lo cambia.

Eravamo bambini, e credevamo nei buoni. Poi abbiamo visto che anche i premi, come gli eroi, possono mentire. E oggi sappiamo che i veri scienziati non hanno bisogno di medaglie né di cerimonie. Perché la verità non si premia. Si cerca, e si paga, spesso, con il silenzio e la solitudine.

Ma in quel silenzio, in quella ricerca autentica, resta la sola forma di Nobel che valga la pena: la coerenza. La fedeltà a se stessi, anche quando il mondo applaude altrove.


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