Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
Il grande artista calabrese, globetrotter per scelta, invitato ad esporre le sue opere al Louvre, torna oggi in Calabria per una mostra antologica che riempie il nutrito programma culturale di Taurianova Capitale Italiana del Libro.
Il grande artista calabrese, globetrotter per scelta, invitato ad esporre le sue opere al Louvre, torna oggi in Calabria per una mostra antologica che riempie il nutrito programma culturale di Taurianova Capitale Italiana del Libro.
Per una notte Taurianova, Capitale del Libro, diventa anche Capitale dell’arte sacra e della pittura paesaggistica moderna, grazie ad una rassegna antologica che il sindaco di Taurianova Rocco Biasi, ha voluto dedicare a Mimmo Morogallo, uno degli artisti calabresi oggi più conosciuti al mondo per via delle sue tele dedicate ai paesaggi e alle tradizioni del Sud. È stata quella di ieri sera una sorta di festa di compleanno per i suoi primi 85 anni, interamente vissuti on the road come i grandi poeti e i grandi cantastorie del mondo. Piena di appunti critici e di dettagli storici e artistici la prolusione iniziale di Giuseppe Livoti, critico d’arte, e soprattutto autorevole Presidente dell’Associazione Le Muse di Reggio Calabria. Così come piene di entusiasmo e di ammirazione per le sue opere sono state le conclusioni dell’assessore alla cultura del comune Maria Fedele, dopo la proiezione di un documentario curato per l’occasione dal giornalista Pietro Melia, storico inviato speciale della RAI in Calabria.
“Era il 23 settembre del 1939- racconta l’artista- quando venni alla luce, ignaro delle leggi razziali, dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e di tutte le tragedie che ne sarebbero conseguite, e nascevo in una casa a pochi metri da un mare dai colori azzurro e turchese. C’era tanto sole sempre, e i tramonti sembravano dipinti da un esperto pittore impressionista che mescolando il giallo cadmio e una varietà di rosso otteneva un viola irripetibile altrove”.
Guai a chiedere a Mimmo Morogallo un giudizio estetico sulla sua pittura, vi risponderà in questo modo: “Io mi definisco un pittore impressionista moderno, anche perché ho studiato Renoir, Cèzanne e Van Gogh. Ma strada facendo mi sono creato tecniche tutte mie. Il mio forte sono i ritratti, dove uso la tecnica della velatura. Ho studiato la tecnica del ritratto in Spagna con Luis Del Cierro, e devo riconoscere di aver fatto la cosa più giusta di quella mia stagione artistica. Mi ha ispirato molto la vita di San Francesco da Paola, ma forse è nata proprio da qui la mia passione per la pittura sacra. La mia è una pittura molto istintiva, ma anche riflessiva. Ho fasi di lavoro alterne, immediate, forti, veloci, ma poi mi capita di avere dei ripensamenti, e quindi tutto si rallenta. A un certo punto l’immagine sfugge, certe parti dei miei lavori perdono la definizione, con stratificazioni, cancellature, riaggiustamenti, che sono veri e propri ripensamenti. Ma tutto questo mi permette di coprire una parte di immagine quando non funziona. Come faccio a spiegarlo? Posso toglierla senza toglierla, non eliminandola ma facendola diventare altro. E la cosa che mi piace di più in questo mio lavoro è realizzare grandi tele, quadri di grandi dimensioni, perché poi io li guardo e mi commuovo, mi perdo nelle mie stesse immagini, è come se mi sentissi parte integrante del quadro che ho appena finito di realizzare. E per dare il meglio di me stesso uso solo colori a olio, perché un pittura più lenta, che mi permette di stratificare, di dipingere una cosa sull’altra e di poterlo fare con il tempo necessario che mi aiuta a sedimentare il mio progetto originario. Ma ho anche un colore preferito, che è il bordeaux, un colore molto forte, espressivo, di grande carisma e di grande impatto visivo”.
-Maestro, cosa le ha insegnato questa vita on the road
“Mi ha allargato gli orizzonti. Mi ha permesso di vivere realtà sociali completamente diverse dalla nostra, o comunque dalla vita che allora avevo vissuto fino ad allora. Mi ha permesso di parlare con il resto del mondo, e soprattutto mi ha permesso di farmi sentire a mio agio dovunque mi capitasse di arrivare o di soggiornare. Il mondo, che da bambino mi sembrava enorme, impossibile da conoscere e irraggiungibile, come d’incanto era diventato la mia nuova casa”.
-Una vita sul mare e per il mare?
“Molto di più. Ma c’era un perché. Mio nonno, tornato dalla guerra nel 1945, con l’aiuto economico di mia nonna Soccorsa, comprò un piccolo bastimento a vela e a motore che chiamò Sant’Antonio. E con quel motoveliero iniziò così a navigare da Gioia Tauro verso Messina, le isole Eolie e dintorni. Io sognavo continuamente di seguirlo per mare e dopo la quinta elementare, per premio, chiesi a mio padre se nei mesi estivi potevo andare con lui per mare”.
