++ESCLUSIVA PPN++ Plusvalenze Juventus. Parla Sergio Santoro già Presidente della Corte Federale FIGC e del Consiglio di Stato - ALLEGATE SENTENZE
L'analisi attenta del Prof. Santoro sulla condanna della Juventus e dei suoi dirigenti nell’Inchiesta Plusvalenze. "La penalizzazione di 15 punti apparirebbe poco comprensibile".
di Maurizio Pizzuto
Domenica 22 Gennaio 2023
Roma - 22 gen 2023 (Prima Pagina News)
L'analisi attenta del Prof. Santoro sulla condanna della Juventus e dei suoi dirigenti nell’Inchiesta Plusvalenze. "La penalizzazione di 15 punti apparirebbe poco comprensibile".
++ESCLUSIVA PPN++ Plusvalenze Juventus. Parla Sergio Santoro già Presidente della Corte Federale FIGC e del Consiglio di Stato - ALLEGATE SENTENZE
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Presidente Santoro, le saremmo grati di un suo autorevole commento, vista la sua esperienza in materia di giustizia sportiva e giustizia amministrativa.

 “Non si conoscono ancora le motivazioni della decisione adottata dalla Corte Federale di Appello, per cui ho difficoltà a fare delle specifiche valutazioni. Posso soltanto fare qualche considerazione sul piano generale. Trovo però singolare che il presidente della CFA della sentenza di condanna del gennaio 2023 sia lo stesso che a maggio 2022 aveva emanato la sentenza di assoluzione nel medesimo processo

 Alcuni media pongono in evidenza come si tratti di una sentenza senza precedenti, di una condanna forse eccessivamente severa, abnorme.

 Non sappiamo se la Corte abbia ritenuto di sanzionare la società Juventus ed i suoi dirigenti per la vicenda delle plusvalenze. Se così fosse, si tratterebbe di una decisione in contrasto con i precedenti della giustizia endofederale in materia di plusvalenze. Occorre capire quali siano le ragioni di questo improvviso mutamento della giurisprudenza. Inoltre, se la sanzione inflitta è conseguenza dell’illecito sulle plusvalenze non si comprende come questo illecito possa essere stato realizzato da una sola società. La plusvalenza viene realizzata almeno da due soggetti, mentre nel caso in esame non risultano essere state deferite altre società per questo illecito.

 Infatti, e per questo qualcuno ipotizza che la Corte abbia deciso sulla base dell’art. 4, comma 1, del codice di giustizia sportiva, ossia che abbia inteso sanzionare il comportamento dei dirigenti Juventus in quanto contrario al principio della lealtà sportiva cui ogni società e ciascun tesserato è tenuto.

  Questo, però, presuppone una modifica, da parte della Corte Federale, del capo di imputazione avanzato, a quanto è dato sapere dalle cronache, dalla Procura federale.

Il Giudice Federale ha ampi poteri in materia di qualificazione giuridica del fatto contestato, ma siffatto potere deve essere esercitato secondo una prospettiva di rigorosa opzione ermeneutica che non deve mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati e contestati.

Sia consentita una metafora calcistica: il Giudice sportivo non può decidere quasi alla stregua di un VAR (video assistant referee), decidendo gli episodi rilevanti del fatto e della sua ricostruzione ai fini della correlata qualificazione giuridica, senza il successivo controllo del direttore di gara (in questo caso, senza la preventiva contestazione della Procura federale e limitando le prerogative della difesa).

E, in ogni caso, la penalizzazione di 15 punti apparirebbe poco comprensibile, se correlata alla violazione del principio di lealtà sportiva. Abnorme”.

 Secondo qualche commentatore il ricorso per revocazione proposto dalla Procura federale era inammissibile per violazione del ne bis in idem. Cosa ne pensa?

  Occorrerebbe conoscere gli atti e documenti del procedimento sportivo per rispondere ad una tale domanda.

Sul piano generale, della fattispecie, è possibile evidenziare come l’istituto della revocazione comporti di per sé un nuovo giudizio (che però può essere celebrato solo al ricorrere di “tassative” condizioni, anche di tempo) sulla medesima questione e sui medesimi fatti già oggetto di giudicato e, dunque, ontologicamente, non può tradursi nella violazione del suddetto principio. Attraverso il rimedio revocatorio, infatti, la Procura federale mirava ad ottenere una nuova valutazione del caso, che, però, può essere ammessa solo laddove possa superarsi la stringente fase rescindente, divenendo, così, possibile rivalutare, in sede rescissoria, il quadro probatorio ai fini della decisione di rimozione della precedente decisione sulla base di un nuovo, sopravvenuto quadro probatorio.

