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Nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani, la sessantaseiesima udienza del procedimento penale per la gestione dei fondi della Santa Sede, è fortemente caratterizzata e dominata dall’intervento durissimo di Luigi Panella, avvocato difensore del consulente finanziario della segreteria di Stato Enrico Crasso, che alla fine del suo intervento, dopo aver smontato le tesi dell’accusa sull’intero processo che vede coinvolto anche il cardinale Angelo Becciu, chiede per il suo assistito Enrico Crasso l’assoluzione piena da ogni imputazione, “perché il fatto non sussiste”, e nello stesso tempo chiede la revoca immediata del sequestro dei suoi fondi bancari in Svizzera.
“Gli inquisitori di Galileo avevano più elementi da cui partire: il sole sorge da una parte e tramonta dall’altra. Il Promotore di Giustizia contro Enrico Crasso non aveva assolutamente nulla. Questo processo nei suoi confronti si basa su elementi privi di ogni fondamento”.
Un colpo di teatro senza precedenti, ma soprattutto un’arringa alla vecchia maniera, di scuola carneluttiana, dove il diritto e la parola diventano una sola cosa e un solo ragionamento.
Non ha nessun dubbio l’avvocato Panella, e lo dimostra con i codici alla mano, assolutamente consapevole che questa sua richiesta farà da domani il giro del mondo, se non altro per la durezza dei toni usati contro la corte, per esaltare i principi giuridici del rispetto del processo: “Gli imputati non sarebbero stati messi nelle condizioni di difendersi dalle accuse mosse a loro carico e in questo contesto, l’unica risposta possibile da parte del Tribunale è quella di applicare la legge. E quindi di revocare l’ordinanza con cui erano state rigettate le eccezioni preliminari e azzerare tutto».
Non è per niente nuova questa tesi giuridica, che lo stesso avvocato Panella aveva già anticipato all’inizio del procedimento, oltre due anni fa, e allora respinta dal Tribunale.
Oggi torna tutto più attuale che mai, e nel giorno in cui sembrava di dover assistere alla solita udienza quotidiana di un processo che ha anche stancato l’opinione pubblica (divisa già dall’inizio su due fronti diversi, innocentisti a prescindere e colpevolisti a prescindere) ecco che la difesa di uno dei protagonisti di questo processo irrompe in aula con una tesi che sul piano giuridico sarà difficile da controbattere :”Questi temi inficiano il processo fin da prima dell’inizio – spiega il grande penalista romano –. Siamo al di fuori del Codice di Procedura penale, abbiamo fatto un processo diverso. Si è proceduto in maniera non conforme alla Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, cui anche il Papa è soggetto”.
Ma cosa significa tutto questo?
“Nel corso di questo processo -sottolinea l’avvocato Luigi Panella-si sono invece verificati plurimi interventi dell’attuale Pontefice, soggetto sovrano, attraverso propri provvedimenti singolari (“Rescripta”) che, in via del tutto eccezionale e ad causam - ossia solo per questa causa - e in deroga alle comuni regole del processo stabilite per legge, hanno modificato in senso ampliativo le facoltà e i poteri del Promotore di Giustizia su esplicita richiesta di quest’ultimo, a scapito della sfera di libertà degli imputati: provvedimenti peraltro adottati senza alcun preavviso e quindi senza contraddittorio, non pubblicati e rimasti segreti fino alla loro produzione in giudizio da parte del Promotore di Giustizia in data 29.06.2021, e sottratti al vaglio di ogni giurisdizione”.
L’avvocato Panella va avanti come un tir e spiega come tutto sia destinato a crollare davanti a quelli che lui chiama i quattro “Rescripta firmati da Papa Francesco”, ovvero i pareri emanati dal pontefice e aventi valore giuridico: “Il Codice di Diritto canonico – spiega il penalista- pone dei limiti anche ai Rescripta. Non si può andare dal Santo Padre a chiedere una cosa non conforme alla legge. Queste richieste sono contrarie alla legge”.
Morale della favola?
Va giù duro Lugi Panella: “I successivi Rescripta pontifici hanno confermato e addirittura ampliato i poteri d’indagine e coercitivi del Promotore di giustizia, consentendo a quest’ultimo di disporre intercettazioni telefoniche, ovvero nuovi e specifici strumenti di indagine non previsti dal codice di rito, e di utilizzarli contro gli imputati”.
Un processo, dunque pare di capire, che oggi rischia di dover ricominciare daccapo, o meglio un processo basato su troppe “bucce di banana” sparse per i corridoi vaticani. Da chi e perché, forse solo la storia dei prossimi decenni lo chiarirà fino in fondo e una volta per tutte.
Le dichiarazioni dell’avvocato Luigi Panella sono già “pietre pesanti” sul futuro del processo Becciu, “pietre” che non risparmiano neanche il ruolo del Pontefice.
