Nordio: "Il codice genetico dell'uomo rifiuta la parità dei sessi". Roccella: "Nessuna correlazione tra educazione sessuale e calo femminicidi"

Critiche le opposizioni, Manzi (Pd): "È sbagliato rappresentare l'educazione sessuo-affettiva come un'operazione ideologica".

(Prima Pagina News)
Venerdì 21 Novembre 2025
Roma - 21 nov 2025 (Prima Pagina News)

Critiche le opposizioni, Manzi (Pd): "È sbagliato rappresentare l'educazione sessuo-affettiva come un'operazione ideologica".

C'è "una sedimentazione anche nella mentalità dell'uomo, del maschio, che è difficile da rimuovere perché è una sedimentazione che si è formata in millenni di sopraffazione, di superiorità e quindi anche se oggi l'uomo accetta e deve accettare questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio il suo codice genetico trova sempre una certa resistenza".

Così il Guardasigilli, Carlo Nordio, intervenendo alla conferenza internazionale di alto livello contro il femminicidio.

"Se noi andiamo a guardare la storia dell'umanità, vediamo che purtroppo, salvo qualche eccezione, è un continuo dominio maschile", ha proseguito Nordio, secondo cui "è necessario intervenire con le leggi penali, con la repressione e con la prevenzione, ma soprattutto è necessario intervenire sull'educazione, cercare di rimuovere dalla mentalità del maschio questa sedimentazione millenaria di superiorità che si è tradotta e continua a tradursi in atti di violenza".

Per il ministro della Giustizia, "è necessaria l'educazione in famiglia, fatta con l'esempio, prima ancora che con le belle parole. Se vogliamo sradicare questa forma di sopraffazione funesta che continua a tradursi con questi atti criminali, benissimo le leggi, ma soprattutto serve un'educazione che cominci dall'infanzia e dalla famiglia".

Sui motivi per cui è stato introdotto il reato di femminicidio, Nordio ha precisato che, "dal punto di vista giuridico" per "l'omicidio soprattutto aggravato in questi casi era già previsto l'ergastolo, però il femminicidio ha questo connotato che è già stato definito: si uccide una donna in quanto donna. Per quanto riguarda la sua disciplina giuridica, la novità è che è punito con l'ergastolo, e questo evita tutta una serie di problematiche che esistono in Italia, non sempre negli altri Paesi, di bilanciamento tra le circostanze attenuanti e le circostanze aggravanti. Non è più un reato di omicidio aggravato, è un reato che ha una sua struttura, una sua configurazione oggettiva e soggettiva completamente autonoma".

Per la ministra della Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, "possiamo parlare di educazione sessuo-affettiva, ma lateralmente. Se vediamo i Paesi dove da molti anni è un fatto assodato, come per esempio la Svezia, notiamo che non c'è correlazione con la diminuzione di femminicidi. La Svezia ha più violenze e più femminicidi. Non voglio criminalizzare la Svezia, ma non c'è una correlazione fra l'educazione sessuale nella scuola e una diminuzione delle violenze contro le donne".

"Noi abbiamo bisogno di capire quali sono gli strumenti veramente efficaci se non vogliamo essere ideologici nei confronti della diminuzione della violenza contro le donne - ha aggiunto - Fra l'altro in Italia c'è stata una piccola diminuzione. Certo, ogni donna che viene uccisa è troppo, ma bisogna anche fare l'inverso. Ogni donna che non viene uccisa è un fatto positivo. Ogni donna che riusciamo a salvare dal ciclo della violenza è fondamentale. Quindi questa diminuzione indica che la strada che stiamo percorrendo e che abbiamo cominciato a percorrere fin dall'inizio è quella giusta ed è una strada condivisa".

"Il femminicidio non è un atto improvviso né isolato - ha precisato la ministra - ma si inserisce in un continuum di violenza che attraversa la vita di troppe donne e ragazze. Un percorso che può iniziare con il controllo o la denigrazione, proseguire con i maltrattamenti domestici, le aggressioni sessuali o le violenze facilitate dalle tecnologie digitali, e che, nei casi più estremi che, come abbiamo visto sono tristemente ancora numerosi, culmina nella morte".

"Alla radice di tutto questo vi è un atteggiamento possessivo e punitivo, la volontà di negare alla donna la propria autonomia, la propria libertà, la propria dignità di persona. È qui che il femminicidio rivela la sua vera natura: non un gesto di follia, ma un atto di potere - ha sottolineato - Un atto che nasce dal bisogno di dominare, controllare, e che per questo rappresenta una sfida profonda, culturale e civile, per ogni società che voglia davvero dirsi libera e giusta".

