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Prima nazionale domani sera, alle ore 21.
Prima nazionale domani sera, alle ore 21.
Il Teatro di Napoli-Teatro Nazionale è lieto di presentare lo spettacolo scritto da Giuseppe Affinito – del quale è anche interprete insieme a Gianluca Merolli – Laguna Café, in prima nazionale al Ridotto del Mercadante da domani a domenica 8 dicembre, con la regia di Benedetto Sicca.
Le scene sono di Luigi Ferrigno e Sara Palmieri, le luci di Cesare Accetta, i costumi di Dario Biancullo, la drammaturgia musicale e il disegno del suono di Chiara Mallozzi, la consulenza coreografica è di Luna Cenere.
La produzione è del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Casa del Contemporaneo centro di produzione teatrale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival.
In uno spazio sospeso tra realtà e immaginazione, due uomini, Giosuè e Andrea, si ritrovano dopo anni per affrontare ricordi e rimpianti. Compiono un viaggio emotivo che esplora l’amore e le relazioni e che li condurrà fino al compimento ineluttabile del loro destino.
Un incontro che mette a nudo la vulnerabilità umana, l’inadeguatezza dei sentimenti e la ricerca di una verità condivisa.
“L’anima è una forza che ci permette di percepire tutto ciò che ci è estraneo. Ci fa sentire un’emozione, ma non si riduce a un semplice sentimento; ci aiuta a costruire idee e valori, ma non è solo un pensiero; ci porta al piacere, ma non è soltanto piacere, perché include sempre qualcos’altro. Quando la coscienza la riconosce, l’anima ci offre l’opportunità di superare i limiti dell’Io, e la sua bellezza si manifesta in questo movimento.
I due protagonisti di Laguna Cafè, Giosuè e Andrea, si rincontrano dopo 10 anni per una sorta di resa dei conti dell’anima”, dichiara il regista, Benedetto Sicca, in una nota.
“Si ritrovano accecati dal loro battito cardiaco ed assordati dalla luce dei propri desideri, in un viaggio sinestetico in cui il senso sta tutto nel percorso e non nell’approdo.
Giosuè è un’Anima che lotta per inseguire la propria passione, ma rimane incastrata in un futuro che non arriverà mai. Andrea ha un’anima incastrata in un’esistenza che diviene il crudele diaframma tra il desiderio e la vita.
Giosuè ed Andrea – come tanti di noi – sono condannati a non poter evolvere, a non amare per davvero, ad aver bisogno l’uno dell’altro, a non potersi più desiderare. Perché il desiderio, quello puro, non può essere un bisogno. Solo ciò che è vita senza essere bisogno, infatti, possiamo chiamarlo amore. Il resto, no.
Ci siamo interrogati su come mettere in scena il desiderio di un’Anima. Alla fine ci siamo messi davanti ad un sipario chiuso: in un “incastro di tempo” in cui sovente anche le nostre anime si bloccano, in attesa di poter manifestare sé stesse e fluire libere dai condizionamenti dell’Io e del mondo. In questo spazio, non c’è posto per il desiderio, ma solo per il bisogno.
Ma mentre il desiderio fluisce accanto all’anima, guidandola verso la sua realizzazione irraggiungibile, il bisogno è il killer dell’anima: la ingabbia in un buio nevrotico, dove può rimanere incastrata per tutta la sua esistenza.
Ciò che è vita senza essere bisogno, chiamiamolo amore. Il resto, no.
Mettere in scena un testo che parli di questo in un’epoca oscurantista e reazionaria, in cui il linguaggio pubblico scivola verso una deriva intimidatoria, mi pare uno dei compiti del teatro. Questa deriva colpisce chiunque non si allinei a comportamenti normati, tranquillizzanti e di “buon senso”, in quanto maggioritari”.