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Il prof. Franco Ferrarotti ci ha lasciati all’età di 98 anni; fu primo sociologo italiano. "Lo conobbi 40 anni fa quando andai a trovarlo insieme al prof. Francesco M. Battisti, già relatore alla mia tesi di laurea".
Il prof. Franco Ferrarotti ci ha lasciati all’età di 98 anni; fu primo sociologo italiano. "Lo conobbi 40 anni fa quando andai a trovarlo insieme al prof. Francesco M. Battisti, già relatore alla mia tesi di laurea".
Lo scopo di quella visita era di esporre al Professore i risultati della ricerca sulla “Polemologia”, da me svolta a Lovanio, Louvain-La-Neuve in Belgio. Ferrarotti mi era stato descritto quale personaggio burbero, severo e arrivai provando anche un senso di soggezione nei suoi confronti. Ma non era vero e fui subito messo a mio agio; egli mostrò immediatamente particolare interesse all’analisi dei dati da me raccolti presso il BASS, Archivio Belga per le Scienze Sociali e fece numerose domande perché all’epoca il tema era molto attuale, e per la verità lo è tutt’ora. Non a caso, a fine visita Ferrarotti mi chiese di scrivere un articolo per la rivista La Critica Sociologica, da lui fondata e diretta, che all’epoca era fra le più prestigiose nel panorama sociologico italiano. Fu per me un grande onore averlo conosciuto ed aver ricevuto la sua personale richiesta di collaborare con un articolo per l’autorevole e influente rivista. Così scrissi un saggio che fu pubblicato sul n.82-83, 1987 a p. 206 col titolo: “Il timore della guerra in Europa”, titolo più che mai profetico alla luce di questi anni.
Subito dopo lessi due suoi libri per recensirli su “Il Rinnovamento” - rivista culturale di Napoli, all’epoca diretta da Salvatore Bruno e Lucio Minei - col titolo “Omaggio a Franco Ferrarotti”, pubblicato nel maggio 1988. Tre mesi prima era stato presentato a Roma il volume OMAGGIO A FERRAROTTI (Editrice Siares) per festeggiare i 30 anni di insegnamento del Professore ed i 20 anni della rivista La Critica Sociologica. Nelle recensioni di 36 anni fa colsi l’occasione per ringraziare il Prof. Ferrarotti, padre della sociologia italiana, per tutto quello che aveva già dato a favore dello studio e dello sviluppo della disciplina.
I libri, oggetti della mia lettura furono: “Cinque scenari per il 2000”, Laterza, 1985 e “Il ricordo e la temporalità”, Laterza 1987.
Il primo, “Cinque scenari per il 2000”, è un vero Trattato di “previsione sociologica” che racchiude in rara sintesi la prospettiva di Ferrarotti sul futuro della società. Il libro spiega che viviamo in una società sovraffollata, caratterizzata dalla “dimensione massiccia della popolazione presente” e diviene “società formicaio”, civiltà urbana che “non cresce su sé stessa MA PER AGGIUNTE SUCCESSIVE” (p.51); essa sarà il risultato dell’espansione automatica e spontanea delle forze tecniche ed economiche attualmente prevalenti (p.98). Ferrarotti lascia intendere come nella società programmata e programmabile, la crescita omogenea non sia più un processo automatico e non è neppure un regalo del caso; può essere solo il risultato di un progetto. Al carattere forzuto e caparbio del lavoratore industriale si sostituisce una personalità “liscia, flessibile e gregaria” facilmente malleabile all’interno dei meccanismi della nuova socialità. Si procede così verso una INTELLIGENZA NUOVA, né umana, né divina, ma concepita come “funzione razionale” della vita collettiva (p.164). Tutto viene demandato alla comunità, al gruppo, l’individuo solitario muore, la società diventa società avanzata ad un tempo analfabeta dove si stabiliscono nuove forme di oralità, ma si deprezza il valore dello scritto e del passato. Mentre l’intelligenza collettiva trionfa, l’adulto fallito rifiuta di crescere. Chi viene escluso dal meccanismo fa la fine di Peter Pan che “piange e ha paura, che vuole essere rassicurato e consolato e che vede il mondo per la prima volta, ne è stupefatto, ammaliato ed atterrito ad un tempo” (p.163). E’ la cultura del “BAMBINO ELETTRONICO”, CHE APPRENDE VIDEGIOCANDO, ma, nota l’autore, può anche divenire “il trionfo della bambinità, la regressione all’infanzia irresponsabile, il rifiuto dell’età adulta… il nuovo fa paura ed il sonno è una difesa”.
“Cinque scenari per il 2000”, libro che Ferrarotti nel 1985 pubblicò per la casa editrice Laterza, oltre ad essere meravigliosamente stimolante, presentando cinque scenari che si intersecano sulla medesima realtà sociale, ha un pregio tecnico effettivo: il metodo concettuale e i metodi di approccio al problema; incita il lettore a passare dal ruolo di osservatore distaccato a quello di analista partecipante del proprio futuro-realtà. Il volume ha la virtù di scuotere il pubblico a cui è diretto, lo prepara ad un mondo non sempre comodo e brillante, ad un progresso non sempre fonte di felicità, ad un avvenire non sempre luminoso. “Cinque scenari per il 2000” è ormai diventato un classico della previsione sociale.
Il secondo libro da me recensito all’epoca fu “Il Ricordo e la Temporalità”, pubblicato per Laterza nel 1987, terzo volume dell’ideale Trilogia dedicata al “tempo” (volumi già pubblicati: Storia e storie di vita, La Storia e il Quotidiano) può essere considerato come naturale prosecuzione di “Cinque scenari per il 2000” in cui era prefigurato lo sviluppo di una società telematica costruita sui valori più alti della tecnologia ad un ritmo straordinariamente rapido, basato sulla competitività.
In tale contesto, il tempo scorre inesorabilmente veloce sull’uomo moderno. Sembra che egli non riesca più a controllarlo. Ferrarotti ha chiaramente spiegato il concetto secondo cui “nella società industrializzata, forse per la prima volta … il tempo diviene una merce scarsa … e si sviluppa il culto della velocità come bene in sé ... I ritmi della macchina tendono a sostituirsi ai ritmi umani; fa il suo ingresso nella società umana una fretta generalizzata, angosciante e frenetica, le cui ragioni e i cui scopi sono stati dimenticati”. Non a caso, sempre più si sente dire “non ho tempo”, “vorrei che la giornata durasse quarantotto ore”, per spiegare che non si ha più il tempo “per fare le cose”, che non si ha più il tempo di “guardare fuori dalla finestra”, così come alcuni amano descrivere la propria vita. Tutti sono consapevoli che il tempo sarà sempre più “stretto” e sempre più “nemico” e nessuno sembrerebbe più capace di rinunciare alla lotta contro di esso perché nessuno vorrà essere escluso, a rischio di divenire un nuovo Peter Pan “che piange ed ha paura…”.
Dopo aver letto le recensioni ai suoi libri su “Il Rinnovamento” del 20 maggio 1988 e dall’alto della sua modestia e semplicità, il 26 novembre 1988 Franco Ferrarotti mi ringraziò con una bellissima lettera: Gentile e caro collega, grazie delle belle, oneste recensioni. Ella dà prova di singolare capacità interpretativa e di grande cultura generale. Voglia tenermi informato, la prego, dei suoi lavori scientifici. Con viva cordialità, Franco Ferrarotti. Una lettera che conservo con affetto e bei ricordi…