Raoul Carbone: «Anche il videogioco è cultura: il valore autoriale non è sminuito dal suo lato ludico»

I videogiochi sono opere culturali a pieno titolo e meritano legittimità e sostegno istituzionale per far crescere l’industria videoludica italiana.

di Viktorie Ignoto
Sabato 26 Aprile 2025
Roma - 26 apr 2025 (Prima Pagina News)

I videogiochi sono opere culturali a pieno titolo e meritano legittimità e sostegno istituzionale per far crescere l’industria videoludica italiana.

Raoul Carbone,  NELLA FOTO(Presidente e CEO di VIGAMUS, fondatore del primo museo del Videogioco, nonché Presidente della più recente GAMM Game Museum) ha una visione chiara sull’indiscussa importanza dei videogiochi come opere culturali e sui cospicui benefici economici da cui l’Italia potrebbe trarre attraverso tutto l’indotto industriale videoludico:

 - Recentemente a Pesaro una fiera dedicata al gaming è stata associata da alcune fonti giornalistiche alla ludopatia. Come si spiega un pregiudizio simile?

 Le Opere Interattive, o videogiochi, sono un medium artistico e culturale, alla stregua delle opere cinematografiche, della musica e della letteratura. Non hanno nulla a che fare con il gioco d'azzardo digitale, che è solo l'espressione elettronica di giochi materici con componente aleatoria che mettono in palio ricompense in denaro ed è dimostrato che causano dipendenze, come poker, black jack, slot machine o altri, che troviamo nei casinò. La ludopatia è da riferirsi a questo genere di attività. 

I videogiochi sono opere narrative, che uniscono arte e creatività e sono in grado di interessare e arricchire le menti dei fruitori di tutte le età. Non ci sono studi scientifici che determinano una particolare conseguenza negativa derivante dall'utilizzo dei videogiochi, ma solo pregiudizi derivanti dall'ignoranza. Se si vuole parlare di danni derivanti dall'eccessivo utilizzo di videogiochi bisogna ricordare che l'abuso di qualsiasi cosa può essere deleterio, anche di cose positive. Il problema è l'abuso, non l'oggetto interessato.

I pregiudizi sono sempre pericolosi. 

In passato si è addirittura parlato della musica rock come qualcosa di negativo, in grado di corrompere le coscienze dei giovani. Lo stesso trattamento è toccato ai fumetti e ai giochi di ruolo tipo Dungeons & Dragons. Oggi fortunatamente posizioni del genere sono ritenute universalmente assurde e risibili.

 - La legge italiana riconosce i videogiochi come opere creative e culturali. In base a quali caratteristiche un videogioco può essere considerato di interesse culturale? Può fare qualche esempio?

 In Italia le Opere Interattive sono diventate di interesse culturale nel 2012, quando sono state musealizzate per la prima volta, ovvero esposte in un museo permanente dedicato ai videogiochi riconosciuto dal MIC. 

Il lavoro ministeriale negli anni è stato poco efficace, perché attribuisce ai videogiochi un valore culturale solo in alcuni casi, in sintesi dove c'è un nesso con argomenti storici, scientifici o umanistici. 

Secondo questi criteri, Assassin's Creed, la saga di Ubisoft che si dirama in capitoli ambientati in contesti storici reali, alcuni dei quali nel rinascimento italiano a Roma e Firenze, può essere considerata culturalmente rilevante, mentre altre opere che non hanno questo tipo di contenuti non vanno considerate tali. Questo a mio parere è sbagliato. 

Un videogioco è sempre un'opera culturale, come un film, un libro o una canzone. Possiamo trovare opere mediocri oppure eccellenti, più o meno serie, per tutti o vietate ai minori, ma sono da considerarsi sempre opere d'interesse culturale. 

Bisognerebbe presto arrivare a questa conclusione, anche perché altrimenti il nostro Paese resterà arretrato rispetto alla scena mondiale. 

Un videogioco dovrebbe poter essere considerato un'opera d'arte anche solo per la genialità e innovazione delle sue meccaniche e nel come riesce a raccontare una storia in modo avvincente, articolandola in complessi bivi narrativi. 

 - Quali sono le similitudini e le differenze tra la narrazione di un film e quella di un’opera audiovisiva interattiva?

