“La ricchezza e la chiarezza dei contributi ascoltati alla conferenza odierna è proporzionale alla preoccupazione per quel che potrebbe a breve accadere al Paese - affermano circa 70 associazioni no profit alla conclusione del seminario “Contro le discriminazioni? SI! Ma non così!”, svoltosi a Palazzo Madama.
“Sta succedendo un fatto eclatante – proseguono le associazioni – Autorevolissimi esponenti di culture diverse, riformista, femminista, liberale, cattolica, arrivano però ai medesimi giudizi di illiberalità di molti passaggi attualmente contenuti nel testo del ddl Zan”.
“Ascoltando Ricolfi, Terragni, Gambino, Vari e l’esperienza statunitense di Anderson– osservano- non vi sono dubbi che la lotto all’omofobia è una cosa, ma tutt’altra è lasciare disposizioni che ufficializzano per via legislativa la teoria dell’indifferenza sessuale, che la impongono con norme penali gravemente indeterminate, con l’effetto di violare la libertà di pensiero e di aprire una triste stagione di delazioni e di controllo del pensiero da parte delle Procure. Altra questione inaccettabile è la coartazione del ruolo dei genitori e delle scuole paritarie, di fronte all’obbligo che si vorrebbe imporre di propagandare il gender negli isituti scolastici di ogni ordine e grado”.
Terragni e Gambino hanno, peraltro, decodificato ciò che sorregge il ddl Zan: “Non la lotta all’omofobia, ma l’imposizione di una cultura, centrata su un individuo neutro, capace di arbitrio assoluto fino a decidere il proprio sesso”.
“Ma nessuna cultura -chiosano- può essere imposta per legge”.
Ricolfi è arrivato a porsi “una domanda di fondo: ha senso cercare di combattere la violenza e la discriminazione identificando delle categorie protette? Ciò produce delle nuove discriminazioni. A forza di moltiplicare le minoranze protette si creano nuove discriminazioni, perché la lista delle minoranze è arbitraria e potenzialmente illimitata. Noi così facendo proteggiamo la categoria e non la persona. E diamo vita a una competizione vittimaria …”.
Per questo Ricolfi e Terragni auspicano, almeno, il ritorno allo schema del ddl Scalfarotto, ripresentato anche in questa legislatura e sottoscritto anche dall’on. Zan. “E non si capisce – aggiunge Terragni- come sia possibile che chi valorizza la originaria proposta Scalfarotto si senta dare dell’omofobo!”.
“Dopo la drammatica testimonianza di Anderson dell’esperienza di paesi in cui leggi come il ddl Zan già vigono, - spiegano i promotori- il costituzionalista Filippo Vari ha dettagliato ineludibili contrasti, specie degli artt. 1, 2, 4 e 7, con la Costituzione e in particolare con gli artt. 21, 25, 9, 33, 30 e 7 della carta fondante la Repubblica”. “Il Senato – concludono- è pertanto chiamato a non voltarsi dall’altra parte, ad ascoltare l’univocità delle tante voci che salgono dalla società e dalla cultura, giuridica e non, del Paese. E’ chiamato a salvare davvero la laicità dello Stato da una invasione etico-antropologica che il ddl Zan vorrebbe introdurre con l’imposizione di una legge ideologica, che non ha nessi con la lotta all’omofobia. Per questo abbiamo inviato a tutti i senatori una lettera con sette punti sui quali chiediamo a ogni membro della Camera alta di rappresentare per davvero la nazione, come chiede l’art. 67 della Costituzione”.
“Per questo – aggiungono infine- chiediamo un incontro urgente con i capigruppo del Senato della Repubblica”.
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