-Quale fu la risposta di suo padre?
“Mi disse di sì subito, e io entrai a far parte dell’equipaggio assieme a due giovani marinai e mio padre, che era capitano e motorista”.
-Lei ha viaggiato continuamente per il mondo e ha lavorato molto anche sulle grandi navi da crociera. Che ricordi conserva?
“I transatlantici di un tempo, per me che ero giovanissimo, erano vere e proprie città galleggianti. Ricordo che la sera truccavo i passeggeri per le feste di gala. A Bordo ogni sera era una festa diversa e truccare centinaia di persone non era una cosa semplicissima. Ma io ero diventato così bravo che alla fine nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di affidarmi un incarico diverso. Mi chiesero anche di disegnare le scenografie del teatro di bordo e di immaginare dei festoni sempre nuovi e diversi per le feste di compleanno a bordo. Un rito che sulle grandi navi da crociera sopravvive ancora oggi a distanza di mezzo secolo. Tutto questo però alla fine mi ha portato a contatto diretto con personaggi di vario genere e di varia estrazione sociale. Molti erano critici d’arte, molti altri erano artisti affermati, famosi, ma molti erano anche giornalisti di grido. A quel tempo in crociera ci andava solo un certo ceto medio alto. Erano gli inizi degli anni ’60 e ricordo che quando provai a realizzare per la prima volta sul ponte di comando uno dei miei bassorilievi di sabbia fu un successo strepitoso. La gente a bordo faceva a gara per guardarmi lavorare la sabbia umida e per farsi poi fotografare accanto alle mie opere. All’inizio ebbi io stesso difficoltà a capire cosa realmente muovesse tutta quella gente verso il mio lavoro a bordo”.
-Di quali navi parla?
“Dei transatlantici più belli di quegli anni, sono gli anni Sessanta, il Leonardo da Vinci, per esempio. Era un transatlantico utilizzato a partire dal 1960 per sostituire l'Andrea Doria, affondato quattro anni prima, nel servizio di linea passeggeri dall'Italia verso gli Stati Uniti. Dopo la sua prima crociera nel Mediterraneo, ricordo la nave salpò da Genova per il suo primo viaggio per New York con scalo a Napoli e Cannes, diventando l'ammiraglia della Flotta italiana di linea e ammiraglia della società Italia di Navigazione. Parliamo di una nave che aveva tradizionalmente a bordo i grandi personaggi dell’epoca”.
-Si ricorda qualche nome?
“Come potrei dimenticarli mai? Parliamo di Paul Newman, Gloria Swanson, Zachary Scott, dello scrittore Gore Vidal, e se non ricordo male nell'aprile del 1976 il cantante inglese David Bowie viaggiò a bordo della Leonardo da Vinci in rotta da New York a Genova, per poi proseguire verso Monaco per la prima data europea dell'Isolar – 1976 Tour. Ma insieme al Leonardo da Vinci c’erano anche il Michelangelo e il Raffaello, dio mio che navi grandi, bellissime, di gran lusso, il fiore all’occhiello della nostra flotta marinata nel mondo”.
-Se io oggi le chiedessi di farmi un nome soltanto dei tantissimi scrittori conosciuti in giro per il mondo, lei cosa mi risponderebbe?
“Senza dubbio, Leonida Repaci. Fu un incontro magico per me, che finalmente conoscevo da vicino il più grande calabrese vivente, a quei tempi Repaci era questo e molto altro. E ricordo che ascoltarlo parlare, seguirlo mentre lui stava da solo a passeggiare, o aspettare che venisse dalla mia parte per risalutarlo ancora era diventata quasi la mia ossessione. E dal modo come la gente che aveva intorno lo trattava capii che era un personaggio di spessore internazionale. Solo dopo tanti anni dopo seppi che sarebbe venuto a morire nella sua terra di origine e nella sua casa, la Petrosa, a piombo sulla Costa Viola”.
Ieri sera a Taurianova per il grande artista di Gioia Tauro è stato un ennesimo trionfo. Grazie al sindaco Rocco Basi e all’assessore alla cultura Maria Fedele, la Capitale del Libro gli ha riservato una festa solenne, la festa del figliol prodigo, che da domani però lascerà di nuovo il mare di Calabria per tornare a Milano, dove ormai vive stabilmente da anni, attorniato dai nipoti “che sono il mio futuro e da tantissimi amici mai persi lungo la strada della vita”. La sua mostra antologica,35 le tele esposte nel cuore della Biblioteca, rimarranno invece in esposizione ancora per due settimane.