I RICORDI DI PPN: 22 anni fa il terribile assassinio di Massimo D'Antona, giuslavorista libero.
Era un riformatore, un uomo del dialogo.
(Prima Pagina News)
Giovedì 20 Maggio 2021
Roma - 20 mag 2021 (Prima Pagina News)
Era un riformatore, un uomo del dialogo.
Oggi abbiamo tutti il dovere di ricordare Massimo D'Antona, giuslavorista libero, servitore dello Stato, ucciso il 20 maggio del 1999,  22 anni fa dalle Brigate Rosse per aver sostenuto la necessita' di riformare il mondo del lavoro con il dialogo.

D'antona, allievo di Renato Scognamiglio, nel 1980, D'Antona diviene professore di diritto del lavoro all'Università di Catania, per poi trasferirsi nella Seconda Università degli Studi di Napoli, ed infine all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza".

A lui è intitolata l'aula magna della Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli, dove insegnò Diritto del lavoro. Autore di diverse monografie e saggi, con particolare attenzione ai temi delle garanzie del diritto al lavoro e alla privatizzazione del pubblico impiego, è stato anche tra i fondatori della rivista Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni.

Scrisse diversi saggi in merito all'incoercibilità delle azioni di reintegrazione nel posto di lavoro, notando come le reiterate pronunce giurisprudenziali conformi ignorino le concrete possibilità di esecuzione e se esistano responsabilità penali per i datori che non eseguano il relativo provvedimento giudiziario. Viene nominato nel 1996 Amministratore Straordinario dell'Ente Nazionale Assistenza al Volo, del quale poi diviene consigliere d'amministrazione nel 1997.

La complessità dei contratti del settore del controllo del traffico aereo rappresentano per lui un forte impegno gestionale alla guida dell'ENAV.

Nel 1998 si dimette dal Consiglio di amministrazione dell'ENAV. Consulente del Ministero del Lavoro, fu dapprima docente di diritto sindacale presso l'Università Federico ll di Napoli, e poi docente di diritto del lavoro all'Università degli studi di Roma "La Sapienza" e alla Seconda Università degli studi di Napoli. Fu assassinato dai brigatisti rossi, come nel caso di Marco Biagi, nella logica terroristica di annientamento di professionisti e servitori dello Stato legati ad un contesto di ristrutturazione del mercato del lavoro.

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