Secondo Roccella, "il femminicidio non è un delitto come gli altri e per questo aveva necessità di una tipizzazione particolare, è un crimine che affonda le sue radici nella disparità tra uomo e donna, nella negazione del diritto stesso di esistere come donna. È l'estrema manifestazione di un sistema culturale e sociale che ancora oggi, in troppe parti del mondo, continua a considerare le donne come inferiori o come possedibili".

Per questo motivo, "di fronte a una realtà così complessa e devastante, l'Italia ha voluto dare un segnale forte e chiaro. Credo che questa legge rappresenti un posto di svolta, una legge trasformativa della società che contribuirà a produrre un cambiamento culturale profondo nel nostro Paese. Una legge che non si limita a punire, ma che mira ad accrescere la consapevolezza, che richiama alla responsabilità collettiva, che ci spinge a costruire un futuro in cui nessuna donna debba più morire per il fatto di essere donna".

Le critiche delle opposizioni sui due ministri non si sono fatte attendere: la responsabile nazionale per la scuola del Pd, Irene Manzi, ha sottolineato che "le dichiarazioni della ministra Roccella sull'assenza di correlazione tra educazione sessuale e prevenzione della violenza di genere appaiono fuorvianti e non supportate da un'analisi seria dei dati.

Richiamare la Svezia come esempio negativo, senza considerare il contesto culturale, sociale e normativo, significa ridurre un tema complesso a un argomento ideologico".

Secondo Manzi, "la ricerca internazionale e l'esperienza delle scuole dimostrano che i percorsi di educazione alle relazioni, al rispetto e al consenso sono una parte essenziale delle strategie di prevenzione, non certo un orpello marginale. Ribadiamo che la lotta al femminicidio richiede un approccio che vada oltre la repressione e investa nella prevenzione culturale. Le linee guida previste dalla legge 107 già indicano chiaramente la necessità di promuovere nelle scuole la parità di genere e la prevenzione della violenza e delle discriminazioni, ma questo governo continua a ignorarle".

"Ostacolare o burocratizzare i progetti educativi, come è accaduto con l'obbligo del consenso delle famiglie per ogni attività, significa depotenziare gli strumenti di cui la scuola dovrebbe essere dotata - ha ribadito l'esponente dem - È sbagliato rappresentare l'educazione sessuo-affettiva come un'operazione ideologica: si tratta invece di formare ragazzi e ragazze alla consapevolezza, al rispetto reciproco, alla gestione delle emozioni e dei conflitti".

Dura la critica della capogruppo di Italia Viva alla Camera, Maria Elena Boschi: "Imbarazzanti. Solo così si possono definire le parole di Nordio e Roccella. Il ministro della Giustizia, che parla della violenza contro le donne come di una 'tara' maschile, e la ministra per le Pari opportunità, che sostiene che l'educazione non serva a contrastare i femminicidi, stanno insultando tutte donne che ogni giorno chiedono rispetto e pari opportunità".

"È questo il contributo che il governo Meloni offre alla Conferenza contro i femminicidi? - si chiede la Boschi - Ora capiamo perché l'Italia arretra. Le donne non hanno bisogno di teorie ottocentesche, ma di leggi applicate, fondi certi, centri antiviolenza sostenuti e una cultura del rispetto che si costruisce proprio a scuola. La parità non è un'idea né un'eccezione biologica, è un dovere costituzionale".

E' "gravissimo che il ministro Nordio riduca la violenza maschile contro le donne a 'sedimentazione genetica'. Parlare di 'subconscio maschile' e di 'codice genetico' che resiste all'uguaglianza significa spostare l'attenzione dalle responsabilità umane, culturali e politiche a una sorta di destino inevitabile. No, ministro: il femminicidio non è un retaggio biologico, ma il frutto avvelenato di scelte, silenzi, mancati investimenti, leggi non applicate e stereotipi che continuano a essere tollerati". Così, in una nota, le parlamentari del Movimento 5 Stelle nella Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino.

"È troppo comodo liquidare tutto come un problema millenario, mentre ogni giorno una donna chiede aiuto e trova Istituzioni lente, risorse insufficienti, percorsi di protezione a ostacoli - dichiarano le esponenti pentastellate - Se davvero vuole cambiare le cose, Nordio smetta di filosofeggiare sulla 'legge del più forte' e inizi a rafforzare la legge dello Stato: fondi certi ai centri antiviolenza, formazione obbligatoria, misure di protezione immediate ed efficaci. La cultura si cambia con l'educazione, ma la credibilità delle Istituzioni si costruisce con i fatti, non con spiegazioni pseudo-darwiniane".


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