Calvi dell'Umbria (Pg): al via il Calvi Festival 2024

La nona edizione sarà inaugurata il 2 agosto alle ore 18:00 con la mostra “Eidos, le forme dell’idea”, a cura di Silvio Versace.

(Prima Pagina News)
Mercoledì 24 Luglio 2024
Perugia - 24 lug 2024 (Prima Pagina News)

La nona edizione sarà inaugurata il 2 agosto alle ore 18:00 con la mostra “Eidos, le forme dell’idea”, a cura di Silvio Versace.

Calvi dell'Umbria (Pg): al via il Calvi Festival 2024
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Dal due di Agosto prenderà il via la IX Edizione della manifestazione Calvi Festival 2024, diretta da Francesco Verdinelli. Un paese in festa per tutta la bella stagione. Quest’anno ad aprire la kermesse estiva - presso l’ex Monastero delle Orsoline in Via Daniele Radici, 1, nella cittadina di Calvi dell' Umbria, perla della sabina laziale alle pendici del monte Pancrazio – toccherà alla mostra d’arte “Eidos, le forme dell’idea”; la mostra è oramai un appuntamento rituale per la tradizione di “Calvi e l’Arte”, l’inaugurazione è per Venerdì 2 Agosto alle Ore 18.00, la curatela dell’evento è cura di Silvio Versace, La presentazione è di Rosario Sprovieri. L’appuntamento con la pittura e la scultura quest’anno è la punta di diamante della corposa proposta culturale del mese d’Agosto che, grazie all’amministrazione Comunale, si protrarrà sino alla giornata di sabato 31. Un carniere ricchissimo di eventi di grande valore culturale, una carrellata di buona Musica, con tanti appuntamenti di grande spessore con il gran Teatro protagonista, poi Cinema, fuochi pirotecnici, e la tradizionale musica bandistica, gli sbandieratori, la festa bavarese della birra in gemellaggio con la città di Peiting e, ancora il florovivaismo, la botanica, la pittura e l’artigianato.

L’appuntamento – per tutti - è per il primo degli eventi: alla mostra d’arte: “Eidos, le forme dell’idea” a cura di Silvio Versace; dove avremo l’opportunità di vedere le opere pittoriche e scultoree di sei artisti storicizzati che, non solo hanno un curriculum di tutto rispetto, ma che provengono tutti da una solida formazione certificata dalla frequentazione e dal conseguimento di titoli studi specializzati presso le Accademie delle Belle Arti di via Ripetta a Roma e della città di Napoli. Sei saranno gli artisti in esposizione:

Antonietta Aulicino. Laureata in Architettura presso l’Università Federico II di Napoli, specializzata in Disegno e Storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, che ha poi conseguito anche la Laurea Magistrale in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. La Aulicino esporrà alcune sue opere che sono estratti visionari e intimi, liriche pulsanti, ricche di pathos, di delicata e sensibile poetica, che nella vita, permettono all’artista, attraverso colore e ricerca, l’approfondimento e la conoscenza dell’inquietudine umana. La Aulicino è affascinata dalla poetica - sempre attuale - della poetessa di Amherst Emily Dickinson: “To make a praire”: “Per fare un prato/occorrono un trifoglio ed un’ape/un trifoglio ed un’ape/e il sogno!/Il sogno può bastare/se le api sono poche”.

Succede che le sintonie musicali della poesia della Dickinson e le armonie della pittura che inscena l’Aulicino risuonino tuttora all’unisono, perché l’artista attraverso la sua pittura riesce davvero a stringere un legame speciale con la straordinaria sensibilità femminile della poetessa di Amherst. Così, la sua visionarietà diventa una specie di campo magnetico, forze irresistibili l’hanno spronata a esplorare le profondità dell’animo umano e,  questo ne ha arricchito esperienza e tenacia; tracce e segni del colore, che sono il frutto di una faticosa introspezione privata, hanno donato all’artista nuovi stimoli e nuova luce, che poi ella ha affida alle sfumature e al magma del colore, per la meticolosa definizione di tutte le visioni che ha immortala nei suoi quadri.

