La psicoanalista Adelia Lucattini, 'ansia e depressione sono malattie di chi vive in povertà'
'Chi vive in povertà corre un maggiore rischio di soffrire di disturbi psicologici che colpiscono anche chi si impoverisce a causa di rovesci finanziari o per la crisi economica'.
(Prima Pagina News)
Martedì 17 Gennaio 2023
Roma - 17 gen 2023 (Prima Pagina News)
'Chi vive in povertà corre un maggiore rischio di soffrire di disturbi psicologici che colpiscono anche chi si impoverisce a causa di rovesci finanziari o per la crisi economica'.
“L’ansia e la depressione non sono “malattie del benessere”, al contrario, chi vive in povertà corre un maggiore rischio di soffrire di disturbi psicologici che colpiscono anche chi si impoverisce a causa di rovesci finanziari o per la crisi economica”.

È quanto afferma la psicoanalista Adelia Lucattini, che ha evidenziato gli ultimi dati relativi alla crisi economia delle famiglie italiane e conseguenti ripercussioni psicologiche.

“Le condizioni di vita difficili, la perdita e la mancanza del lavoro provocano ansia e depressione che colpiscono in modo specifico bambini, adolescenti e anziani, anche se reazioni gravi si hanno anche negli uomini adulti, pensiamo alla tragedia dei suicidi tra gli imprenditori”, prosegue Adelia Lucattini.

“Sappiamo che la depressione maggiore ha una componente costituzionale e familiare mentre la depressione reattiva è causata dalle avversità e dai traumi. Le situazioni difficili come quelle attuali influenzano negativamente tutti e due i tipi di depressione. La povertà è una situazione molto traumatizzante e che, oltretutto, si protrae nel tempo. Nessuno è povero per poco tempo. Questo mette a rischio la salute psicofisica anche delle generazioni future. La povertà è un nemico a lungo termine, la sua onda lunga dura per anni, i suoi effetti negativi si protraggono per generazioni”.

Per questo motivo, la psicoanalista Adelia Lucattini lancia l’allarme sulla difficoltà che molti soggetti hanno ad accedere alle cure. “Chi è povero non ha lo stesso accesso alle cure”, spiega, “perché non riesce a riconoscere i propri disturbi psicologici, si vergogna di stare male e non sa che possono essere curati. Inoltre, in alcuni contesti ancora oggi chi ha una malattia mentale o soffre di ansia e depressione, è visto con sospetto se non addirittura considerato pericoloso!

Un altro problema è il ricorso a cure basate su credenze antiche (santoni, maghi, chiromanti, etc.), anziché rivolgersi a un medico. Inoltre, le persone socialmente svantaggiate e che vivono in contesti degradati, sono più esposte a violenza sociale e a fenomeni delinquenziali. L’aggravante per bambini e adolescenti è che hanno un minore accesso all’istruzione, basta pensare ai numeri allarmanti sull’abbandono scolastico durante la pandemia.

Da non trascurare che la povertà culturale, figlia della povertà economica, non permette di avere le corrette informazioni, tra cui che differenza ci sia tra lo psicologo, psichiatra, neurologo. Ancora oggi molte persone non sanno che esiste la psicoanalisi o credono che sia qualcos'altro. Taluni hanno pregiudizi inconsci sulla sua efficacia, retaggio di quando la psicoanalisi, in Europa, era avversata da regimi dittatoriali”.

I programmi per contrastare la povertà hanno sempre un impatto positivo sulla salute mentale sia a breve che lungo termine. Gli investimenti statali a sostegno dell’occupazione e del reddito riducono l'insorgenza di ansia e depressione, diminuiscono l’abbandono scolastico, migliorano l’ambiente familiare e il contesto sociale. Allo stesso tempo investire in interventi di psicoterapia e psicoanalisi accessibili a tutti, su larga scala, protegge le persone che vivono in povertà da disturbi psicologici e da malattie fisiche (somatizzazioni, disturbi alimentari, etc.).

“Papa Francesco”, - conclude Lucattini, “ha sottolineato spesso l’importanza del lavoro affermando che “per combattere la povertà occorre creare posti di lavoro”. Bergoglio parlando della situazione della città Metropolitana di Roma di cui è Vescovo, ha precisato: “Un numero rilevante di persone e di famiglie che abitano i diversi quartieri della città di Roma, non solo le periferie, è gravato da pesanti difficoltà economiche, sociali, psicologiche e sanitarie. L’invecchiamento della popolazione, la crisi demografica, la presenza di persone senza fissa dimora, sono conseguenza di scelte poco avvedute oltre che sintomo delle fatiche e delle incertezze del nostro tempo” e ha spronato “i cristiani di Roma, in particolare coloro ai quali sono affidati incarichi e responsabilità pastorali, siano consapevoli di dover svolgere la loro missione in un contesto nel quale molte persone si trovano a vivere situazioni di grande sofferenza”.

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