Non credo, dunque, si ponga un problema di violazione del ne bis in idem. In questa prospettiva lascia, invece, perplessi la dichiarazione di ammissibilità dell’istanza di revocazione proposta dalla Procura Federale. Voglio dire, prima ancora di discutere del merito delle contestazioni e della sussistenza o meno dell’illecito sportivo o economico-amministrativo contestato e della congruità e “ragionevolezza” della sanzione inflitta, lascia sorpresi che, in presenza di una mera richiesta di rinvio a giudizio (in sede penale) della Juventus e dei suoi amministratori e, dunque, senza ancora che vi sia un vaglio di un Giudice terzo sugli asseriti nuovi elementi di prova, la Corte Federale abbia giudicato ammissibile l’istanza di revocazione. A tal riguardo, leggendo i precedenti della giurisprudenza federale viene in evidenza come la Corte Federale abbia dichiarato inammissibili alcune istanze di revocazione proposte dalla Procura federale addirittura basate su una sentenza di condanna penale, mentre, nel caso di specie, siamo in presenza di un mero rinvio a giudizio ed il relativo processo penale deve essere ancora celebrato.

Occorre, allora, inevitabilmente, interrogarsi se questa decisione costituisca una rimeditazione, da parte della Corte Federale, del proprio, invero consolidato, orientamento o debba, invece, considerarsi un … “incidente” di percorso, tale, comunque, da non mettere in discussione l’assetto giurisprudenziale vigente in tema di revocazione”.

 Presidente, cosa intende quando si riferisce al problema di ammissibilità della istanza di revocazione.

  “La struttura del procedimento di revocazione disegnata dal codice di giustizia sportiva contempla il doppio momento, dell’ammissibilità e quello, ulteriore e successivo, della rescindibilità e possibile sostituibilità della pronuncia della cui rimozione si tratta. Nel procedimento per revocazione occorre, quindi, verificare l’attitudine dimostrativa delle nuove prove, congiuntamente alle prove del precedente giudizio, rispetto al risultato finale della revisione del giudizio. Ma, nel caso di specie, non sappiamo quali siano queste nuove prove sulla base delle quali la Corte ha ritenuto legittima ed ammissibile una rinnovazione (sempre eccezionale nel nostro sistema giuridico) del giudizio sportivo e se gli elementi acquisiti dalla Procura di Torino possono essere effettivamente considerate tali ai fini sportivo-disciplinari che in sede di giudizio sportivo rilevano, atteso che non è stato ancora celebrato il processo penale nel quale è compito del Giudice valutare la consistenza di prova degli elementi offerti dalla Procura”.

  Quali rimedi giuridici, contro la decisione, la Juventus ed i suoi dirigenti?

 “Sotto il profilo sportivo, del risultato sportivo e, quindi, della sanzione sportiva inflitta, è possibile proporre ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, che siede presso il CONI. Non si può che auspicare che il Giudice sportivo esofederale fornisca un indirizzo interpretativo certo, chiarendo definitivamente i confini dell’azione revocatoria in materia di giustizia sportiva, evitando, così, il rischio di un esorbitante pluralismo interpretativo con le intuibili ricadute sul principio della certezza del diritto”.

 Presidente, in conclusione, quali valutazioni sul piano generale si sente di rassegnare?

 “Il giurista sportivo non può che auspicare che questa decisione non mini le fondamenta del sistema di giustizia sportiva, fondate sul principio dell’autonomia dell’Ordinamento sportivo rispetto all’Ordinamento giuridico generale. Principio ribadito dalla legge e riconosciuto più volte dalla stessa Corte Costituzionale. Voglio dire, quale uomo di legge sono poco interessato alla sanzione in sé (pur ritenendo sempre preferibile, per stilare la classifica finale di un campionato, i risultati conseguiti sul campo, che quelli assegnati nelle aule di giustizia), mi preoccupano, appunto, più le ricadute della decisione sul piano dei rapporti tra ordinamento settoriale ed ordinamento dello Stato e, in via mediata, sull’assetto e gli equilibri del sistema della giustizia sportiva.

Viene qui in rilievo il nucleo della questione che, a mio avviso, rischia di intaccare la sostanza del giudizio sportivo, che va condotto sulla base (e in applicazione) delle norme federali e sportive, non già su quelle generali dettate dall’Ordinamento giuridico generale in funzione di altri processi.

La condotta di un soggetto appartenente all’ordinamento sportivo deve essere diversamente valutata a fini sportivo-disciplinari. La giurisprudenza sportiva ha sempre costantemente affermato che i comportamenti in contrasto con l’Ordinamento sportivo devono essere esaminati e valutati sulla base delle regole e delle forme di tutela previste dell’ordinamento sportivo medesimo. Si tratta di una logica conseguenza del principio dell’autonomia dell’Ordinamento sportivo, ossia della potestà che lo Stato riconosce al mondo dello sport di dotarsi, in via indipendente, di un impianto normativo e di una struttura valutativa che reagisca alla negazione dei valori dello sport.

In altri termini, l’Ordinamento sportivo deve perseguire le violazioni che si realizzano al suo interno con autonome regole in tema di valutazione dei fatti e della prova, che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’Ordinamento giuridico generale. In tale senso, lo stesso Collegio di Garanzia dello Sport, organo di vertice della giustizia sportiva italiana, ha affermato che il giudice sportivo, in piena autonomia rispetto a quello penale, può valutare in assoluta libertà gli elementi istruttori raccolti in sede giudiziaria ordinaria, indipendentemente anche dal rilievo penale dei fatti rappresentati o dal fatto che sia stata resa sentenza di condanna penale”.


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