Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
Le immatricolazioni complessive nel primo bimestre sono state 271.638 con una contrazione del 6,1% sullo stesso periodo del 2024, -14,9% rispetto ai livelli pre-crisi.
Le immatricolazioni complessive nel primo bimestre sono state 271.638 con una contrazione del 6,1% sullo stesso periodo del 2024, -14,9% rispetto ai livelli pre-crisi.
A febbraio sono state immatricolate in Italia 137.922 autovetture con un calo del 6,3% sullo stesso mese del 2024. Le immatricolazioni complessive nel primo bimestre sono state 271.638 con una contrazione del 6,1% sullo stesso periodo del 2024 ma con un calo di ben il 14,9% rispetto ai livelli ante-crisi, cioè rispetto al 2019.
A ciò si aggiunge che le prospettive per i prossimi mesi non appaiono positive. Ben il 79% dei concessionari interpellati dal Centro Studi Promotor, nel quadro della sua consueta indagine congiunturale mensile sul mercato dell’auto in Italia, ha dichiarato che in febbraio la raccolta di ordini è stata bassa e a ciò si aggiunge che l’84% dei concessionari giudica bassa anche l’affluenza di visitatori nelle show room dei concessionari.
Dalla stessa fonte emerge poi che i principali fattori di freno per il mercato dell’automobile italiano sono al momento l’incertezza per la transizione energetica, inserita tra i fattori di freno dal 60% degli interpellati, e i prezzi che vengono giudicati decisamente elevati dal 58% degli interpellati.
Per quanto riguarda la transizione energetica molti si attendevano che dal Piano di Azione, che verrà presentato il 5 marzo da frau von der Leyen, venissero indicazioni che tenessero conto delle gravi difficoltà che la transizione verso l’auto elettrica sta incontrando, nonostante le ingenti campagne di incentivazione promosse (peraltro con risultati modesti) da diversi paesi dell’Unione.
Sembra invece che i vertici dell’Unione Europea intendano dare un ulteriore giro di vite rendendo la transizione ancora più difficile per l’industria automobilistica e per gli automobilisti, senza nessuna apertura sulla questione della neutralità tecnologica. Sembra evidente che la Commissione intende proseguire con la sua impostazione politica costi quel che costi. E tutto questo nonostante il grave pregiudizio arrecato all’industria automobilistica europea proprio dalla politica dell’Unione, che ha aperto la strada all’invasione del mercato europeo da parte dell’industria cinese e sembra non tenere in alcun conto le ulteriori difficoltà che al settore europeo dell’auto verranno dai dazi annunciati dal presidente Trump.
Stupisce – sostiene Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – che l’Unione Europea non percepisca l’assoluta necessità di non demolire la sua industria dell’auto con tutto quello che ne consegue in termini di produzione di ricchezza e di occupazione per molti proprio quando l’economia europea dove far fronte ai colossali investimenti indispensabili per la difesa comune e per altri settori che si troveranno in serie difficoltà in conseguenza della politica varata dal presidente Trump.
E a ciò si aggiunge che l’industria dell’auto è da sempre un vanto ed una risorsa dell’Europa ed è legittimo chiedersi se valga la pena di metterla a repentaglio per ottenere, con la completa elettrificazione del parco circolante di autovetture (che non potrà avvenire prima della metà degli anni ’50 di questo secolo) una riduzione a livello mondiale del 3,3% delle emissioni di anidride carbonica (CO2), che è soltanto uno dei gas serra a cui si imputa la responsabilità del mutamento climatico in atto, mentre nulla o poco si fa per ridurre l’impatto di molti altri gas serra: dal vapore acqueo all’ozono, dal metano agli alocarburi, al protossido di azoto e a tutti gli altri.