Le madri di Calabria, in un romanzo di Giuseppe Trebisacce e dedicato a Cicciarèlle.

"Cicciarèlle. Come un romanzo", è l'ultimo libro, edito dalla Jonia Editrice, scritto dal prof. Giuseppe Trebisacce, Ordinario di Storia della Pedagogia all'Università della Calabria, e di cui è stato anche Pro Rettore.Il grande pedagogista oggi si misura con l’arte del romanzo autobiografico.

di Pino Nano
Sabato 15 Giugno 2024
Roma - 15 giu 2024 (Prima Pagina News)

"Cicciarèlle. Come un romanzo", è l'ultimo libro, edito dalla Jonia Editrice, scritto dal prof. Giuseppe Trebisacce, Ordinario di Storia della Pedagogia all'Università della Calabria, e di cui è stato anche Pro Rettore.Il grande pedagogista oggi si misura con l’arte del romanzo autobiografico.

Autore di decine di testi che in tutti questi anni hanno raccolto l'attenzione e l'ammirazione della critica che più conta, oggi il professore Giuseppe Trebisacce viene considerato uno dei più illustri pedagogisti italiani. È un uomo di immensa cultura umanistica, che per ritrovare le ragioni della sua vita decide un giorno di rimettersi davanti alla sua vecchia macchina da scrivere, e dedicare il suo primo romanzo al grande amore della sua vita, che è stata sua madre.

 

Ne viene fuori una sorta di testamento morale, in cui il figlio affida a sua madre la rappresentanza immaginifica e forte di quella che è stata la storia di una intera generazione di donne, e che al Sud – come sua madre- hanno solo lavorato e faticato per dare un senso diverso alla vita e al futuro dei propri figli. Non poteva che essere così alla fine, dalle pagine di questo libro viene fuori una struggente lettera d’amore a Beatrice, che era il vero nome di sua madre, ma che in paese, in Calabria tutti chiamavano “Cicciarelle”.

 

La confessione, che il grande studioso calabrese affida ai cronisti nel giorno del lancio ufficiale del suo primo romanzo, è a dir poco struggente: “Dopo la morte di mia madre ho voluto ricostruire la sua vita, sentendomi ora a posto nella mia interiorità, perché ho finalmente ritrovato conforto in queste pagine. Questo è un libro che sarebbe rimasto chiuso ancora nel cassetto se, dopo 20 anni, non fossero intervenute le sollecitazioni dei familiari e soprattutto quelle dei nipoti. Ho voluto raccontare proprio a loro la vita, un po’ romanzata, della loro bisnonna. Alcune cose sono state un pò inventate, ma è una storia vera. Cicciarèlle è realmente esistita ed era mia madre”.

Per lanciare il suo libro il grande pedagogista non poteva scegliere compagni di viaggio più accreditati di Nicola Merola e Dante Maffia, due protagonisti assoluti della storia culturale calabrese, due vite quasi parallele, studiosi entrambi di storia e di tradizioni calabresi, ed entrambi vecchi amici del professore. Nicola Merola ne firma la presentazione, Dante Maffia la prefazione, ma dalle cose che scrivono si coglie con mano il desiderio di dichiarare forte a lui, Giuseppe Trebisacce, e a chi leggerà questo scrigno di ricordi personali, la loro immensa amicizia passata.

 

Addirittura, Nicola Merola, che insieme a Giuseppe Trebisacce è stato uno dei padri fondatori dell’Università della Calabria, approfitta di questo spazio iniziale del romanzo per ricordare il loro primo incontro all’Università, e i primi sogni condivisi insieme, in questo che doveva diventare nei progetti originari il primo vero Campus Universitario italiano. Quanta malinconia in questo racconto che ne fa Nicola Merola, ma probabilmente c’è una stagione della propria vita in cui non si può più imbrogliare sé stessi, e allora si racconta la verità fino in fondo. Questa presentazione di Nicola Merola è quasi un romanzo a parte, all’interno del romanzo principale, una storia d’amore che si accavalla alla prima e viceversa, e che danno del grande pedagogista calabrese l’immagine di un “principe solitario”, discreto, riservato, rispettosissimo degli altri, educato a vivere sempre un passo indietro, ma con un cuore che non ha mai negato nulla a nessuno. Io lo conosco da quasi 50 anni e Peppino Trebisacce, perché io lo chiamo Peppino e non Giuseppe, è molto di più di quanto non dicano Nicola Merola e Dante Maffia.

