G7, il mondo della scuola, Italia in testa alla classifica

Due rinnovi contrattuali in un anno e mezzo nel Mim, il più grande datore di lavoro d’Italia.

(Prima Pagina News)
Mercoledì 14 Agosto 2024
Roma - 14 ago 2024 (Prima Pagina News)

Due rinnovi contrattuali in un anno e mezzo nel Mim, il più grande datore di lavoro d’Italia.

Di Anna Maria De Luca

L’Italia ha scoperto oggi di essere, tra tutte le economie del G7, il Paese dove più cresce il reddito familiare reale pro capite. Lo ha certificato l’Ocse stesso che, nel registrare da noi l'aumento più forte (3,4%), ne spiega anche i motivi: l'aumento della retribuzione dei dipendenti e dei trasferimenti sociali. Considerato che il Ministero dell’Istruzione e del Merito è il più grande datore di lavoro d’Italia, è evidente che se si parla di stipendi degli italiani, la scuola fa la parte del leone. Difficile trovare una famiglia italiana dove non ci sia un docente o un assistente amministrativo o un dirigente scolastico.

Quando si tratta di rinnovi contrattuali l’attenzione va, in modo naturale, all’aumento dei salari ma la storia della scuola italiana ci dimostra quanto non solo i rinnovi contrattuali ma anche il loro ritmo sia incisivo per la vita di un Paese. Il nuovo contratto per docenti e Ata è in Gazzetta Ufficiale dall’8 febbraio, quello per i dirigenti scolastici è di pochi giorni fa, il  7 agosto. Il dato interessante però, oltre agli aumenti di stipendio ed ai nuovi permessi per rendere più agevole l’equilibrio tra scuola e lavoro, è che entrambi i CCNL si riferiscano al periodo 2019 – 2021. In altre parole, si sta correndo per colmare i ritardi dei precedenti Governi ed allineare finalmente i salari ai contratti nell’anno di riferimento. Infatti, appena firmati i due CCNL, il Ministero si è messo subito al lavoro per il contratto successivo.

Gli aumenti riguardano tutto il personale della scuola: 700mila docenti, 8mila dirigenti scolastici e circa duecentomila assistenti amministrativi (per l’anno scolastico 2024-2025 sono 196.495 i posti Ata in organico di diritto). Circa 124 euro in più al mese per i docenti, 190 euro per i direttori amministrativi, 260 euro per i dirigenti scolastici, importanti stanziamenti per i mentor, per l’orientamento, passa da 194,80 euro a 304,30 euro al mese la Retribuzione Professionale Docenti (RPD), arriva a 87,50 euro il Compenso Individuale Accessorio (CIA) per gli Ata, eccetera eccetera. “Troppo poco” commenterà qualcuno, pensando alla propria fatica a scuola. È impagabile il lavoro che si svolge in classe, senza dubbio, ma è necessario avere realismo ed onestà intellettuale: considerato l’esercito di persone che lavorano a scuola neanche una finanziaria basterebbe per accontentare tutti nel modo in cui si vorrebbe. Le cifre che Valditara è riuscito a tirar fuori sono obiettivamente importanti.

In Italia non è mai stato facile per un ministro dell’Istruzione ottenere i fondi necessari per il sistema scuola. Abbiamo visto, in passato, ministri dimettersi per l’impossibilità di ottenere in legge di bilancio i tre miliardi chiesti per la scuola e l’università. Sono altre le cifre di cui parliamo oggi: tre miliardi di euro Valditara li ha messi solo per l’aumento degli stipendi dei docenti nel nuovo contratto (che dovrebbe essere di circa 160 euro mensili, a cui bisogna aggiungere il taglio del cuneo fiscale). Non c’è nulla di scontato in tutto questo. A parole, per i partiti di tutto l’arco parlamentare, la scuola è l’asse del Paese. Ma quando si va al Governo e si tratta di investire, le priorità spesso diventano altre e il ministero dell’Istruzione diventa la Cenerentola del Paese. Che Valditara riesca a portare nel sistema scuola tutti i milioni di euro che ha messo in campo significa che il MIM è oggi un Ministero forte, non è più la Cenerentola del Paese, così come l’Italia non è più fanalino di coda nei Paesi del G7. Che non sia una coincidenza è dimostrato dagli studi che correlano il livello di istruzione di un Paese al suo PIL.

E comunque, tornando ai rinnovi dei contratti, guardare solo alla sostanza economica comporta il rischio di sottovalutare un elemento altrettanto importante: la volontà di invertire la rotta. Puntare ad un nuovo contratto del personale della scuola entro fine 2024, come affermato dal ministro, significa mettere in campo un secondo rinnovo contrattuale nel giro di un anno e mezzo. Non si era mai visto prima e non è solo questione di soldi: è anche questione di rispetto delle professionalità perché dietro ai numeri, anche a quelli che definiscono i salari, ci sono le persone, con le loro emozioni, i loro impegni, i propri talenti, il proprio valore.   


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Prima Pagina News

contratti
G7
PPN
Prima Pagina News
scuola

APPUNTAMENTI IN AGENDA

SEGUICI SU