Consulta, ecco la sentenza in tema di libertà di espressione dei parlamentari in carica

Corte Costituzionale. Le opinioni dei parlamentari, anche se rese fuori dalle sedi di camera e senato, sono insindacabili se connesse all’esercizio delle funzioni, ma devono rispettare la dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica.

di Pino Nano
Giovedì 20 Giugno 2024
Roma - 20 giu 2024 (Prima Pagina News)

Corte Costituzionale. Le opinioni dei parlamentari, anche se rese fuori dalle sedi di camera e senato, sono insindacabili se connesse all’esercizio delle funzioni, ma devono rispettare la dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica.

“Le dichiarazioni di deputati e senatori rese fuori dalle sedi delle Camere, quali quelle sui social media, sono insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost. al fine di proteggere da condizionamenti lo svolgimento del mandato. Devono però pur sempre essere qualificabili come opinioni ed essere connesse all’esercizio della funzione parlamentare, oltre che essere espresse in forme improntate al rispetto della dignità dei terzi”.

È quanto ha precisato e ribadito la Corte costituzionale che con la sentenza n.104, depositata in queste ore, (Presidente, Barbera–Redattore, Patroni Griffi) ha infatti respinto un conflitto di attribuzione promosso dal Tribunale di Milano contro la Camera dei deputati, che aveva affermato l’insindacabilità delle dichiarazioni rese dall’allora deputato Carlo Fidanza in un video su Facebook pubblicato nel dicembre 2018.

La vicenda viene efficacemente ricostruita da una nota ufficiale della stessa Consulta.

“Nel video, il deputato Carlo Fidanza aveva espresso affermazioni critiche in ordine a una mostra – intitolata “Porno per bambini” – che si sarebbe dovuta tenere in un locale a Milano. Due giorni dopo, a tal proposito aveva presentato un’interrogazione parlamentare. A seguito di querela per diffamazione presentata nel febbraio 2019, la Camera dei deputati – su richiesta del Tribunale di Milano – nel gennaio 2023 aveva deliberato che quelle affermazioni sono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, in quanto tali insindacabili”.

Il Tribunale di Milano, ritenendo invece che esse fossero espressione del diritto di critica di cui parla l’art. 21 della Cost., ha promosso il conflitto, “ritenendo impedito l’accertamento, che spetta all’autorità giudiziaria, circa il superamento o meno dei limiti alla libertà di manifestazione del pensiero”.

Nel respingere il ricorso, la Corte ha invece ribadito che l’insindacabilità delle opinioni prevista dall’art. 68, primo comma, Costituzione, vuole garantire alle Camere che i parlamentari possano svolgere nel modo più libero la rappresentanza della Nazione delineata dall’art. 67 Cost.

“Escludendo ogni forma di responsabilità giuridica- si legge nel testo della sentenza della Corte-, la Costituzione pone dunque una deroga al principio di parità di trattamento davanti alla giurisdizione, tanto più delicata in quanto l’opinione espressa dal parlamentare può collidere con beni della persona – onore, reputazione, dignità – qualificati come inviolabili. Proprio in ragione del necessario contemperamento degli interessi in gioco, la Costituzione non protegge qualsivoglia opinione, ma soltanto quella resa nell’esercizio della funzione parlamentare, indipendentemente dal luogo in cui essa venga espressa”.

Tutto dunque perfettamente legittimo se non si lede la dignità, l’onore e la reputazione dei destinatari della critica. La Corte ha quindi sottolineato che “il punto d’equilibrio tra gli antagonisti valori va ricercato necessariamente in concreto, dapprima per opera delle Camere e del potere giudiziario, poi ed eventualmente in sede di conflitto di attribuzione”.

Tradotto in parole più semplici tutto questo significa che quando si tratta di opinioni rese fuori dalle sedi parlamentari –  sempre che di opinioni si tratti e non, ad esempio, di insulti o minacce – “la giurisprudenza costituzionale ha considerato indici rivelatori dell’esistenza della connessione con l’esercizio delle funzioni parlamentari la sostanziale corrispondenza con opinioni espresse nell’esercizio di attività parlamentare tipica e la sostanziale contestualità temporale fra tale ultima attività e l’attività esterna”.

Ciò non toglie -precisa la Consulta- che anche ad opinioni non connesse ad atti parlamentari possa essere applicato l’art. 68, primo comma, Cost., “quando sia evidente e qualificato il nesso con l’esercizio della funzione parlamentare”. In eventualità del genere- sottolinea la sentenza- lo scrutinio della Corte deve essere particolarmente rigoroso, “in ragione dei contrapposti interessi costituzionali e per evitare che l’immunità si trasformi in privilegio”.

Deve insomma trattarsi non di opinioni politiche che può esprimere ogni cittadino nei limiti di cui all’art. 21 Cost., ma di opinioni funzionali all’esercizio del mandato parlamentare e della rappresentanza della Nazione. E qui la sentenza della Corte Costituzionale entra nel merito del problema in maniera definitiva e completa, spiegando che deve trattarsi di opinioni che, proprio perché espressive di una funzione così alta, siano «improntate al rispetto della dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica, in specie quando questi non siano a loro volta parlamentari: e ciò tanto più quando l’opinione è espressa per mezzo dei moderni mezzi di comunicazione – quali testate giornalistiche online o social media – che la rendono agevolmente reperibile e oggetto di ulteriore diffusione”.

Morale della favola, applicando i richiamati principi qui esposti,” la Corte ha ritenuto che la Camera dei deputati abbia correttamente valutato che le dichiarazioni dell’allora deputato Fidanza fossero opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari. Esse, infatti, erano funzionali a rappresentare, nella prospettiva del deputato, interessi generali, come d’altronde testimoniato dalla contestuale presentazione dell’interrogazione parlamentare, del tutto corrispondente nel suo significato, al di là della fisiologica diversità delle modalità espressive, alle affermazioni rese nel video pubblicato su Facebook”.

Ancora un tassello fondamentale, dunque, nel grande dibattito in corso da anni su ciò che un parlamentare può dire, e su ciò che invece sarebbe preferibile che non dicesse. Un po' di chiarezza non guasta mai.


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