Luciano Maccioni è nato a Roma nell’anno della nevicata del 1956. La sua ricerca artistico-espressiva è iniziata negli anni ’80, e – da subito - si è connotata per l’esplorazione stilistica e l’innovazione nell’assemblaggio di parecchi materiali che oramai sono diventati riconoscibili, peculiarità identificativa di tutta la sua produzione artistica. Il motivo ricorrente della sua attività espressiva e della sua ricerca lo ha affidato alle sue giocose “macchinine”, piccole icone di automobili appena abbozzate, fanciullesche, ironiche e immaginarie, veicoli buffi prese magistralmente nel momento del gioco più innocente e più libero. Maccioni ha i colori di Mario Schifano e, per un certo verso appartiene a quel modernismo classico che ispirò il “clown” a Poul Klee, possiede tante delle inclinazioni primitiviste che, oggi, lo avvicinano al pittore della modernità Mathias Tossa del Benin. I colori in gioco per Luciano Maccioni sono frutto di sperimentazione e conoscenza della materia dell’arte, ogni richiamo non è mai casuale, ma è una elaborazione di tematiche della pittura che prima lo hanno interessato e coinvolto e poi ne hanno riempito le sue scene. L’artista ha una ottima visione dello sfondo pittorico che ben definisce in ogni piccolo spazio; il risultato è sempre sorprendente, una varietà di colori distribuiti armonicamente che si integrano e si completano come un concerto armonico per archi, fagotto e flauti.

Maria Ludovica Pennacchia è nata a Roma dove ha prima frequentato il Liceo Artistico è poi ha conseguito la laurea in Architettura. Ha una predilezione speciale per la scenografia urbana, nata al culmine del ciclo scolastico, quando ha redatto la tesi di laurea proprio sulla “riqualificazione dell’area del Circo Massimo”. Imprenditrice ed arredatrice, da tempo tenta di completare e coniugare il lato artistico con quello progettuale. Nell’Urbe ha frequentato l’atelier del maestro Lamberto da Roma e, nel 2022, ha conseguito la Laurea biennale specialistica in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di via Di Ripetta. Affascinata dalla pittura classica, ne ha fatto fonte d’ispirazione e di nutrimento dello spirito e di comunione con l’anima ed è questo che le permette di progettare, approntare e ridar vita a scene leggendarie, come la sua favolosa “serra vittoriana abbandonata”. Così bene muove le sue mani per assecondare l’idea guida, dove il tocco anela alla perfezione dal disegno fitologico, alle mille forme della botanica immaginaria e immaginale, agli alberi, ai fiori, alle erbe, alle piante parlanti e, alle molte altre stravaganze vegetali. Artista visionaria e sognatrice, propone scenari dell’infanzia, palpiti custoditi nelle pieghe della memoria, fra i sogni più amati, dove la natura ha conservato intatta tutta la sua bellezza e il suo mistero.

Luciana Tancioni è nata a Rieti, attualmente vive e lavora a nella cittadina di Mentana alle porte della Roma Metropolitana. Laureata in Psicologia presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito il Diploma Accademico di Secondo Livello in Pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma. Le sue opere, nate dalla ricchezza della sua fantasia, sono ispirate alla natura e all’universo e sono realizzate con utilizzo di ogni tipo di materiale, possiedono tutte un cromatismo marcato, intenso, che ne evidenzia la grande energia vitale. L’artista appartiene a quella grande aggregazione di giovani pittori, oggi diffusi in Europa e nel mondo, interpreti di quell’arte che prosegue tutt’oggi a indagare nei tratti e nelle atmosfere  che appartennero a Jackson Pollock. La Tancioni mostra tanti i riflessi della pittura della modernità, a me per esempio, “Prime luci d’oriente” corposa opera della pittrice, richiama alla mente la tematica pittorica di Antonio Blazquez Vieco e le sperimentazioni della artista di Amburgo Ingrid Strecker e, ancora “L’aurora che annuncia il mattino” e “Momento del tempo sospeso” altre opere di atmosfera vangoghiana, mi richiamano alla mente “Lampo verde sul mare - L'éclair vert sur la mer” del maestro Leon Spilliaert, soprattutto per la profondità del suo paesaggio intriso di tristezza, sicuramente parto del sogno, degno di un buon espressionismo e di buon simbolismo. Tante opere sono realizzate utilizzando materiali e tecniche diverse, la pittrice predilige e usa l’azzurro in ogni sua sfumatura, quell’azzurro che è il principe del colore e, che le permette splendidamente di mettere in risalto emotività e stato d'animo.

