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A 41 anni dall'omicidio di Stefano Li Sacchi, il portiere che ha sacrificato la propria vita per la giustizia, l'Italia deve ricordare il suo coraggio e riconoscerlo con una medaglia al valore civile.
A 41 anni dall'omicidio di Stefano Li Sacchi, il portiere che ha sacrificato la propria vita per la giustizia, l'Italia deve ricordare il suo coraggio e riconoscerlo con una medaglia al valore civile.
Era la mattina del 29 luglio 1983 quando un'esplosione devastante squarciò la calma di Via Pipitone Federico a Palermo. L'attentato dinamitardo, che mirava a eliminare il giudice Rocco Chinnici, segnò una delle pagine più buie della lotta contro la mafia in Italia. Quell'atto terroristico non solo pose fine alla vita di Chinnici, ma stroncò anche l'esistenza di altre tre persone: il maresciallo dei Carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta, e Stefano Li Sacchi, il portiere dello stabile in cui abitava il giudice.
Stefano Li Sacchi era il portiere del condominio di Via Pipitone Federico 59, dove viveva il giudice Rocco Chinnici. Uomo semplice e dedito al lavoro, era diventato nel tempo un fidato custode e amico del giudice. Li Sacchi rappresentava la figura di quell'Italia onesta e laboriosa che si contrapponeva all'ombra della mafia. In quel fatidico mattino, il suo impegno e la sua fedeltà al dovere si rivelarono fatali.
Li Sacchi non era solo un portiere, ma un pilastro della comunità: conosceva ogni inquilino, salutava con un sorriso, e garantiva sicurezza e tranquillità in quel quartiere assediato dalla paura e dall'omertà. La sua presenza rassicurante e la sua professionalità esemplare fecero di lui un punto di riferimento per molti, compreso il giudice Chinnici, che si fidava ciecamente di lui.
Nel frastuono mediatico che seguì l'attentato, la figura di Stefano Li Sacchi rimase in ombra, offuscata dal rilievo dei nomi più noti. Nonostante il suo sacrificio estremo, l'Italia non ha mai riconosciuto ufficialmente il suo coraggio con una medaglia al valore civile. Eppure, Li Sacchi è morto perché svolgeva il suo lavoro con dedizione, proteggendo il palazzo e i suoi abitanti, incluso il giudice Chinnici.
L'attentato fu opera di Cosa Nostra, una risposta brutale alla lotta senza tregua che il giudice Chinnici stava conducendo contro il crimine organizzato. Stefano Li Sacchi, al pari dei suoi compagni caduti, rappresentava un ostacolo a quell'impero del terrore, e per questo pagò con la vita.
Un Appello per la Giustizia
A 41 anni di distanza da quei tragici eventi, è tempo che Stefano Li Sacchi riceva il riconoscimento che merita. La sua storia è una testimonianza del coraggio quotidiano che tanti italiani hanno dimostrato nella resistenza alla mafia. Riconoscere il suo sacrificio con una medaglia al valore civile non è solo un atto di giustizia nei confronti della sua memoria e della sua famiglia, ma anche un messaggio forte che l'Italia vuole lanciare: la lotta contro l'illegalità è fatta anche di piccoli gesti di eroismo, spesso invisibili, che meritano di essere portati alla luce.
Ricordare Stefano Li Sacchi significa anche riaffermare l'importanza della memoria storica come strumento di impegno civile. La mafia prospera nell'oblio, nel silenzio, nell'indifferenza. Dare voce a chi ha sacrificato la propria vita è un modo per continuare la lotta che Rocco Chinnici e tanti altri hanno intrapreso.
I giovani devono conoscere queste storie, devono sapere che persone come Stefano Li Sacchi hanno camminato sulle stesse strade che percorrono oggi, affrontando minacce e pericoli con dignità e coraggio.
Stefano Li Sacchi non è un eroe dimenticato; è un eroe invisibile che aspetta di essere riconosciuto. L'Italia ha l'opportunità di riscrivere una parte di questa storia, dimostrando che il sacrificio di un uomo semplice non è stato vano. La medaglia al valore civile a Stefano Li Sacchi non è solo un riconoscimento postumo, ma un atto dovuto di gratitudine e rispetto verso chi ha scelto di stare dalla parte giusta della storia.
Oggi, più che mai, il suo esempio risuona come un monito: la giustizia non può esistere senza coraggio, e il coraggio di Stefano Li Sacchi non può restare senza un giusto riconoscimento.