 

Dante Maffia, poeta, scrittore, storico, saggista, già candidato al Premio Nobel, per la sua prefazione al romanzo usa i toni che gli sono più congeniale, e che sono quelli del poeta: “I fatti e gli aneddoti che Trebisacce ha raccolto per creare attorno alla protagonista una serie di indicazioni in modo che il tutto diventasse come un romanzo, sono infiniti e dosati con una perizia narrativa davvero raffinata e matura, a cominciare dalle prime pagine nelle quali Cicciarèlle appare e poi sparisce, per ritornare al momento opportuno in una fisicità aurorale che ha del magico. Un dono che probabilmente Giuseppe Trebisacce possiede come fatto naturale ma anche frutto dei suoi studi pedagogici che gli hanno fatto considerare gli eventi in una luce complessiva e non come casuali modi di esistere, come accadimenti senza ragioni”.

 

“Questo libro – chiarisce lo stesso Giuseppe Trebisacce- vuole anche essere un omaggio particolare alle tante donne che, come Cicciarelle, nel più assoluto anonimato, sono cresciute in silenzio in una società spesso distratta e che sembrava non accorgersi della loro presenza e dei loro sacrifici”.

 

Come dire? Io qui vi racconto mia madre, ma questa di mia madre è in realtà la storia vera, e a volte anche cruenta e tristissima di migliaia di altre donne che come lei che hanno patito la miseria, la guerra, la diffidenza, l’emigrazione, la cattiveria di certi paesi e di certe nostre comunità, e soprattutto la lontananza dal resto del mondo.

 

Un romanzo bellissimo, davvero struggente, dove la violenza di certi ambienti fisici, e di certi periodi storici, è avvolta dalla dolcezza con cui l’autore racconta sua madre. Il loro sembra ancora un amore tutto da vivere, forse mai vissuto per intero, o forse anche spezzato sul più bello, ma questa è la vita.

 

Cicciarèlle, è l’esaltazione di una donna del popolo che il romanzo inquadra in un lasso di tempo a cavallo tra il 1915 ed il 1946, alle prese con le tante privazioni di quella stagione, e profondamente segnata dall’emigrazione del padre o la partenza del fratello per la guerra in Russia. “Una donna d’altri tempi- scrive l’autore nel suo romanzo-, capace di insegnare l’arte della vita e del sapere, lavorando intensamente senza sosta alcuna, con il caldo cocente o la pioggia battente. Una mamma del Sud, che ha vissuto sin dai primi anni del Novecento, tra la dura guerra e la disgraziata dittatura, con la paura nel cuore per quel conflitto bellico che spesso faceva pagare caro dazio con morte e terrore, ma che nonostante tutto, si è rimboccata le maniche, come si suol dire comunemente, per “sfidare” la storia e la sorte e andare avanti, con l’unico scopo di crescere i figli e indirizzarli, con sacrifici e sudori, verso un futuro migliore, senza chiedere nulla in cambio, senza pretendere mai nessun riconoscimento, pur meritando la Palma d’oro”.

 

Un vero e proprio atto d’amore- conclude il poeta Dante Maffia nella sua postfazione- “per una donna, Cicciarèlle, che ha saputo tenere stretti nel palmo di una mano, amore per il marito, per i figli, considerazione per parenti e amici, pietà per i dolori e per la morte”.

 

Ma il libro è ancora più intenso di quanto io non vi abbia raccontato.

 


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