“Il Pontefice, infatti, come sovrano temporale e supremo legislatore dello Stato della Città del Vaticano, è del tutto privo di una simile legittimazione. In tal modo, il potere temporale del Papa, sciolto da ogni forma di garanzia formale e procedurale, se privato anche dell’argine di un’effettiva tutela giudiziaria dei diritti, rischia di trasformarsi in un potere assoluto e privo di ogni possibilità di controllo”.
E qui il riferimento esplicito al grande carisma di Papa Benedetto XVI.
“Ne era ben consapevole il Santo Padre Benedetto XVI, principale artefice della svolta impressa in tal senso all’ordinamento vaticano, il quale, in relazione al processo promosso e già concluso nei confronti del suo cameriere personale, che aveva trafugato un gran quantità di documenti dalla sua abitazione nel palazzo apostolico, ebbe a dichiarare: “Per me era importante che proprio in Vaticano fosse garantita l’indipendenza della giustizia, che il monarca non dicesse: adesso me ne occupo io. In uno Stato di diritto la giustizia deve fare il suo corso. Il monarca, poi, può concedere la grazia. Ma questa è un’altra storia”.
Come dargli torto?
Ma il penalista va ancora oltre: “Tuttavia, i ripetuti interventi dell’attuale Pontefice in questo processo rischiano di rappresentare un pericoloso precedente in grado di incrinare la sostanziale affidabilità di cui ha goduto fino ad oggi la giurisdizione dello Stato della Città del Vaticano a livello internazionale e, con essa, anche gli interessi economici, e non solo, tutelati dalla clausola del foro vaticano”.
Tradotto in parole più semplici: “In ogni caso una simile concezione assolutista del potere in ambito temporale e del governo civile, risalente a un contesto storico ed ecclesiale assai diverso dall’attuale, appare oggi incompatibile con i principi dello Stato di diritto (rule of law) e, in ambito giudiziario, con quelli del giusto processo fissati dall’art. 6 della CEDU”.
C’è dell’altro. ”E’ grave dire, come ha fatto la parte civile Segreteria di Stato, che grazie al cardinale Angelo Becciu siano entrati i mercanti nel Tempio. Invece in Segreteria di Stato c'è la prova che, con l'arrivo di Becciu come Sostituto, non c'è stato alcun cambiamento nelle strategie degli investimenti rispetto a prima, quando si mettevano soldi ugualmente in fondi internazionali”.
Il fatto di essere ricorsi nel 2012 all'operazione di Credit Lombard, che doveva servire a reperire le risorse per il progetto petrolifero in Angola, poi finite invece nel palazzo di Londra, a giudizio della difesa di Enrico Crasso “è stata un'ottima soluzione per la Segreteria di Stato. È assurdo considerarlo uno strumento ad alto rischio”.
Il legale di Crasso ha fatto riferimento a quello che lui stesso in aula ha definito "mancato rispetto", da parte del promotore nelle sue indagini, delle indicazioni dell’articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, “alla quale la Santa Sede ha aderito sottoscrivendo la Convenzione monetaria con l’Unione Europea”, e consentendo all’accusa di selezionare a suo piacimento gli atti da consegnare alle difese, per il legale dell’imputato, e riempiendoli di omissis, “si sarebbe violata la Convenzione europea sui diritti dell’uomo”.
Questo, conclude il penalista difensore di Crasso, “è un processo storico: saremo giudicati per quello che diremo e per quello che faremo”.
Ma chi è oggi il nemico numero uno del promotore di giustizia in Vaticano?
Dopo una laurea brillantissima alla Luiss con una tesi sulla “Frode fiscale”, dal 2006 Luigi Panella è titolare dello Studio Legale Panella, Roma, via IV Novembre 96. Ha assistito primaria clientela in ambito nazionale e internazionale, in tematiche relative al diritto penale commerciale, ai reati ambientali, ai reati contro la Pubblica Amministrazione e contro il patrimonio. E’ stato difensore in numerosi procedimenti penali di rilievo nazionale, tra i quali: processi per bancarotta fraudolenta in esito alla liquidazione coatta amministrativa dell’EFIM e di società del gruppo EFIM; processo per bancarotta fraudolenta relativa alla CIRIO e alle società del gruppo CIRIO; processo per bancarotta fraudolenta relativa alla Compagnia di Assicurazioni TIRRENA; processo nei confronti di esponenti di BLU Spa per presunta turbativa di incanti relativa all’asta di licenze UMTS; processo per disastro aereo colposo relativo all’incidente di Zurigo-Kloten del 1990; processo Federconsorzi; processo ENIMONT; processo per il sequestro di Abu Omar; processo per i c.d. “dossier illegali” Telecom etc..
Oggi Luigi Panella è coordinatore e docente dell’area di diritto penale e procedura penale presso la Scuola forense “Vittorio Emanuele Orlando” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Ma è anche Presidente dell’Organismo di Vigilanza previsto dal Decreto Legislativo n. 231/2001 del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi. Un osso duro, si direbbe al cinema.