1973-2023, mezzo secolo di legge speciale. Venezia, “I love you ”
Cosa è successo a Venezia dopo l’alluvione del 1966? Lo storico inviato speciale della Rai Maurizio Crovato ci spiega qui cosa è cambiato per Venezia, e che cosa è accaduto nei 50 anni che sono seguiti a quella catastrofe.
di Maurizio Crovato
Giovedì 02 Marzo 2023
Venezia - 02 mar 2023 (Prima Pagina News)
Cosa è successo a Venezia dopo l’alluvione del 1966? Lo storico inviato speciale della Rai Maurizio Crovato ci spiega qui cosa è cambiato per Venezia, e che cosa è accaduto nei 50 anni che sono seguiti a quella catastrofe.

Venezia, come problema di preminente interesse nazionale. Lo stabiliva una legge del 1973, la numero 171, dopo sette anni dalla terribile alluvione del 4 novembre del 1966, con livello di marea a 194 centimetri dal medio mare, dopo 11 anni dal convegno internazionale della Fondazione Cini che dichiarava ufficialmente al mondo che la città aveva un problema di sopravvivenza fisica.

Da questa legge del 1973 che doveva risolvere tutte le contraddizioni della città storica, è passato giusto mezzo secolo. Solo per fare un piccolo esempio i Murazzi, la più grande opera di salvaguardia ambientale precedente, concepita dal bresciano Bernardino Zendrini, fu terminata in 41 anni (1741-1782). E non esisteva ancora il mondo meccanizzato.

Per comprendere il disincanto dopo 50 anni, penso ad un fatto di cronaca odierno. È scoppiato l’acquedotto in una delle arterie principali di Venezia, facendo sprofondare due ignari cittadini, a causa della voragine creata. Per la prima volta dopo il Mose ecco spuntare l’acqua alta (di acqua dolce….) in città. L’acquedotto comunale fu inaugurato nel 1884, la legge speciale avrebbe garantito i fondi per la modernizzazione delle strutture antiche. Molte tubature in ghisa sono quelle ottocentesche. Anche il sistema fognario (medioevale) avrebbe dovuto essere ripensato, con i fondi speciali. Per il momento è a carico dei cittadini che vogliono ristrutturare la casa e hanno l’obbligo della fossa biologica. Una spesona.

Dunque, durante il governo Andreotti II e prima che arrivasse il Rumor V, della Prima Repubblica novecentesca, ecco che il problema di salvare Venezia e la sua laguna, diventava “nazionale” e improrogabile.

All’epoca il centro storico superava ancora i 100 mila abitanti, oggi ridotti a meno della metà. Anche il capitale umano era considerato un patrimonio da salvaguardare.

1973-2023, riflessioni per un disincanto.

In tutti questi anni sono stati una ventina i Comitatoni (ovvero il comitato interministeriale previsto dalla Legge speciale e presieduto dal presidente del consiglio). La maggior parte si sono svolti a Roma. I soggetti attuatori avrebbero dovuto essere, oltre allo Stato: la Regione, i comuni, i consorzi di bonifica, le aziende di servizi idrici integrati. Il primo Piano direttore della Regione Veneto è del 2000. L’Arpav doveva seguire il progetto esecutivo di informatizzazione. Poi seguirono tre leggi speciali aggiunte per i finanziamenti. La n.798 del 1984, la n.360 del 1991 e la n.139 del 1992. Tanto per rendere ancora più burocratica la vicenda, l’art.5 della prima legge speciale istituiva la Commissione di Salvaguardia. Una miriade di esperti per rendere più complicate le cose. Nel 1982 partiva il Consorzio Venezia Nuova. Inutile ricordare che il capofila era il Gruppo Fiat, che infatti si stabilì a Venezia a Palazzo Grassi.

