Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
Tra le richieste stanziare le risorse per il Pnacc, attuare il Pan, sostegni alle aree marginali, sviluppo dell’agrivoltaico, una legge per fermare il consumo di suolo, le agromafie e l’agropirateria.
Tra le richieste stanziare le risorse per il Pnacc, attuare il Pan, sostegni alle aree marginali, sviluppo dell’agrivoltaico, una legge per fermare il consumo di suolo, le agromafie e l’agropirateria.
L’agricoltura è il grande oro dell’Italia. Eppure, è sempre più a rischio e fragile, schiacciata da scelte politiche miopi e dagli effetti della crisi climatica. È quanto denuncia Legambiente che oggi al VII Forum nazionale sull’agroecologia circolare, fa un punto su “contrappesi e pesi” del comparto agricolo, indirizzando all’Europa e all’Italia tredici proposte che hanno al centro la bussola dell’agroecologia. I dati parlano chiaro: nel 2024, stando ai dati ISTAT, l’agricoltura italiana ha conquistato il primato europeo per valore aggiunto, superando i 42 miliardi di euro (+9% rispetto al 2023). A contribuire al valore del settore agroalimentare ci sono 583 prodotti DOP (Denominazione di Origine Protetta) e 266 prodotti IGP (Indicazione Geografica Protetta), per un totale di 853 prodotti agroalimentari. Nella Penisola cresce il biologico: stando agli ultimi dati disponibili Sinab 2024, il bio rappresenta ormai oltre il 20% della SAU nazionale, vicino al target del 25% previsto dal Green Deal europeo al 2030. Sempre più giovani decidono, inoltre, di lavorare nel comparto agricolo puntando su qualità e sostenibilità, a testimoniarlo anche gli oltre 200 Ambasciatori dell’Agroecologia, di cui 11 nel 2025, premiati in questi anni da Legambiente. Numeri e storie che ben raccontano un settore strategico per il Paese, che però si trova a fare i conti anche con numerose difficoltà e dove la strada che viene indicata è il più delle volte quella della quantità e non della qualità.
Pesi e ritardi A pesare sull’agricoltura, ci sono gli effetti della crisi climatica ma anche un modello di gestione intensivo e poco sostenibile. Siccità e alluvioni, spostamenti degli areali colturali e perdita di produttività stanno ridisegnando la geografia agricola italiana. Gli studi scientifici confermano che diverse colture tipiche mediterranee stanno già subendo stress termici e spostando le zone di vocazionalità verso Nord e verso altitudini maggiori. Sul fronte zootecnico, le importazioni di foraggi e mangimi dall’estero – soprattutto soia e mais – restano eccessivamente elevate. Pesano i ritardi nel ridurre i carichi emissivi e la densità dei capi, nel promuovere il benessere animale e una dieta verso un minor consumo di carne, privilegiando la qualità al posto della quantità. Sull’agricoltura pesano anche le scelte politiche miopi: per Legambiente preoccupano le recenti misure del pacchetto semplificazioni e gli indirizzi della nuova PAC che hanno come obiettivo non dichiarato l’indebolimento degli standard ambientali in ambito agricolo e in materia di uso dei pesticidi, aprendo alla possibilità di deroghe per l’impiego di sostanze non autorizzate. Così come a livello nazionale pesano i ritardi sulla mancata attuazione del PNACC, ad oggi mancano le risorse per attuare il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che include anche misure anche per l’agricoltura, e quella del PAN (Piano d’Azione Nazionale) sull’uso sostenibile dei fitosanitari la cui ultima stesura risale al 2014.
Aziende medie piccole in sofferenza: Intanto negli ultimi 38 anni sono scomparse due aziende su tre e la dimensione media è più che raddoppiata, aprendo la strada a una forte concentrazione fondiaria (dati ISTAT). In questo scenario, Legambiente ricorda che l’80% delle risorse PAC continua a finire al 20% delle aziende, mentre su 100 euro spesi dal consumatore solo 1,5 euro arrivano all’agricoltore (ISMEA). È così che interi territori — in particolare quelli collinari e montani — si spopolano, perdendo presidi agricoli e ambientali cruciali, lasciando spazio all’abbandono ed al dissesto idrogeologico.
