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Una parata di ninfetti marmorei, del suburbio e non, che girano a torso nudo con addominali scolpiti e bicipiti super carenati in una perenne kermesse di Mister Universo, fra decibel e fumogeni.
Ragazze deliziosamente esibizioniste, con minigonne mozzafiato, calze a rete, vestitini, décolleté generosi o nude look da far accapponare la pelle anche agli over 40 che le gattonano a caccia di contatti e petting last minute.
Coppie improvvisate alle prime luci dell’alba, che si appiccicano al palo di un angolino buio fra baci al miele, mani che frugano, orli che si alzano, bottoni che saltano.
Performer bravissimi, spogliarellisti, ballerine e drag queen che ti catapultano in una giostra caleidoscopica di colori, costumi, evocazioni e suggestioni, in un tunnel temporale sospeso fra storia e fantasy, urbanità e distopie, diritti difesi e violenze ottiche, con gli abiti, le parrucche e i drappeggi di un sexy Uomo Ragno o di una disinibita paladina delle minoranze e degli esclusi, di una sweety che si protende flessuosa da un cubo verso deliri e desideri dello spettatore e delle spettatrici a bordo pista o di una nuova versione di maschio viril-mutante con tacchi a spillo, languide mosse e mascella da Mission Impossible.
E poi, tutto il pubblico di trasgressivi e licenziosi, teen ager con la pruderie e “maturi” infaticabili playboy, turisti stranieri che accorrono qui in una sorta di Erasmus-Orgasmus e piccole comitive pervase da un climax esaltante ed ebbro, in ogni passo di danza, ad ogni nuovo gin lemon…
Se c’è un luogo dove ogni venerdì si compie il sabba purificatore, il delitto perfetto, la danza tribale contro ogni conformismo, pudore, sacrificio della singolarità, moda incolore e circuito alienante lavoro-casa-talamo è il Qube di Roma, in zona Casal Bertone, a pochi centinaia di metri dalla stazione Tiburtina, dove le file lunghissime sin dalle nove, dieci di sera all’uscita, confermano il successo inesorabile e indefettibile del Muccassassina, diventata negli anni - come racconta la branding communication ”un fenomeno di costume, un luogo dove avanguardia, underground, sperimentazione, ricerca musicale, spettacolo, divertimento, contaminazioni culturali, lotta alle discriminazioni, lotta all’Aids, all’omobitransfobia e richieste di diritti civili convivono”.
E le tenebre fluo dei tre open space del Mucca sono proprio lì a testimoniare come una classica “discoteca” disposta su più livelli, un ex mattatoio, possa vedere riadattato, riscritto il suo design gelido e minimal in una sarabanda di forme e di tinte, di effervescenze e fosforescenze, di accaldamenti e avvicinamenti, finalmente con pochi o nulli tabù, con la voglia di fisicità, di rivincita dei corpi, di nuove sceneggiature dell’anima.
Salire per le scale di ferro del leggendario Cubo significa passare dal pop del primo piano, dove ancora infuriano le melodie scatenanti del Batticuore di Raffaella Carrà, per arrivare al terzo piano dove il groove più sfrenato, jungle e da touch estremo si configura come un paesaggio energetico che fa da vero trip mentale, creando una perfetta armonia di tenerezze, vividezze, estetiche aggressive, splendidi bisogni di umanità e affermazione, del proprio ego, della propria pelle, del proprio sudore, degli sguardi e delle occasionali prossimità.
Una vera cattedrale del possibile che non a caso ha fatto di un candido mammifero come la mucca, ingiustamente forse, e sadicamente senz’altro, macellata in questi vecchi stanzoni, un simbolo di “vendetta” di tutte le diversità tradite, vessate, scorticate, amputate, lasciate sanguinare nell’indifferenza e nell’oblio.
Qui, questa fauna multipla e technicolor, raggiante e mai esangue, si ricompone ogni venerdì, ognuno sceglie la sua strada, le sue inclinazioni, le sue zone chiare e dark, con una notevole facilità di incontri e conoscenze. Ed è una risorsa antropologica più che spettacolare o fotogenica.
Soprattutto in una fase post-pandemica che ha intrappolato le masse in spesso assurde restrizioni, domiciliazioni coatte, negazioni claustrofobiche di spasmi creativi e momenti liberatori.
Qui sono passati in tanti a livello di vip e star dello show-bitz, recitano le cartoline d’epoca del locale, da Moana Pozzi a Pina Bausch, Laura Betti, Franca Valeri, Franca Rame, Alexander McQueen, Rettore, Francesco Totti, Mara Venier, Monica Guerritore, Loretta Goggi, Rupert Everett, le Spice Girls, Grace Jones, David La Chapelle, Paola & Chiara, Ambra, Serena Dandini, Jimmy Sommerville, Giuliana De Sio, Lucia Ocone, Amanda Lear, Sabrina Salerno, Rosa Fumetto, Paola Cortellesi, Marina Occhiena, Clara Boni, Marina Ripa di Meana, Heather Parisi, Amanda Lepore e tanti tanti altri.
Ma i veri protagonisti sono sempre i ragazzi e le ragazze che nel pieno della loro voluttà si staccano da stereotipi e “buoncostume” e si librano ogni venerdì nei cieli stellati di una nuova forma di incanto, fatto finalmente di materia biologica e non virtuale, di socialità vera e non di social algidi, seppur con qualche malcapitato drunk, direbbero gli inglesi, che talvolta a fine serata aggiunge alla luce palpitante delle strobo e dei laser quella di un’ambulanza chiamata ad aspettare giù chi è stremato dagli eccessi.
Ma l’arcobaleno delle differenze fa sempre da stella polare, da timone e da guida. Un kinky giocoso ed eccentrico, ludico e folle, bizzarro e odoroso di novità come quello che proprio questa sera rappresenta la parola chiave, l’ennesima password per una night life che, sempre sotto la pluriennale e sagace direzione artistica dell’intramontabile Diego Longobardi, avrà come “diavoli” tentatori Farida Kant, la Sheeva, Melissa Bianchini, Skandalorsa, Assuri Naga + Crew e tutta la solita front line di dj pronti a dare sussulti e giro di vite a una noiosa normalità che qui, fra muggiti e piccole grandi estasi, non ha mai avuto domicilio…