Autonomia differenziata, Bono: "Sentenza Consulta conferma sua incostituzionalità"

"Restituiti al Paese i valori, i principi e i diritti costituzionali".

di On. Nicola Bono
Venerdì 15 Novembre 2024
Roma - 15 nov 2024 (Prima Pagina News)

"Restituiti al Paese i valori, i principi e i diritti costituzionali".

Le decisioni della Corte Costituzionale sull’Autonomia Differenziata. Ovvero un sostanziale giudizio negativo della Consulta sull’Autonomia Differenziata, che, così com’è, non è compatibile con il dettato Costituzionale.

Finalmente l’attesa decisione che conferma l’incostituzionalità della norma in così tanti punti che, di fatto, equivalgono quasi ad una totale abrogazione.

Calderoli, come sempre quando è a corto di argomenti, ha appena dichiarato che la Corte Costituzionale ha dato un complessivo giudizio positivo alla legge (?), chiedendo la modifica di alcuni aspetti della stessa (?), per le quali saranno presto trovati i correttivi in Parlamento (?).

Affermazioni propagandistiche e bugiarde per nascondere la polvere sotto il tappeto. In realtà la Corte Costituzionale ha fatto un ottimo lavoro, individuando una lunga serie di incostituzionalità che hanno demolito totalmente la legge, e non sarà per niente facile apportare modifiche alla stessa, anche perché l’obbiettivo principale della norma, e cioè il mantenimento nei territori delle regioni ricche delle risorse erariali versate dai contribuenti, ne esce totalmente devastato.

Fine della storia, con buona pace di chi ha tentato l’assalto alla diligenza delle risorse erariali dello stato.

Tornando alla decisione della Consulta, non è facile dedurre i particolari da un comunicato stampa, essendo possibile ogni doveroso approfondimento solo dopo che saranno depositate nel dettaglio le decisioni della sentenza.

Ma dal comunicato emergono con chiarezza alcune questioni che erano state al centro delle critiche sulla legge di attuazione dell’Autonomia Differenziata, e motivo di scontri politici e accuse di volere favorire le regioni opulente del Nord, a discapito del resto del Paese.

Ed è questo il punto che la Corte Costituzionale ha indicato come incostituzionale e cioè la violazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione che deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana, e cioè che ogni provvedimento adottato, come ad esempio l’autonomia differenziata, deve essere rispettoso dei principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, oltre che dell’equilibrio di bilancio.

Calderoli e compagni hanno fatto l’esatto contrario con questa legge, mettendo a rischio la solidarietà tra le regioni, l’eguaglianza e la garanzia dei diritti dei cittadini, gli equilibri di bilancio e soprattutto i principi di Unità della Repubblica.

Da qui la Corte costituzionale ha ritenuto che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. Quindi, a tal fine, individua nel principio costituzionale di sussidiarietà la regola fondamentale di distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni.

Da qui le diverse cause di incostituzionalità individuate:

-
In merito alle intese tra Stato e Regioni, insieme alla successiva legge di differenziazione nel trasferimento delle nuove materie, la devoluzione delle materie da specifiche funzioni legislative non può prescindere da specifiche funzioni legislative e amministrative e deve essere giustificata, in relazione ad ogni singola regione, alla luce del principio di sussidiarietà;
-
In merito alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali, occorre che siano prima definiti idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale deve essere rimessa nelle mani del governo, il che limita il ruolo costituzionale del Parlamento;
-     La determinazione dell’aggiornamento dei LEP non può essere effettuata da un decreto (DPCM) del Presidente del Consiglio;
-     Così come è incostituzionale la procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023), per la determinazione dei LEP con DCPM, fino all’entrata in vigore dei decreti legislativi per definire i LEP;
-  Va eliminata la possibilità di modificare con decreto ministeriale le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito;
-   Va eleminata la facoltatività, piuttosto che la doverosità, da parte delle regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;
-   Va eliminata la parte in cui nella legge dell’Autonomia Differenziata prevede una procedura per le regioni a Statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali;

La Corte Costituzionale ha inoltre interpretato in modo costituzionalmente orientato altre previsioni della legge e ribadito che spetta al Parlamento colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle regioni ricorrenti.

Insomma, un parere assolutamente condivisibile che costituisce un vincolo difficilmente superabile per la copertura dei vuoti derivanti dalla sentenza.

L’impianto della norma prevede infatti l’obiettivo di impoverire l’erario nazionale, a favore degli interessi delle regioni ricche di diventare ancora più opulente, con la trattenuta delle risorse erariali versate dai propri abitanti allo Stato, ed è proprio questo aspetto ad essere stato di fatto del tutto smantellato dalle varie incostituzionalità.

La possibilità quindi di “colmare i vuoti” appare del tutto impossibile stando così le cose, e Calderoli non credo abbia strumenti per superare tale impedimento.

Il referendum abrogativo a questo punto appare chiaro che non si terrà, mentre occorre mantenere il massimo di attenzione e vigilare sule intenzioni di come vorrà procedere la maggioranza di governo su ciò che resta del provvedimento, che così com’è non produrrà alcun processo di Autonomia Differenziata, ma in compenso grazie alla Consulta sono stati restituiti in pieno i valori, i principi ed i diritti Costituzionali all’intero Paese.


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