Violenza di genere, ricerca Women's Aid: il 68% delle vittime non denuncia per paura di restare senza casa

Salati (Cav Ersilia Bronzini): "Fondamentale intervenire non solo sull’accoglienza, ma anche sulla ricostruzione dell’autonomia, attraverso percorsi di protezione, inclusione e indipendenza economica".

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Lunedì 20 Ottobre 2025
Milano - 20 ott 2025 (Prima Pagina News)

Salati (Cav Ersilia Bronzini): "Fondamentale intervenire non solo sull’accoglienza, ma anche sulla ricostruzione dell’autonomia, attraverso percorsi di protezione, inclusione e indipendenza economica".

La povertà abitativa comincia non con la perdita della casa, ma quando non è più possibile viverla come un luogo sicuro. Quando diventa teatro di violenza, molte donne restano intrappolate in un circolo vizioso e vengono costrette al silenzio.

Se denunciare è già difficilissimo, farlo con la consapevolezza di vivere in un luogo non sicuro lo è ancora di più.

Stando ad una ricerca condotta da Women's Aid, il 68% delle donne che subiscono violenza non denunciano perché hanno paura di non avere un alloggio sicuro. Questo porta ad ulteriori violenze, relazioni tossiche, fino al femminicidio. Povertà abitativa e violenza economica sono fenomeni connessi: l'assenza di risorse economiche, infatti, rende difficoltoso trovare o mantenere un’abitazione sicura ed espone molte donne al rischio di subire ricatti e ad essere dipendenti.

Spesso, è questa fragilità materiale a portare le vittime a restare in relazioni pericolose e a mettere a rischio l'incolumità loro e quella dei propri figli. Nel contempo, la violenza economica, che consiste nel controllo del reddito, nella privazione dei mezzi di sostentamento o nel non poter gestire le proprie risorse, blocca ogni possibilità di autonomia abitativa.

Per cui, la povertà può diventare causa e conseguenza della violenza: causa, perché l'assenza di una casa o di un reddito stabile non fa che aumentare la vulnerabilità, favorendo il ripetersi degli abusi; conseguenza, perché perdere l'indipendenza economica vuol dire non avere possibilità di scelta. In questo intreccio, la violenza si radica e si amplifica, arrivando a compromettere la libertà, la sicurezza e la dignità personale.

Restare senza casa incute molto timore: “Il fatto che quasi 7 donne su 10 non riescano a lasciare il proprio abuser, quando si tratta del marito o del convivente, ci ricorda una verità scomoda: la violenza domestica è anche una questione abitativa. Troppe donne non riescono a sottrarsi a situazioni di abuso perché non hanno un luogo sicuro in cui ricominciare – dice Sofia Leda Salati, direttrice del Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini – Motivo per cui, garantire il diritto a una casa significa garantire il diritto alla libertà. È quindi fondamentale intervenire non solo sull’accoglienza, ma anche sulla ricostruzione dell’autonomia, attraverso percorsi di protezione, inclusione e indipendenza economica. Non a caso ogni percorso di uscita dalla violenza è un lavoro di rete. Una casa sicura, un sostegno economico, un impiego su cui poter contare: è in questo intreccio che la libertà torna a essere possibile”.

Chi commette violenza domestica, tende ad esercitare un controllo sistematico, che incute paura, oltre a generare contesti di isolamento e dipendenza. Per questo motivo, intervenire efficacemente in favore delle donne vuol dire costruire una rete che sia alternativa a quella della violenza, che si fondi su fiducia, autonomia e riconoscimento.

“Quando una donna accede ai nostri servizi – prosegue Salati – ha la necessità di ricostruire la propria quotidianità e la propria capacità di autodeterminazione, e spesso ha bisogno di un alloggio per farlo. Garantire una casa non è soltanto offrire un tetto, ma restituire il diritto alla scelta, alla ripartenza e all’autonomia. Molte ci raccontano che la decisione di allontanarsi nasce dal coraggio ma anche dalla necessità: la necessità di proteggersi e il coraggio di immaginare una vita diversa. Grazie al sostegno della Fondazione Asilo Mariuccia , questa scelta può trasformarsi in una concreta possibilità di protezione e di rinascita, affinché nessuna donna sia più costretta a scegliere tra la libertà e la sopravvivenza”. 

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 sancisce il diritto alla casa come elemento fondamentale della dignità umana. Si tratta di un principio universale che fa leva sulla responsabilità collettiva e sul fatto che è necessario garantire a tutte le persone un posto sicuro dove poter vivere.

E' in quest'ottica che la Fondazione Asilo Mariuccia e il Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della povertà, riaffermano la necessità di rinforzare i percorsi di accoglienza e autonomia per le donne vittime di violenza, prestando particolare attenzione al diritto alla casa quale condizione imprescindibile di libertà individuale, di sicurezza e di rinascita personale.

Oltre agli interventi di supporto già attivati, come l'Housing sociale avviato quest’anno con il Comune di Corbetta, che offre cinque appartamenti in comodato d'uso (e a titolo gratuito) a donne e figli fuggiti da situazioni di violenza, la Fondazione vuole attirare l'attenzione delle istituzioni sulla necessità di affrontare le nuove forme di violenza con strumenti aggiornati e condivisi.

In quest'ottica, la Regione Lombardia ha avanzato la richiesta di convocare urgentemente un tavolo di lavoro, per coinvolgere Regione, Prefetture, Forze dell’Ordine, Tribunale di Milano, Centri Antiviolenza e Case rifugio accreditate e definire un Protocollo Operativo sui reati di genere, anche quelli commessi online.


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