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Il vicepresidente dell’AS Tifosi Roma, ex calciatore giallorosso, interviene con dolore sulla vicenda del 14enne che si è tolto la vita a Latina. Insieme a psicologi, medici ed esperti del direttivo, l’associazione rilancia l’impegno per l’inclusione e contro ogni forma di violenza.
Il vicepresidente dell’AS Tifosi Roma, ex calciatore giallorosso, interviene con dolore sulla vicenda del 14enne che si è tolto la vita a Latina. Insieme a psicologi, medici ed esperti del direttivo, l’associazione rilancia l’impegno per l’inclusione e contro ogni forma di violenza.
Oggi è un giorno triste per chi crede nello sport, nella scuola e nelle istituzioni come strumenti di crescita, inclusione e opportunità. La tragica scomparsa di Paolo, il ragazzo di 14 anni di Latina che ha deciso di porre fine alla propria vita, lascia un vuoto profondo e mette la società civile davanti a una sconfitta collettiva.
Fabrizio Antolini, vicepresidente dell’AS Tifosi Roma ed ex calciatore della Roma Primavera, ha espresso il suo cordoglio con parole che toccano il cuore: “Oggi la scuola e la società civile tutta escono sconfitte con la morte di Paolo. Il suo estremo gesto testimonia il tragico isolamento in cui era caduto. Riposa caro Paolo, e scusaci se non siamo stati capaci di ascoltarti”.
Accanto alle sue dichiarazioni, l’intero direttivo dell’AS Tifosi Roma – composto da psicologi, medici ed esperti di educazione e inclusione – sottolinea la necessità di intensificare gli sforzi per contrastare il bullismo e ogni forma di violenza che può colpire i più giovani.
L’associazione, che da anni porta avanti progetti di sensibilizzazione e sostegno ai ragazzi attraverso lo sport, rinnova il proprio impegno a diffondere valori di solidarietà, rispetto e ascolto.
“Il calcio e lo sport – ricorda Antolini – devono essere strumenti di crescita e comunità, non campi di esclusione. Dopo questa tragedia, la nostra missione è ancora più forte: nessun ragazzo deve sentirsi solo”.
La vicenda di Paolo richiama tutti, dalle famiglie alle istituzioni, a una maggiore responsabilità: quella di saper cogliere i segnali di sofferenza, di non lasciare nessuno indietro e di trasformare il dolore in un’azione concreta di prevenzione e supporto.