Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
"La sorpresa davanti alla violenza può essere tale da superare la volontà contraria della vittima, che non può difendersi".
"La sorpresa davanti alla violenza può essere tale da superare la volontà contraria della vittima, che non può difendersi".
Il "ritardo nella reazione" della "vittima", vale a dire "nella manifestazione del dissenso", è "irrilevante" ai fini della "configurazione della violenza sessuale". Su tale aspetto, "la giurisprudenza è netta", perché la "sorpresa" per la violenza "può essere tale da superare" la "contraria volontà", mettendo la vittima nella "impossibilità di difendersi".
E' quanto stabilisce la Corte di Cassazione che, a seguito del ricorso presentato dal sostituto pg di Milano Angelo Renna, ha disposto, lo scorso 11 febbraio, un nuovo processo d'appello di secondo grado nei confronti di un sindacalista 48enne, impiegato all'aeroporto di Malpensa, accusato di violenza sessuale contro una hostess, assolto dai giudici milanesi perché lei, in 30 secondi, avrebbe potuto opporsi.
Per la Suprema Corte, invece, le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado, che avevano suscitato scalpore, non sono "in linea con i pacifici orientamenti giurisprudenziali", dunque l'assoluzione deve essere annullata con rinvio ad un processo d'appello bis.
Per la Corte d'Appello di Milano, che aveva confermato quanto stabilito dai giudici di Busto Arsizio nel 2022, i comportamenti del 48enne, difeso dall'avvocato Ivano Chiesa, che i pm avevano definito abusi sessuali, non erano tali "da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta". Una condotta che, per i giudici, "non ha (senz'altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale" di "20-30 secondi", che "le avrebbe consentito anche di potersi dileguare".
Quattro mesi fa, accogliendo il ricorso presentato dalla Procura generale milanese sostenuto anche dal pg della Cassazione, la Terza Sezione Penale della Cassazione, presieduta da Giulio Sarno, ha disposto l'appello bis, ritenendo, secondo quanto si legge nelle motivazioni diffuse stamani, che "entrambe le decisioni" di primo e secondo grado "non abbiano fatto buon governo dei consolidati principi affermati dalla giurisprudenza in materia di violenza sessuale".
I giudici di entrambi i processi non hanno mai "dubitato della insidiosità e repentinità degli atti sessuali", che vanno ad integrare "di per sé la violenza sessuale, ma hanno immaginato che la durata del contatto escludesse l'insidiosità del gesto e comportasse la necessità della violenza, della minaccia e dell'abuso di autorità per pronunciare la condanna".
Invece, precisa la Suprema Corte, "è chiaro" che la hostess (che è parte civile ed è difesa dall'avvocato Teresa Manenti) nel 2018 era andata dall'allora sindacalista "per esporre un problema di lavoro e che per tutto il tempo aveva mantenuto in mano la cartellina contenente i documenti, era rimasta del tutto disorientata e sguarnita rispetto ai comportamenti dell'uomo".
I giudici chiariscono come "nella letteratura scientifica" venga "spiegato il fenomeno del blocco emotivo o freezing, cioè l'incapacità di reazione dovuta alla paura o al frastornamento per l'imprevedibilità della situazione e l'incapacità di fronteggiarla". Tuttavia, non "esiste un modello di reazione o un modello di vittima".
Secondo la Cassazione, dunque, i giudici dei due processi hanno stabilito la mancanza di violenza con una conclusione "meramente congetturale".
E anche in merito alla "mancata percezione del dissenso della donna" il ragionamento della Tribunale e della Corte è "fallace": nella giurisprudenza, infatti, è "pacifico" il principio secondo cui chi "agisce" deve avere "il consenso del destinatario degli atti sessuali, o comunque non lo escluda sulla base del contesto, anche in caso di gesto repentino". Il nuovo processo d'appello, che dovrà svolgersi a Milano, deve tenere conto di questi paletti riaffermati dai Giudici Supremi.