'… Ma tu rimani, buon compleanno Faber': alla Camera l'omaggio a De Andrè

Dori Ghezzi: "Uno dei rapitori disse che preferiva Guccini. Fabrizio gli rispose: potevate prendere lui allora".

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Martedì 18 Febbraio 2025
Roma - 18 feb 2025 (Prima Pagina News)

Dori Ghezzi: "Uno dei rapitori disse che preferiva Guccini. Fabrizio gli rispose: potevate prendere lui allora".

"Anche io ho scritto cose da tormentarsi sul divano, tipo Marinella (…). Però ogni tanto un po' di impegno può, forse, servire. Non so fino a che punto. Serve a far parlare di certi argomenti. Non serve sicuramente a fermare nulla, guerra compresa". 

E' quanto diceva Fabrizio De André (Genova, 18 febbraio 1940 - Milano, 11 gennaio 1999), il poeta a favore degli ultimi, il cantautore umano, punto fermo nella formazione di diverse generazioni.

Oggi, giorno in cui avrebbe compiuto 85 anni, la Sala della Regina della Camera dei Deputati ha ospitato '… Ma tu rimani, buon compleanno Faber', un omaggio promosso dalla Presidenza della VII Commissione Cultura e organizzato da AssoConcerti, in cui si sono ritrovati istituzioni, colleghi, affetti e anche ragazzi delle scuole superiori.

"Oggi qui c'è la vice presidente della Camera, ma c'è anche una persona che ha 17 anni suonava in una cover band di Fabrizio De André che si chiamava Anime salve - ha detto l'onorevole Anna Ascani introducendo l'evento - A testimoniare che le sue parole non sono tramontate, ma più vive che mai, che parlano all'Italia di oggi e dell'Italia di oggi, sono anche i giovani che portano le sue canzoni a Sanremo", come Olly, il vincitore del Festival, che ha portato "Il Pescatore" in coppia con Goran Bregovic, nella serata dei duetti.

"De André passava per uomo autorevole e serioso, invece era una persona molto simpatica, autoironica e di grande dolcezza d'animo", ha ricordato il Sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, che con "Coda di lupo" lavorò in qualità di organizzatore di eventi.

"Fabrizio De André appartiene alla tradizione letteraria e poetica, oltre che musicale, del Novecento italiano -ha continuato il presidente della Commissione cultura, Federico Mollicone - Se oggi ci troviamo qui non è solo perché ha scritto capolavori ancora ascoltati da tutti, ma perché è stato un evocatore di mondi, un raccontatore di storie uniche e universali, che raccolgono luoghi, tradizioni, dialetti, persone".

"Un uomo e un artista - ha fatto eco il presidente di AssoConcerti Bruno Sconocchia, all'epoca suo manager - che ci ha lasciato un'eredità non solo musicale, ma culturale e sociale centrata sulla capacità critica, l'attenzione per il diverso e l'emarginato, la ricerca di giustizia e di libertà".

Tra i video di archivio, le esibizioni di Paola Turci e Paolo Fresu e gli aneddoti di Gino Castaldo, c'è stato spazio anche per il De André più intimo, raccontato dalla compagna di una vita, Dori Ghezzi, che oggi presiede la Fondazione Fabrizio De André, con cui l'Assessore alla cultura di Roma Capitale, Massimo Smeriglio sta lavorando "alla prossima edizione del premio De André, a Roma, nel quartiere della Magliana, dove c'è una piazza a lui dedicata".

La cantante è partita dal 1979, anno in cui la coppia fu rapita in Sardegna dalla Anonima Sequestri. "Uno dei rapitori - ha raccontato ai ragazzi presenti - disse che preferiva Guccini. Fabrizio gli rispose: potevate prendere lui allora". Qualche mese dopo il loro rilascio, De André scrisse L'indiano, brano in cui esprimeva la sua solidarietà ai rapitori, considerati "vittime" come lo furono gli indiani d'America.

"Dopo quel disco i rapimenti non son più accaduti - ha aggiunto Ghezzi - A qualcosa è servito, si sono un po' vergognati". Quell'episodio, però, "ci ha insegnato il valore del concetto di libertà".

"Fabrizio ha sempre ammesso di non avere certezze in tasca. Quello che diceva era ciò che avvertiva in quel momento, ma poi poteva essere smentito", ha proseguito. Qual è stata la canzone che lo rappresentava di più? "Non ha mai voluto apparentemente cantare se stesso, tranne che in Hotel Supramonte. Dei suoi amori, ad esempio, non ne parlava, se non quelli passati. Oppure ti sembrava raccontasse vite di altri e invece era lui. Possibile, ma non ho mai voluto scoprirlo neanche io", ha concluso Ghezzi.


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