Nel 1984 ecco pronto il criticatissimo (da Italia Nostra e WWF) piano degli interventi. Il ministro socialista veneziano Gianni De Michelis, sempre nel 1984, lancia l’idea dell’Expo a Venezia per il 1997. Due secoli esatti dalla fine della Serenissima. Apriti cielo. Prende corpo il Fronte del No. Erano solo gli inizi. L’8 novembre 1986 in un solenne incontro a Palazzo Ducale, addirittura nella sala dei Pregadi, il presidente del Consiglio Bettino Craxi, decisionista per vocazione, lancia la data. Entro il 1995 il Progetto Venezia sarà concluso e la città potrà festeggiare “serenissimamente” il suo bicentenario. Arriva il Concerto dei Pink Floyd il 15 luglio 1989. Un disastro annunciato e nessuno vuole restare con il lumino della colpa in mano, anche chi era prima favorevole, nasconde velocemente il braccio della colpa politica. A dicembre il sindaco Antonio Casellati e i componenti della giunta vanno a Parigi, sotto gli uffici dell’Expo a urlare il parere sfavorevole all’esposizione mondiale. Nessun problema. Spagna e Siviglia ringrazieranno. L’anno successivo, 1990, la nuova giunta Bergamo (Dc) ritira la candidatura. Arriva nel 1993 il sindaco Cacciari a porre una serie di dubbi e di paletti al Progettone che un po’ alla volta diventa Mose. Nel 1996, sempre Cacciari, sollecita al governo Prodi almeno i soldi speciali per l’escavo dei canali. Ma i finanziamenti arrivano sempre con il lumicino. Nel 1998 ci penserà la Commissione Via del ministero dell’Ambiente ad esprimere parere contrario alle barriere mobili. Seguono varie sentenze del TAR, con appelli e contro appelli, e finalmente nel 2001, con il governo Amato, dà l’ok alla fase progettuale esecutiva. Il CIPE garantirà i finanziamenti al sistema Mose (che tra una tranche e l’altra arriverà a superare i sei miliardi di euro). I tecnici olandesi sorridono: le barriere gigantesche sullo Schelda sono costate quasi un decimo in meno). Siamo arrivati nel 2003, alla posa della prima pietra per il Mose. Sarà il sorridente “muratore” Berlusconi a prendere cazzuola e malta per l’avvio dei lavori in laguna. Ma nel 2003 ai tempi del sindaco Paolo Costa fu commesso un errore molto grave e imperdonabile. I finanziamenti del Mose hanno drenato tutte le risorse previste dalla legge speciale. I numeri: se nei primi 30 anni, bene o male arrivavano alla città circa 90 milioni di euro all’anno, nei successivi 20 i finanziamenti non erano più di 9 annuali. Una cosa è il Mose e la salvaguardia fisica, un’altra è la manutenzione della città, evitare l’esodo, proteggere il capitale umano. Venezia costa un botto. Fondamenta, rive, intonaci, canali in secca, fanghi richiedono lavori continui.

L’anno successivo nel 2004 il TAR del Veneto rigetta tutti i ricorsi presentati da Italia Nostra, WWF, Comune e Provincia di Venezia.

Ma arriva tosto il tempestoso 2014, 35 arresti per lo scandalo Mose, domiciliari per il sindaco di Venezia Orsoni e fine dell’era Galan, presidente della giunta regionale del Veneto. La Procura di Venezia coinvolge tutta la politica locale, da destra a sinistra, nessuno escluso, ministri compresi. Un bel casino.

Anno 2023, mezzo secolo dopo. Stanno terminando le fasi sperimentali del Mose. È già entrato in funzione 20 volte e scongiurato il pericolo acque alte. Il valore delle case a pianterreno aumenta vorticosamente. Gli appartamenti b&b e le residenze turistiche superano le case dei superstiti veneziani, arrivati alla fatidica cifra 49.999. Un numero miliare.

I profeti dei cambiamenti climatici già parlano di opera obsoleta e inutile.

Tanti auguri e buon mezzo secolo legislazione speciale.


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