Gianni De Michelis, il suo vero ritratto in due libri appena freschi di stampa

Fu il primo a ipotizzare la fine del potere sovietico e la caduta del muro di Berlino, in anni non sospetti.

di Maurizio Crovato
Giovedì 20 Giugno 2024
Roma - 20 giu 2024 (Prima Pagina News)

Fu il primo a ipotizzare la fine del potere sovietico e la caduta del muro di Berlino, in anni non sospetti.

Gianni De Michelis, è morto esattamente 5 anni fa, dopo una lunga malattia. Ora due libri lo ricordano, anzi lo celebrano. Il primo è del giornalista del Corriere, Paolo Franchi, 75 anni, che lo conosceva molto da vicino. “L’ irregolare - Una vita di Gianni De Michelis”, questo il titolo. Editore Marsilio. Il secondo: “Gianni De Michelis - Memoria di un socialista riformista”, Piemme Mondadori, con premessa del figlio Alvise. Si tratta di una autobiografia, compilata tra il 2012-2015, dove il politico italiano, vice di Bettino Craxi, già ministro Partecipazioni Statali, al Lavoro e infine agli Esteri (negli anni bollenti 1989-92) fa una sua memoria storica dagli anni Sessanta ai nostri giorni.

 

Con tristi considerazioni finali sul futuro dell’Europa e dell’Italia. Prima che la malattia, neurodegenerativa, gli bloccasse la memoria.

 

Sono due libri interessanti per capire meglio la storia del ‘900. Ovvero da quando nel 1960 (non ancora ventenne, prende la tessera del Psi, nella storica sede di San Barnaba a Venezia). Fino al 1993, quando ricevette dal pool di Mani Pulite, ben 34 avvisi di garanzia, conclusi con una condanna (patteggiata) a 18 mesi per le tangenti sugli appalti autostradali in Veneto. “Tutto si può dire di me - scriverà nelle conclusioni - tranne che la mia esistenza, non sia stata interamente dedicata al sacro fuoco della politica. La mia è stata una vita integralmente e profondamente carica di impegno per il Paese”.

 

“Avanzo da balera”, lo definì con perfida ironia il giornalista Enzo Biagi. “L’onto e Deme-i-schei”, lo scherniva provocatoriamente, il popolino veneziano durante il corteo delle autorità durante la Regata storica del 1987. Era in gondola con il sindaco di Venezia, Nereo Laroni, socialista, amico d’infanzia. Da quell’anno la parata dei politici in barca, in Canal Grande, venne abolita.

 

“Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”, direbbe Alessandro Manzoni.

 

Eppure, furono molte le intuizioni del giovane politico. Appena ventinovenne, nominato assessore all’Urbanista con la Giunta Favaretto Fisca, fu il primo in Italia a creare i piani particolareggiati. Dopo “l’acqua granda” del 1966 ipotizzò una legge speciale per Venezia. Il Mose potrebbe portare in suo nome. Nel 1973, ricorda con affetto, “mi alzavo di buonora per distribuire volantini tra gli operai di Portomarghera. Il Psi vinse clamorosamente le elezioni al Consiglio di fabbrica del Petrolchimico”. Allora dominio incontrastato del Pci e dell’estrema sinistra.

 

Fu il primo a ipotizzare la fine del potere sovietico e la caduta del muro di Berlino, in anni non sospetti. Da ministro degli Esteri, organizzò in anteprima europea, l’accordo con Pechino, preconizzando che la Cina Popolare, sarebbe diventata la prima potenza economica mondiale negli anni a venire.

 

La definizione “giacimenti culturali italiani come il nostro petrolio”, sbalordì musei ed archivi di Stato. Ipotizzò il “Corridoio 5 europeo” da Barcellona a Kiev. E venne giudicato un visionario. Sua l’idea di creare la comunità Alpe-Adria, con Austria, Slovenia, Croazia e Italia. Più contrastata, invece, quando era ministro del Lavoro del governo Craxi, l’abolizione della scala mobile nel 1984. Ma vide lontano sostenendo che l’enorme debito pubblico ci allontanava dall’Europa. L’Aspen Institute Italia, fu una sua creatura.

 

“Era un irregolare in tutto”, ricorda il giornalista Paolo Franchi. In una sola parola, uno scomodo. Ma la storia-storia del secolo successivo alla fine gli renderà giustizia. Più critico il figlio Alvise, oggi ultracinquantenne, che rimprovera al papà una vita troppo libertina e l’abbandono della famiglia. Il suo comunque è un lucido giudizio: “Intellettualmente e politicamente, un presbite: innovativo, visionario, vedeva il futuro, ma spesso non capiva le persone in carne e ossa che aveva davanti a sé. Umanamente, un uomo affettuoso, capace di perdonare, privo di qualsiasi istinto proprietario, padronale. Viveva nel presente e, dopo la caduta, soffriva in silenzio. Non teneva in considerazione il denaro, se non per la politica. È morto povero”.

 

Io ho un ricordo triste di Gianni De Michelis, ammalato, degente al San Camillo agli Alberoni. Era in pigiama, un po’ trascurato, ci salutò dall’ascensore, rinvangando il comune passato con l’associazione remiera Settemari. Un ricordo del 1983 durante una cena sociale con gli amici Alfredo Borsato e Paola Zambon. Non era certo un rancoroso. Durante un improvvisato viaggio in macchina, a causa dello sciopero dei treni, assieme da Roma-Saxa Rubra a Venezia, parlammo della celebre notte dei Pink Floyd a Piazza San Marco, il 15 luglio 1989. “Rovinato da voi giornalisti della Rai e dallo sciopero del tutto politico, fatto dai netturbini, il giorno dopo, quando la città era strapiena di immondizie”. Per fortuna non degenerato in spiacevoli incidenti vista la presenza di oltre 200 mila ragazzi e tanti con il sacco a pelo. Fu uno spettacolo in mondovisione con oltre 100 milioni di telespettatori. Un evento epocale. “Ma fu la morte del mio progetto Expo 2000 - mi ricordò senza astio - come non è vero che chiesi al filosofo Massimo Cacciari di mettersi in politica con noi e la sua velenosa risposta: ‘sono ricco di famiglia’, mai sentita”.

 

Nelle “Memorie di un socialista riformista” c’è un grande rammarico. La vera storia di Mani Pulite prima o poi verrà fuori. Da Sigonella, ovvero la vendetta americana, alle Coop Rosse. Tutti i partiti ricevevano finanziamenti irregolari.

 

Cinque sparirono con la seconda Repubblica (Dc, Psi, Pri, Pli, Psdi), solo uno si salvò.

 

Oggi, l’ex senatore Pd, Giovanni Pellegrino, presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere nell’anno cruciale 1992, ammette sul Corriere della Sera, “che tutti i segretari politici erano a conoscenza dei fondi illeciti”. Nessuno escluso.

 

Non è mai troppo tardi. Dall’aldilà “l’avanzo da balera” si risistema il ciuffo ribelle di capelli. Senza astio.


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