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Giani: "Quel luogo è inappropriato per le funzioni che lì vengono svolte".
Giani: "Quel luogo è inappropriato per le funzioni che lì vengono svolte".
E' stata ravvisata una fuoriuscita di carburante nella parte anteriore della pensilina di carico “in qualche modo dovuta alla chiara inosservanza delle rigide procedure previste“, e “le conseguenze di tale scellerata condotta non potevano non essere note o valutate dal personale che operava in loco”.
E' quanto ha scritto la Procura di Prato nel decreto di perquisizione, anticipato da Repubblica, nell'ambito dell'inchiesta legata all'esplosione avvenuta all'interno del deposito Eni di Calenzano (Fi), avvenuta due giorni fa, in cui cinque persone sono morte e altre 26 sono rimaste ferite. Di queste ultime, 3 sono ancora ricoverate in gravi condizioni.
Ieri, per ordine del procuratore Luca Tescaroli, i Carabinieri hanno perquisito il deposito di Calenzano e la Sergen di Potenza, ditta che aveva ricevuto l'incarico di eseguire la manutenzione dell'impianto, per la quale lavoravano i tecnici Gerardo Pepe e Franco Cirelli, morti insieme ai tre autisti Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti.
La Procura, che sta procedendo contro ignoti, ipotizza i reati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, entrambi con l'aggravante della violazione della normativa per la sicurezza sul lavoro. Non ci sono conferme ufficiali, invece, su altre ipotesi di reato come la rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro o il disastro corposo, come riferiscono alcuni organi di stampa locali.
Stando a "La Repubblica", all'interno del decreto di perquisizione la Procura di Prato spiega che la Sergen “stava eseguendo dei lavori di manutenzione nei pressi dell’area destinata al carico del carburante: in particolare avrebbero dovuto rimuovere alcune valvole e tronchetti per mettere in sicurezza una linea benzina dismessa da anni” e “la circostanza che fosse in atto un’attività di manutenzione di una linea di benzina corrobora l’ipotesi che vi siano state condotte connesse al disastro”.
“Il buon senso, come è evidente a tutti, ci dice che quel luogo è inappropriato per le funzioni che lì vengono svolte. Mi faccio carico anche delle preoccupazioni del territorio. Quando fu realizzato alla fine degli anni ’50, lì era tutta aperta campagna e la localizzazione era appropriata, ma oggi no. Tutto attorno ci sono capannoni, aziende, residenze, la zona è densamente antropizzata e popolata. È evidente che per funzioni simili servano oggi luoghi più appropriati”. Così, in un'intervista rilasciata al "Corriere della Sera", il Governatore toscano, Eugenio Giani. “C’è tanto da approfondire, ci sono indagini, ci sono più ipotesi sulle cause. È evidente che anche l’attenzione per la sicurezza ci dice quello che ho spiegato prima”, prosegue Giani. “Aspettiamo il lavoro dei magistrati, le indagini, quali sono state le cause, per fare le valutazioni, anche sugli strumenti, sia di prevenzione che urbanistici, da utilizzare perché ciò non accada mai più”, conclude.
“Oltre le parole dobbiamo mettere in campo atti concreti, ed è quello che faremo. L’impegno è quello di lavorare per cambiare gli strumenti urbanistici e fare in modo che non ci siano più all’interno delle città spazi come questi, che non ci sia più la possibilità di realizzarli in luoghi come questi. Devono andare in spazi veramente isolati, e lo ha detto il presidente Giani benissimo ieri. Oggi a noi il compito di legiferare e quindi lo faremo nei prossimi nei prossimi mesi”.
E' quanto ha dichiarato il Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, Antonio Mazzeo, stamani, davanti al deposito Eni di Calenzano, dove si è tenuta una commemorazione delle vittime dell'esplosione. Tra coloro che hanno preso parte alla cerimonia, alcuni familiari delle vittime, l sindaco di Calenzano Giuseppe Carovani, il Governatore della Toscana Eugenio Giani, l’assessore regionale alla Protezione civile Monia Monni e i capigruppo del Consiglio regionale.
”Noi possiamo lavorare sugli strumenti urbanistici, dobbiamo farlo, a livello nazionale, ed è necessario che si lavori molto di più sui controlli e sulla sicurezza dei luoghi”, ha continuato Mazzeo. “La nostra presenza oggi qui insieme senza distinzione è il segno di mandare un messaggio forte a tutte le istituzioni, a quelle nazionali, a noi stessi, a quelle locali. Non si può morire andando a lavorare e questo è qualcosa che fin quando ci sarà soltanto una vittima sul luogo di lavoro interroga le nostre coscienze”, ha concluso.