Zuppi (Cei): "Siate tutti pellegrini di speranza"

"La cattiveria dell’uomo e le complicità degli uomini non possono vincere".

(Prima Pagina News)
Martedì 21 Gennaio 2025
Roma - 21 gen 2025 (Prima Pagina News)

"La cattiveria dell’uomo e le complicità degli uomini non possono vincere".

“Siate tutti pellegrini di speranza”. Questa riflessione contenuta nel saluto scritto del card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, racconta al meglio il senso di macro temi come dialogo, cultura, difesa dell'occidente e relazione fra ebrei e cattolici, analizzati davanti alla “Crocifissione bianca”, capolavoro di Marc Chagall esposto a Palazzo Cipolla in Roma, in occasione di un seminario promosso a Roma dal network di associazioni cattoliche “Ditelo sui tetti”, presso la Sala del refettorio di Palazzo San Macuto, lunedì 20 gennaio. 

Secondo il card. Zuppi “Chagall ci presenta drammaticamente il dolore di Cristo ebreo e innocente, della sofferenza del popolo di Israele e con lui di tutte le vittime innocenti, la sinagoga incendiata rappresenta la tragica realtà della loro distruzione e degli infami massacri proprio nei tempi della preghiera e della santità di dio e quindi dell’uomo. Ecco contempliamo la tragedia della guerra, la sofferenza che ci unisce al popolo di Israele ma anche a tutte le vittime innocenti perché la speranza per la quale siamo pellegrini non è evitare i problemi, ma attraversali cercando in essi quello che non finisce e che la cattiveria dell’uomo e le complicità degli uomini non possono vincere”. 

“L'opera è potenziale e straordinario volano del dialogo fra ebrei e cattolici, necessario per l’appartenenza stessa all’Occidente – ha osservato il portavoce del network Sui Tetti, avv. Domenico Menorello – nella consapevolezza di un valore assoluto come la commovente attesa del popolo ebraico, come cifra proprio dell’uomo occidentale, instancabilmente mosso nella sua storia verso la ricerca del vero nell’incontro con l’Altro da sé”.

Nei suoi ricchi saluti l’on. Andrea Orsini ha evidenziato la necessità di un dialogo nella ricchezza delle differenze, forti di una identità comune, come è stato approfondito nel messaggio di Stefano Parisi, presidente della associazione “7 ottobre”, secondo cui “la posta in gioco non riguarda solo gli ebrei, ma la libertà di tutti, la libertà religiosa di tutti, per questa ragione dobbiamo saper cogliere il pericolo di una crescita dell’odio verso l’Occidente stesso, anche in alcune élite occidentali”. 

“Dobbiamo innanzitutto entrare nell’animo di March Chagall”, ha esordito Suor Anna Gloria Riva, una delle massime esperte di Chagall, che ha premesso come l’incontro con l’ebraismo ha rappresentato una privilegiata possibilità di comprendere il cristianesimo. “Chagall ha una grande libertà intellettuale rispetto a tutti gli stili del suo tempo, perché fu capace di tenere care le sue radici, sapendo intingere il pennello nella memoria”. In seguito, ha tracciato i riflessi della speranza di cui è paradossalmente intrisa un’opera dedicata al genocidio ebraico. “È stupefacente – ha spiegato la suora - che le case bruciate rimangano bianche, cioè con il colore di Dio, e così la prospettiva di morte diviene prospettiva di vita, come per le tre persone che stanno pregando di fronte alla distruzione introno a loro”. 

E ancora: “Ecco la barca di profughi, come capitò alla sua famiglia e al suo popolo. Sta di fronte alla precarietà della vita, fa i conti con la propria miseria e la malvagità altrui, così rigettando ogni pretesa di autoreferenzialità dell’umano, che si accetta piuttosto ferito e percosso dall'ansia di trovare una terra dove non si generi il male. Dunque, il fulcro di tutto il quadro, per Chagall, è Cristo, che diviene la cifra dell’ebro sofferente: lo veste con indumenti ebrei, con il tallit ma con le tzitzit senza nodi perché Cristo ha già obbedito in tutto. In Cristo è tutto compiuto e solo Cristo adempie totalmente tutte le prospettive che contano per l’ebraismo. Accanto a lui, infatti, c’è una scala che per gli ebrei significa la avodah, la preghiera, perché è Cristo stesso la scala che unisce il Cielo e la Terra”. 

La più vivace reazione all’incantevole guida di Suor Gloria all’animo dell’ebreo Chagall, che dipinse con una crocifissione il sacrifico del popolo ebraico, è venuta dal vicepresidente dei Giovani Ebrei d’Italia, Ioel Roccas. “È fondamentale conoscerci, interessarci all’altro, combattere il pregiudizio. Anzi, dobbiamo aver il coraggio di mettere a nudo la nostra umanità, quell’umanità dell’attesa che unisce gli ebrei e cristiani e ridona il volto allo stesso Occidente. Per questo, se non si crea un fronte comune contro l’antisemitismo non capiremo il problema”. 

Il saggista Paolo Floris ha saputo proporre un giudizio sociale e antropologico al tempo stesso alle tante suggestioni che avevano ravvivato i lavori: “L’odio che l’Occidente ha per sé stesso è per l’odio alla sua memoria. L’Occidente è fondato sull’asse Atene-Gerusalemme-Roma, che è il rapporto con la trascendenza nella storia. Quindi dimenticare, contestare le vere origini, combattendo il passato come accade così sovente, significa attuare una vera e propria lotta alla trascendenza. Così, si è sempre meno capaci di comprendere l’ebraismo, perché non si vogliono le radici storiche che sono nell’ebraismo, quando invece è necessario tornare alla radice ebraico-cristiana, perché il popolo ebraico è essenziale per stare di fronte al fatto che Dio interviene nella storia”, conclude.


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