13 proposte all’Europa e all’Italia: Di fronte a questo quadro, Legambiente indirizza oggi tredici proposte, otto all’Italia e cinque all’Europa. Al Governo Meloni Legambiente chiede: 1) lo stanziamento delle risorse per attuare il PNACC in agricoltura; 2) l’approvazione di una legge nazionale per fermare il consumo di suolo; 3) Un piano strutturale per sostenere le imprese agricole e zootecniche delle aree interne e montane; 4) Un piano nazionale per il biologico e per la ristorazione collettiva, con misure volte a sostenere il settore, colmare il significativo divario tra domanda e offerta, fornire incentivi per le mense pubbliche biologiche, sgravi fiscali e una riduzione dell’IVA sui prodotti bio, accompagnato da una strategia incisiva per moltiplicare i biodistretti da Nord a Sud. 5) Un piano per sviluppare agrivoltaico e biometano di qualità definendo regole chiare, iter autorizzativi capaci di rispondere in tempi adeguati alle urgenze poste dalla sfida climatica, criteri ambientali rigorosi e incentivi premianti per quei progetti agricoli che aumentano resilienza, reddito e tutela del suolo. 6) l’approvazione di una legge sulle agromafie e l’agropirateria, intensificando i controlli sullo sfruttamento e sul caporalato in agricoltura e introdurre norme specifiche contro i pesticidi illegali, rafforzando controlli, tracciabilità e sanzioni lungo l’intera filiera. 7) Attuare in modo immediato e rafforzato il PAN (Piano d’Azione Nazionale) sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari — la cui ultima stesura risale al 2014 — prevedendo obiettivi vincolanti, monitoraggi capillari e strumenti di accompagnamento per le aziende agricole. Obiettivo: raggiungere il -50% di pesticidi entro il 2030, come indicato dalla strategia europea Farm to Fork. 8) approvare al più presto il DPR sul riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura.
All’Europa l’associazione ambientalista chiede di: 1) rimettere al centro del Green Deal Europeo le strategie europee Farm to Fork e Biodiversity 2030; 2) definire una nuova PAC che premi davvero la qualità e le buone pratiche per l’ambiente ed il clima, abbandonando una logica basata sulla quantità e su modelli intensivi che impoveriscono territori e redditi; 3) mettere in campo un “Blue Deal” europeo per l’acqua con investimenti e regole comuni per promuovere colture meno idroesigenti, pratiche colturali come rotazione e consociazione per contrastare la monocoltura, il ripristino della fertilità dei suoli, tecniche di irrigazione efficienti, infrastrutture verdi, il riutilizzo delle risorse idriche e il sostegno all’adattamento degli areali agricoli. 4) Avviare un percorso europeo di uscita dal glifosato — il cui utilizzo, nonostante i comprovati effetti negativi sugli ecosistemi e sulla nostra salute, è stato prorogato per altri dieci anni, mentre alternative sostenibili come l’acido pelargonico continuano a incontrare grandi difficoltà autorizzative — e dai neonicotinoidi, dannosi non solo per l’uomo ma anche per gli insetti impollinatori. 5) Così come serve una norma europea più severa e vincolante sul multiresiduo — ovvero la presenza simultanea, nello stesso alimento, di più residui di pesticidi diversi, che possono interagire tra loro amplificando gli effetti sulla salute e sugli ecosistemi — accompagnata da limiti più cautelativi e da un piano obbligatorio di monitoraggio trasparente in tutti i Paesi membri.
“L’unica strada per garantire resilienza, qualità, sostenibilità, competitività e futuro all’agricoltura italiana – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è quella dell’agroecologia. L’Europa e l’Italia partano da questo caposaldo, ricordando che conciliare agricoltura e transizione energetica è possibile. Agrivoltaico e biometano se ben progettati rappresentano una leva decisiva per rafforzare il reddito aziendale, aumentare la capacità di adattamento climatico ed evitare le gravi perdite produttive dei raccolti. Il governo modifichi l’articolo 5 del Decreto Agricoltura che vieta il fotovoltaico a terra, anche dove potrebbe essere utilizzato come i terreni inquinati o che non sono mai stati produttivi, e approvi al più presto una legge contro il consumo di suolo che il Paese attende da troppi anni. È inaccettabile, infatti, che nuovi investimenti su poli logistici, data center, autostrade, aree residenziali o produttive continuino, indisturbati, a consumare suolo agricolo, che, contrariamente a quanto succederebbe coi pannelli fotovoltaici, perderemmo in modo permanente”.
