Il 2024: Il funerale del centro e dei "centri" politici

Luigi Tivelli, politologo costituzionalista e Presidente dell'Academy Spadolini, riflette sul declino della terza forza in Italia con un suo editoriale pubblicato sul quotidiano Il Tempo.

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Lunedì 30 Dicembre 2024
Roma - 30 dic 2024 (Prima Pagina News)

Luigi Tivelli, politologo costituzionalista e Presidente dell'Academy Spadolini, riflette sul declino della terza forza in Italia con un suo editoriale pubblicato sul quotidiano Il Tempo.

Il 2024 segna un punto di svolta per la politica italiana, con il centro che sembra aver perso definitivamente il suo ruolo come Terza forza capace di incidere significativamente nello scenario nazionale. La visione di un centro politico forte e coeso, che ispirò figure come Giovanni Spadolini e i grandi intellettuali del Mondo di Pannunzio, appare oggi un'utopia sepolta da divisioni interne, leadership frammentate e un contesto politico che tende sempre più al bipolarismo.

La crisi dei protagonisti

La parabola discendente del centro si riflette nelle dinamiche che coinvolgono due dei suoi principali protagonisti: Matteo Renzi e Carlo Calenda. L’eterno scontro tra i due leader – un binarcisismo muscolare, come lo definisce Tivelli – ha paralizzato qualsiasi progetto unitario. Calenda, apparentemente stanco, sembra cercare una posizione più defilata nel dibattito politico, mentre Renzi continua a muoversi in maniera frenetica, ma spesso inconcludente. A peggiorare la situazione, le limitazioni che gli impediscono di proiettare la sua immagine politica fuori dai confini europei.

Nel frattempo, i “cantieristi” del centro – scalpellisti, muratori, idraulici della politica – incontrano enormi difficoltà a costruire qualcosa di solido. L’eterogeneità e la debolezza delle nuove formazioni che si affacciano sulla scena politica, come Pensiero Popolare Italiano, dimostrano che manca una visione unitaria e convincente.

Il vuoto occupato da Forza Italia e gli esperimenti del PD

Forza Italia, sotto la guida di Antonio Tajani, si è ritagliata uno spazio nel bacino elettorale del centro, rafforzandosi come alleato leale della coalizione di destra e come punto di riferimento per un elettorato moderato. Dall’altra parte, però, il panorama appare ancora più frammentato. Gli esperimenti di figure come Ernesto Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, non hanno prodotto risultati significativi. Anche l’ex premier Romano Prodi sembra pronto a tornare in campo, convinto che una nuova formazione di ispirazione cattolica possa ridare slancio al Partito Democratico.

Eppure, il cantiere del centrosinistra appare dominato da vecchie logiche e vecchi protagonisti. Goffredo Bettini, per lungo tempo vicino a Giuseppe Conte, ora si spende per nuove strategie, mentre si guarda a Paolo Gentiloni come possibile figura aggregante, forte della sua esperienza a Bruxelles. Ma, sottolinea Tivelli, non si intravede nulla di realmente innovativo: troppe manovre di palazzo e poco contatto con la realtà del Paese.

La trappola della "percentualcrazia"

A complicare il quadro, il sistema politico italiano tende sempre più a un bipolarismo che esclude spazi significativi per i centri. Il Movimento 5 Stelle, un tempo ago della bilancia, ha perso buona parte del suo peso elettorale, mentre Giorgia Meloni e la sua coalizione pescano sempre più anche nel serbatoio elettorale di centro.

La vera sfida, sostiene Tivelli, sarebbe quella di guardare al 50% degli italiani che non votano più. Invece, la politica sembra essersi ridotta a una lotta per spartirsi percentuali sempre più piccole in quella che Tivelli definisce “percentualcrazia”: una democrazia aritmetica che sostituisce il governo del popolo con un calcolo sterile di numeri e consensi.

L’idea di una nuova “Margherita” – evocata da alcuni come possibile soluzione per unificare il centro – appare oggi un progetto senza basi solide. In primavera, le margherite possono anche fiorire, ma servono semi fertili e un terreno coltivato con cura. Al momento, invece, il panorama politico italiano sembra soffocato da vecchie logiche e incapace di attrarre nuove energie.

Il centro, come lo immaginavano Spadolini e i grandi del passato, sembra ormai un ricordo lontano. E, con esso, anche la speranza di trovare un centro di gravità permanente in una politica sempre più frammentata e autoreferenziale.


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