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La donna, di origini ucraine, era seguita da un centro di salute mentale, ed era separato dal padre del bambino, che ha dato l'allarme.
La donna, di origini ucraine, era seguita da un centro di salute mentale, ed era separato dal padre del bambino, che ha dato l'allarme.
Una 55enne di origini ucraine, Olena Stasiukuna, ha ucciso il figlio di 9 anni. E' accaduto ieri sera in una casa del pieno centro di Muggia, nel Triestino.
Il bimbo è stato trovato senza vita con un profondo taglio alla gola. La donna, separata dal papà del bimbo, un cittadino italiano, era seguita dai servizi sociali.
Il piccolo era stato affidato al padre, e poteva vedere la mamma secondo le indicazioni impartite dal Tribunale.
A dare l'allarme è stato il padre del bambino: l'uomo, che non risiede in Friuli Venezia Giulia, non era riuscito a contattare la donna nelle ore precedenti. Quando le forze dell'ordine e i vigili del fuoco sono entrati in casa, il bimbo era morto da diverse ore, e il cadavere era in bagno. La mamma, invece, era sotto shock.
Per l'omicidio, la donna avrebbe usato un grosso coltello da cucina, poi avrebbe anche simulato un gesto autolesionista, tagliandosi le vene: secondo le indagini, presentava un'unica lesione a un tendine. E' stata tratta in arresto, e sarà portata in carcere a Trieste.
La donna era seguita dal Centro di salute mentale, mentre la famiglia era seguita dai servizi sociali. Il bimbo era stato affidato al papà, ma poteva vedere la madre per tre giorni alla settimana. Avrebbe dovuto riportarlo al padre entro ieri sera alle 21.
Era "una situazione difficile", ha precisato il sindaco di Muggia, Paolo Polidori. Sembra che anche la situazione tra i due ex coniugi fosse difficile, tanto che avevano deciso di separarsi. Il bimbo stava frequentando il quarto anno della scuola elementare slovena di Muggia. "La situazione era seguita da quando è nato il bambino, era una situazione difficile ma non un dramma", ha proseguito Polidori, per poi annunciare il lutto cittadino. "La comunità è devastata. Ho già avuto una riunione con i servizi sociali: cerchiamo di stare il più vicino possibile. La famiglia fa parte della comunità, anche il parroco la conosce".
"Li conoscevo ma nulla lasciava presagire un epilogo di questo tipo, perché una mamma che uccide un bambino di 9 anni è una cosa che non esiste", ha commentato il parroco, don Andrea Destradi. "Ero consapevole che lei aveva bisogno di un aiuto. È venuta da me più volte in questi ultimi anni a chiedermi una mano per trovare un lavoro, ma di lavori ne aveva cambiati tanti perché non riusciva a mantenerne uno. Mi rendevo conto benissimo che non era quello il tipo di aiuto di cui lei aveva bisogno. Aveva bisogno di un aiuto più professionale, che trascende le mie possibilità. Le dicevo 'fatti aiutare dai medici', ma lei era convinta di non averne bisogno".
"Sul motivo che ha scatenato il gesto non so cosa dire. Non credo sia stata la separazione - ha proseguito -, era una cosa ormai vecchia. Da anni non li vedevo più insieme come famiglia. Sabato sera il padre era a messa con il bambino, perché si preparava alla prima comunione, nella scuola slovena. Non ero a conoscenza di nessuna situazione di criticità acuta che chiedesse un intervento immediato per non far saltare il coperchio".
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