“L’agricoltura italiana – dichiara Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura di Legambiente – o sceglie con coraggio la strada dell’agroecologia oppure continuerà a rincorrere un modello intensivo che negli ultimi decenni ha prodotto impoverimento dei territori, crollo del reddito agricolo e vulnerabilità crescente di fronte alla crisi climatica. Al Governo Meloni e all’Europa chiediamo scelte lungimiranti per abbinare al made in Italy l’agroecologia ed essere più capaci di rispondere alla sfida climatica e più competitivi, a partire da una nuova PAC coraggiosa, che premi la qualità e non la quantità e che sia coerente con gli obiettivi delle strategie europee Farm to Fork, Biodiversity 2030 e del Green Deal. Occorre inoltre promuovere la qualità e la sostenibilità delle filiere agroalimentari e frenare agricoltura e zootecnia intensive, accelerare il ripristino di norme ambiziose sulla riduzione dei pesticidi, pianificare investimenti nelle aree interne e marginali, nelle misure agroecologiche e nel biologico”.
Premio Ambasciatori dell’Agroecologia 2025: Legambiente ha premiato oggi 11 Ambasciatori dell’Agroecologia, il riconoscimento che assegna a quelle realtà agricole che incarnano in modo esemplare i principi dell’agroecologia, della tutela della biodiversità, dell’innovazione sociale e della cura dei territori. In Umbria, BUBO Social Farm trasforma orti biologici e fattorie didattiche in strumenti di inclusione, grazie a percorsi di ortoterapia e attività con gli animali per le persone fragili. Un approccio sociale che trova un’eco in Puglia con la cooperativa Qualcosa di Diverso, impegnata a rigenerare 50 ettari confiscati alla criminalità organizzata attraverso agroecologia, lavoro comunitario e produzioni biologiche. L’agricoltura rigenerativa guida le scelte di diverse aziende: in Campania Tenuta Principe Mazzacane alleva capre cilentane e produce formaggi biologici in equilibrio con agrobiodiversità e benessere animale; in Toscana Fattoria Triboli unisce olivicoltura, pascolo razionale, biofertilizzanti e un’importante attività educativa; nelle Marche Nevola Naturae combina colture biologiche, vigneti recuperati e progetti per le scuole, sostenendo il valore delle aree interne. Tradizione, innovazione e gestione sostenibile caratterizzano invece la Azienda Agricola Bio Ferrarini in Emilia-Romagna, impegnata in un’agricoltura biologica e biodinamica che migliora la fertilità del suolo; Tenuta Morganti in Abruzzo, guidata da due sorelle under 30, e dove vigneti, ulivi, bosco, lago e apiario formano un ecosistema integrato alimentato a energia solare; e l’Azienda Agricola Radica in Calabria, che coltiva mele autoctone e piante officinali, senza diserbanti e tecniche di agricoltura sostenibile. Il valore educativo e la tutela della biodiversità emergono anche nel Lazio con il progetto Macerbe di Arianna Salvi che ad Amatrice riporta l’attenzione sulle erbe spontanee come strumenti di rinascita, riscoprendo il valore del paesaggio naturale; e in Veneto con S’Infiora Fattoria Bio che produce miele biologico e propone percorsi educativi sulla vita delle api e sull’importanza degli ecosistemi. Infine, in Molise, Agrialba dove la produzione di formaggi a latte crudo, olio da varietà locali, galline all’aperto, orto rigenerativo, conserve biologiche e autonomia energetica convivono con attività educative come Alba Experience e la Scuola Rurale.
Il VII Forum Agroecologia Circolare di Legambiente rappresenta una tappa del percorso associativo volto a promuovere un Clean Industrial Deal Made in Italy.
APPUNTAMENTI IN AGENDA