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"L’esperienza dei mercati contadini si propone oggi come modello a livello mondiale per aiutare le economie dei Paesi più poveri".
"L’esperienza dei mercati contadini si propone oggi come modello a livello mondiale per aiutare le economie dei Paesi più poveri".
Una nuova “diplomazia dei mercati contadini”, con la diffusione nel mondo di modelli di produzione agricola capaci di dare speranza ai Paesi più poveri, creando le condizioni per una sovranità alimentare che assicuri cibo alle popolazioni, dando loro una opportunità di futuro. E’ la suggestione, sostenuta da esperienze concrete con primi importanti risultati, lanciata dal Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma organizzato in collaborazione con The European House - Ambrosetti, con panel dedicati al Piano Africa e alla “esportazione” del modello italiano dei farmers market, alla presenza, tra gli altri, del vicepremier e ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani.
Un esempio concreto è la recente inaugurazione ad Alessandria d’Egitto del primo mercato contadino nell’ambito del progetto “Mediterranean and African Markets Initiative” (MAMI-Farmers Markets), un’iniziativa finanziata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano e realizzata dal CIHEAM Bari in collaborazione con la World Farmers Markets Coalition e con il supporto della Fondazione Campagna Amica di Coldiretti. Il primo passo verso la creazione di una rete di mercati non solo nel Paese egiziano ma in tutto il Mediterraneo e l’Africa, come Albania, Tunisia, Kenya e Libano, per rafforzare i legami tra agricoltori e cittadini, con un impatto significativo sulle comunità locali. La Fondazione Campagna Amica di Coldiretti ha giocato un ruolo essenziale nella formazione dei produttori, offrendo corsi di aggiornamento e strumenti per gestire i mercati e comunicare efficacemente con i clienti.
L’esperienza dei mercati contadini si propone oggi come modello a livello mondiale per aiutare le economie dei Paesi più poveri, a sviluppare filiere alimentari ‘dal basso’ per difendere la democraticità del cibo e riappropriarsi dei processi decisionali a vantaggio della collettività. Un ruolo da protagonista è recitato dalla World Farmers Markets Coalition un’organizzazione non-profit che fa parte dei dieci progetti selezionati nell’ambito del Programma Food Coalition della Food and Agriculture Organization (Fao). Nata tre anni fa su iniziativa di Coldiretti e Campagna Amica con il coinvolgimento di sette associazioni sparse nei vari continenti, è arrivata a coinvolgere oltre settanta realtà rappresentative da 60 paesi, 20.000 mercati coinvolti, 200.000 famiglie agricole e oltre 300 milioni di consumatori.
Ma per l’emancipazione a la crescita dei Paesi svantaggiati è importante anche l’azione promossa da BF International, Filiera Italia e Cai (Consorzi Agrari d’Italia) nell’ambito del Piano Africa. Il progetto prevede la produzione di colture strategiche, destinate solo ai paesi coinvolti, per il consumo locale come ad esempio frumento, soia, mais, riso, banane, ortaggi e frutta di vario tipo. L’obiettivo è la creazione di posti di lavoro, la fornitura di beni e servizi, lo sviluppo delle agroenergie da fonte rinnovabile e la trasmissione di conoscenza e tecnologia per la produzione locale e lo sviluppo di nuove reti di vendita con i farmers market per fornire un’alternativa concreta al fenomeno delle migrazioni, sviluppando le economie locali e potenziando la cooperazione.
Una completa inversione del modello neocoloniale praticato da altri stati, in primis la Cina, che muove dalla considerazione che l’insicurezza alimentare e i conflitti ad essa legati è causata oggi dagli squilibri nella distribuzione delle risorse. Molti Paesi non sono più in grado di produrre e distribuire cibo sufficiente a sfamare una popolazione globale in crescita, e ciò è stato causato dal venir meno dei modelli produttivi costruiti “dal basso” e fondati sull’agricoltura familiare. Meno di un terzo delle terre agricole e delle risorse globali è oggi nelle mani di piccoli produttori e reti di agricoltori.