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Il 23% dei casi di mortalità è dovuto a malattie come Hiv-Aids, malaria, anemie e diabete.
Il 23% dei casi di mortalità è dovuto a malattie come Hiv-Aids, malaria, anemie e diabete.
Nel mondo, ogni due minuti una donna muore per gravidanza o parto. Secondo l'ultima stima disponibile all'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel 2020 sono stati riscontrati 287mila decessi.
I tassi di mortalità più elevata si riscontrano nei Paesi dell'Africa Subsahariana, dove il rischio che una donna muoia di gravidanza o parto è di 1 a 37, mentre in Europa il rischio si riduce a 1 caso ogni 600 donne. In più, i figli di madri africane hanno 10 volte più probabilità di morire entro il loro primo mese di vita, rispetto ai bambini che nascono nei Paesi più ricchi.
In Italia, invece, la mortalità materna dal 2011 al 2019 si è ridotta da 11 a 8,3 decessi ogni 100 mila nati vivi, con la situazione peggiore al Mezzogiorno. Molte di queste morti, in tutto il mondo, sarebbero però evitabili.
Per questo motivo, l'Oms chiama alla mobilitazione e, per la Giornata Mondiale della Salute di quest'anno, ha scelto come tema il 'Miglioramento della salute e della sopravvivenza delle madri e dei neonati'.
Si tratta di un tema particolarmente importante, dato che la gran parte di questi decessi è dovuta proprio a cause evitabili quali la povertà e il limitato o mancato accesso alle cure. Quasi un quarto della mortalità legata a gravidanza o parto (il 23%), invece, è correlata malattie quali l'Hiv-Aids, la malaria, le anemie e il diabete, condizioni che, spesso, non vengono diagnosticate o trattate.
L'Italia, invece, è pesantemente condizionata dal gap regionale: la stima della mortalità materna è, infatti, pari a 7,7 decessi ogni 100 mila nati vivi al Nord, 5,9/100 mila al Centro e 10,5/100 mila al Sud. Anche nel nostro Paese, però, si tratta di morti, in diversi casi, evitabili: la quota, secondo l'Italian Obstetric Surveillance System, è pari al 41%, visto che i principali fattori di rischio sono l'età materna pari o superiore ai 35 anni, il livello di istruzione pari o inferiore alla scuola media inferiore, la cittadinanza non italiana e l'obesità.
"Capire perché le donne incinte e le madri muoiono è fondamentale per affrontare la persistente crisi della mortalità materna nel mondo e garantire che le donne abbiano le migliori possibilità di sopravvivere al parto", dichiara Pascale Allotey, direttore del Programma speciale delle Nazioni Unite sulla riproduzione umana.
La campagna di quest'anno, precisa l'Oms, chiederà una "maggiore intensificazione degli sforzi per garantire l'accesso a cure di alta qualità e comprovate per donne e bambini, soprattutto nei Paesi più poveri e nei contesti di crisi dove si verifica la stragrande maggioranza dei decessi".
Oggi, inoltre, inizierà una campagna di un anno sulla salute materna e neonatale, dal titolo "Healthy beginnings, hopeful future", cioé "Un inizio sano per un futuro di speranza", a fronte di 2 milioni di bambini che ogni anno muoiono entro il primo mese di vita, mentre in Italia la mortalità infantile è di 2,6 morti nel primo anno di vita ogni 1000 nati vivi, rispetto ai 3,1 del 2015.
Dunque, agire immediatamente è fondamentale: questo è anche il messaggio lanciato dalla Società Italiana di Pediatria (Sip), perché la salute degli adulti si costruisce a partire dall'infanzia. La Sip ha diramato un elenco di "azioni fondamentali", denominato "6A", fondamentali per la salute del bambino: allattamento al seno, alimentazione corretta, attività fisica quotidiana, limitato uso di smartphone e tablet, riposo adeguato e aderenza alle vaccinazioni.
"Investire nella prevenzione fin dall'infanzia significa agire sulle cause che, negli anni, portano allo sviluppo delle più comuni malattie dell'età adulta come obesità, diabete, tumori e patologie cardiovascolari. È ormai evidente che i comportamenti salutari acquisiti da piccoli si riflettono sull'intero arco della vita. Per questo è essenziale agire presto, perché bambini più sani oggi saranno adulti più sani domani", ha dichiarato il Presidente della Sip, Rino Agostiniani.