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All’indomani delle elezioni parlamentari in Russia, che si terranno dal 17 al 19 settembre, il problema principale di Putin sarà dimostrare la legittimità dei risultati agli occhi della comunità internazionale. Il rifiuto da parte dell’OSCE di verificare la regolarità delle votazioni, recapitata al Cremlino lo scorso agosto, viene infatti interpretata come un boicottaggio nei confronti del rinnovato parlamento. Fattore che potrebbe peggiorare sensibilmente le relazioni internazionali della Russia, anche in vista del passaggio dei poteri presidenziali previsto nel 2024.
Secondo Timofei Shevyakov, analista politico ascoltato da Prima Pagina News, l'atteggiamento dei politici russi nei confronti di giornalisti e oppositori riconosciuti come "agenti stranieri" è uno degli elementi che sta caratterizzando questa tornata elettorale.
“Il Partito Comunista di Zyuganov afferma senza mezzi termini che Navalny sia un agente al servizio di intelligence straniere, quindi un ‘nemico del popolo’ di staliniana memoria” dice Shevyakov. “Dall'altra parte, il leader del Partito della Libertà e della Giustizia, il giornalista Maxim Shevchenko, che spesso viene definito dall'opposizione non parlamentare ‘burattino di Putin’, ha chiesto pubblicamente nel corso di dibattiti televisivi la liberazione di Alexei Navalny e la fine delle repressioni contro i giornalisti. Insieme a lui, solo il partito Yabloko ha più volte espresso la stessa richiesta”.
Da qui una situazione che, secondo l’analista, si fa paradossale. “Il ‘voto intelligente’, ovvero la strategia di Navalny per togliere voti al partito di Putin, Russia Unita, votando per i suoi principali oppositori, andrà a sostenere i comunisti che si oppongono allo stesso Navalny, mentre buona parte dell'opposizione liberale preferisce gettare fango su quello che dovrebbe essere il suo alleato più ovvio”.
In questo contesto, la bocciatura preventiva da parte dell’OSCE sposta ancora di più verso l’esterno il baricentro politico delle prossime elezioni.
Ma come si è arrivati a tale bocciatura e quali conseguenze potrà portare?
Ne abbiamo parlato con Ilya Grashenkov del Centro Russo per lo Sviluppo della Politica Regionale, un osservatorio politico indipendente di Mosca.
L'OSCE ha rifiutato di recarsi in Russia per le elezioni di settembre per un mancato accordo sul numero di osservatori. Di chi è la colpa, della Russia o dell’Europa?
L'OSCE voleva inviare 500 persone, la Russia ne accettava 50, facendo riferimento al fatto che negli Stati Uniti ne sono stati inviati 47 e nei Paesi Bassi solo 7. D'altra parte, la Russia è un paese molto grande e sarebbero necessarie almeno 5-6 persone per ogni regione. Visto che abbiamo 85 regioni, ecco che si arriva facilmente a 500. Personalmente non vedo nulla di sbagliato in questo numero di osservatori.
D’altra lato, in questo modo l’OSCE sembra bocciare preventivamente le elezioni e l’assenza di osservatori europei non potrà che peggiorare la situazione. È chiaro che le autorità russe non vogliano avere 500 osservatori alle elezioni, i quali invieranno informazioni su eventuali violazioni direttamente all'UE. Ma in questa situazione anche 50 persone potrebbero aiutare, soprattutto nelle grandi città dove è più alto il voto di protesta: Mosca, Novosibirsk, San Pietroburgo.
Era una rottura prevedibile?
Direi proprio di sì, vista la precedente relazione dell'OSCE. Gli osservatori stranieri sono importanti per le autorità russe che devono rafforzare la propria immagine democratica verso l’esterno. Ma ogni rapporto redatto dall’OSCE contiene anche raccomandazioni, che la Russia non ha mai seguito negando semplicemente i problemi sollevati. In altre parole, il Cremlino si è limitato a tollerare gli osservatori dell'OSCE e, dato anche l’attuale contesto di sanzioni e di distanziamento, quello che sta accadendo era ampiamente prevedibile.
La democrazia russa ne uscirà ancora più delegittimata agli occhi della comunità occidentale?
Da un lato sì, Bruxelles già considera le elezioni illegittime. Ci saranno altri osservatori internazionali invitati dalla Commissione elettorale della Federazione, qualcuno anche dall'Europa, ma soprattutto da paesi come Serbia, Bulgaria, Armenia e forse anche dalla Cina, ma senza esperienza in fatto di osservazione. E probabilmente questi esperti dichiareranno che si è trattato di elezioni assolutamente giuste e corrette. Sarà dunque una legittimità confermata solo da una parte del mondo, ma non certo dall’Occidente. Se per la Russia questa situazione è da considerarsi “normale”, sarebbe invece necessario per il Paese avere elezioni davvero eque e capaci di resistere a qualsiasi critica.
Cosa temono maggiormente le autorità russe?
Probabilmente che gli osservatori stranieri si sarebbero espressi su tutti gli aspetti della campagna elettorale: sul voto di tre giorni, sul voto nei territori locali e nelle aree comuni, sul voto su Internet, sul ritiro dei candidati dell'opposizione e su tutto il contesto, compresa l'incarcerazione di Navalny e la fuga dal Paese dell'opposizione non sistemica. Si sarebbero inoltre espressi sulla legge contro l’estremismo, sull’arresto degli agenti stranieri, sui tentativi di limitare l'osservazione, sulla riduzione degli standard di trasparenza elettorale. 500 persone nelle province russe sarebbero considerate dai nostri apparati di sicurezza come "spie" pronte a ficcare il naso nel cuore del sistema politico. In generale, ci sarebbero diverse cose da temere.
Quali conseguenze potrebbero esserci?
Tutto questo quadro colpisce seriamente l’immagine democratica del Paese e mette ancora più in discussione la legittimità del potere. In definitiva, la situazione che si va creando appare in grado di minare sempre più la situazione nel paese, perché rafforza il senso della domanda chiave: dove hai ottenuto il diritto di essere al potere?