 Le Opere Interattive sono molto simili a quelle cinematografiche. Troviamo in entrambe arte visiva, musica, narrazione. Anche a livello professionale ci sono molte somiglianze tra tecnici e artisti delle due industrie, a volte talmente simili che sono interscambiabili. 

I videogiochi raccontano storie, risvegliano le coscienze, fanno emozionare e pensare, come i film.

La differenza sta nell'interattività. 

Un film è sempre uguale ogni volta che lo proietti al cinema o lo guardi a casa. Ovviamente il gusto e l'interesse dello spettatore rendono l'esperienza soggettiva più o meno piacevole e positiva. Questo accade allo stesso modo nell'arte visiva, nella musica e nella letteratura.

Un videogioco è un'opera d'arte che si svolge e si svela grazie all'interazione dell'utente. Sono presenti la direzione dell'autore, la storia, magari con diversi finali, ci sono gli ambienti e i personaggi, ma lo svolgimento dell'opera è dato dalle azioni del giocatore, che diventa parte dell'opera stessa. Questo rende un'Opera Interattiva particolarmente coinvolgente e immersiva. In alcuni titoli le nostre scelte possono determinare cambiamenti alla trama e portare a finali diversi, facendoci sentire partecipi e protagonisti. 

  L'aspetto ludico e interattivo dei videogiochi può compromettere il loro valore culturale?

 L'interazione del fruitore dell'opera non modifica la qualità dei contenuti e la direzione dell'autore. 

Nel settore videogiochi come nel cinema ci sono grandi maestri. Shigeru Miyamoto, Ideo Kojima, David Cage, Peter Molineaux e tanti altri grandi game director, alla stregua di grandi registi cinematografici, ci hanno regalato opere straordinatie e immortali, che hanno emozionato e ispirato milioni di persone. L'aspetto ludico di un videogioco non deve sminuire l'autorialità e la qualità di un'opera. 

Il preconcetto errato che un gioco non sia una cosa seria va superato e dimenticato. Bruce Sterling, uno dei padri della fantascienza Cyberpunk, ha dichiarato che il videogioco oggi ha superato il suo confine semantico, perche oggi molti prodotti non si fruiscono attraverso uno schermo e alcuni non hanno finalità ludiche e l'aspetto dell'interattività è funzionale solo alla fruizione dell'opera. Per questo chiamare i videogiochi Opere Interattive in contesti istituzionali, accademici o di cultura alta può aiutare a superare i pregiudizi sul valore culturale di questi prodotti. Infatti continuiamo a usare la parola film, ma in contesti istituzionali spesso utilizziamo la dicitura Opera Cinematografica.

 - Perché è importante dare piena legittimità culturale ai videogiochi?

 Perché quando le Istituzioni riconoscono un medium culturale, aiutano a sviluppare l'industria ad esso collegata. 

In Italia il settore videogiochi lo scorso anno ha fatturato due miliardi e trecento milioni di euro, affermandosi come un mercato imponente in grado di dare grandi opportunità alle aziende e creare molti posti di lavoro ben pagati, soprattutto in riferimento ai giovani. 

Una politica di supporto strategico al settore videoludico potrebbe portare all'Italia grandi benefici, come è accaduto in Francia, in Canada, in Polonia e in tanti altri Paesi.

La consapevolezza delle Istituzioni porta alla nascita di migliori strumenti di sostegno finanziario alla produzione, alla divulgazione di messaggi corretti a mezzo stampa, una miglior conoscenza generale e quindi una crescita del tessuto industriale. 

 - Come si posiziona l’Italia rispetto al mercato videoludico internazionale? Quali interventi sarebbero utili?

 Il mercato mondiale delle Opere Interattive ha fatturato nello scorso anno oltre duecento miliardi di dollari. In Italia l'industria è in crescita, ma ancora fatica in termini di dimensioni delle aziende e qualità dei prodotti, a parte qualche eccezione. C'è e c'è stata una forte ingerenza delle multinazionali straniere, che sta gradualmente diminuendo con la chiusura delle filiali sul nostro territorio. 

Possono aiutare progetti sulla diffusione delle Opere Interattive, formazione a tutti i livelli, supporto finanziario alle aziende e un maggior affrancamento e inserimento nei tavoli di lavoro ministeriali.


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