Silvio Versace nato a Napoli nel 1950 ed è Laureato in Giurisprudenza. La passione per la pittura da sempre, è la peculiarità principale del suo percepire il mondo e del relazionarsi con la comunità degli umani. Silvio Versace ama creare, inventare paesaggi astratti, forgiarli con le proprie mani. Ricchissima la proposta pittorica del maestro Versace, una raccolta originale, vissuta, plasmata, cesellata con ogni attenzione, come se si trattasse – ogni singola volta – d’incastonare un mosaico pregiato di ori, argenti, ambre, ametiste, smeraldi, rubini, diamanti e zaffiri. La visione finale sorprende e cattura, ogni particolare non è mai messo a caso, tutto ha un posto e un senso, c’è una armonia diffusa che si sprigiona da ogni singolo segno. Le opere si mostrano bene e, ti prendono al cuore e, nel mentre si lasciano amare, depositano dentro di noi tracce indelebili che riscaldano il cuore. “Agglomerato”, l’astratto geniale dell’artista, riporta alle visioni di Magritte, al tratto di Marino Marini, di Hans Orlowsky e alla fantasia di Alberto Magnelli. La serie di “Vasi in riquadri” ha dentro i suoi cromatismi tutta la simbologia e la visionarietà del “Vaso con fiori”, di Pietro Melecchi, l’aria naturale del “Florero” della centenaria Clement Kathleen (Caterina Clemente) e della Natura morta “au vase de fleurs, livres in bouteilles sur devant una fenetre” opera di Ismael Gonzales de la Serna. Il maestro ama arte e artisti, amici della passione comune che ritiene indispensabili e specchio della propria vita, sempre necessari per i momenti di consolazione e per l’innesco d’ogni rinascita che avvia la  fucina dell’immaginazione e che ne accompagna, con serenità, il passo verso il futuro. Artista passionale unico e irripetibile e come gli interpreti dell’arte, non riproducibile.

Guglielmo Zamparelli è nato a Napoli, risiede a Roma.  Scultore Laureato in pittura, cultore della materia tecnica della scultura, ha approfondito ogni azione  in “Tecniche della scultura”  presso l’Accademia delle Belle Arti di via di Ripetta a Roma. Esperto di costruzioni ha inteso dare un nuovo impulso alla sua capacità di trasformare l’idea in una scultura, ne ha imparato ogni singolo passo, poi come un fiume in piena ha iniziato a dare forma e sostanza alle sue visioni d’arte. “Il mio augurio - ci dice lo scultore – è che l’opera d’arte possieda un codice universale, che può essere compreso da tutti”. L’auspicio dell’artista è quello di suscitare sempre emozioni, riflessioni,  di poter lanciare un messaggio che magari facendo sintesi emozioni e allo stesso tempo interpreti bene realtà e vita. “E’ l’idea la parte determinante dell’opera d’arte”. Zamparelli tratta con sapienza ogni materia, dalla creta, al ferro, al marmo,  al piombo; da tutto trae narrazioni comprensibili e toccanti. Innanzi al suo studio di un volto di creta mostra una spiccata familiarità con le elaborazioni scultoree di Hermann Mejer il maestro Argentino autore del “Volto Robert, Holy Spirit's poet". La sua opera monumentale “Il Papa orante”, mostra un Papa sofferente che ha addosso tutto il carico della tragedia umana, molto ma molto vicino al pontefice chino di Luciano Minguzzi, lo scultore Bolognese che ha realizzato la "Porta del bene e del male" della basilica di San Pietro in Vaticano. I suoi “fiori di lamiera che s’innalzano verso il cielo” hanno l’atmosfera de “Estrella de Luz. Fiore blu.” Dello scultore Pablo Atchugarry, il maestro uruguaiano conosciuto per le sue opere astratte che, attualmente ha scelto di vivere quasi tutto l’anno a Lecco, sino a quando è sostenibile il richiamo della sua amata terra natìa, che lo riporta a Manantiales in Uruguay.  


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