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Le quotazioni all’origine del riso tricolore, per varietà note come Carnaroli o Arborio, sono quasi dimezzate, passando indicativamente da 1-1,10 euro al chilo a 60-70 centesimi nell’attuale campagna, nonostante una produzione stabile rispetto allo scorso anno.
Le quotazioni all’origine del riso tricolore, per varietà note come Carnaroli o Arborio, sono quasi dimezzate, passando indicativamente da 1-1,10 euro al chilo a 60-70 centesimi nell’attuale campagna, nonostante una produzione stabile rispetto allo scorso anno.
Le importazioni selvagge di riso straniero fanno crollare i prezzi di quello italiano, con i produttori nazionali che si vedono pagare quasi la metà rispetto a pochi mesi fa, con cifre precipitate al di sotto dei costi di produzione.
A lanciare l’allarme è la Coldiretti, con una filiera nazionale già in sofferenza a poche settimane dall’avvio della raccolta.
Le quotazioni all’origine del riso tricolore, per varietà note come Carnaroli o Arborio, sono quasi dimezzate, passando indicativamente da 1-1,10 euro al chilo a 60-70 centesimi nell’attuale campagna, nonostante una produzione stabile rispetto allo scorso anno.
Importazioni in crescita del 10%
A pesare sul mercato sono gli arrivi di riso straniero, aumentati del 10% nei primi sette mesi del 2025, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat, per un totale di 208 milioni di chili.
Una situazione aggravata dal fatto che:
Un dumping che – denuncia Coldiretti – è aggravato dall’uso di pesticidi vietati e dal sospetto di sfruttamento del lavoro minorile, una dinamica che potrebbe ripetersi anche con un futuro accordo Ue-India.
Clausola di salvaguardia inefficace
Preoccupano inoltre le notizie da Bruxelles sull’evoluzione dei negoziati per la revisione del Regolamento sul Sistema delle Preferenze Generalizzate (SPG).
La nuova clausola di salvaguardia, pur basata sull’automatismo, potrebbe rivelarsi inefficace, poiché si attiverebbe solo oltre le 600mila tonnellate di riso lavorato — una soglia inaccettabile, considerando che il massimo storico di importazioni non supera le 560mila tonnellate.
Per Coldiretti, tale meccanismo non tutela né il riso europeo né quello italiano, lasciando senza protezione migliaia di produttori.
Accordo Mercosur: rischio riso a dazio zero
Un problema che si riflette anche nell’accordo commerciale tra Ue e Mercosur.
Dai Paesi del blocco sudamericano sono già arrivati oltre 5 milioni di chili di riso nel 2025, anno che si avvia a segnare un record.
L’intesa prevede l’ingresso a dazio zero di fino a 60 milioni di chili di riso lavorato, che si sommerebbero alle quantità attuali.
Una prospettiva pericolosa, dato che il Brasile è oggi il primo produttore extra-asiatico al mondo, con una capacità esportativa di 2,4 miliardi di chili di riso lavorato.
Mancano reciprocità e trasparenza
Nell’intesa col Mercosur mancano reciprocità e regole comuni – sottolinea Coldiretti – poiché i coltivatori sudamericani usano fitofarmaci vietati in Europa, hanno manodopera a basso costo e controlli meno rigidi.
L’organizzazione chiede anche la cancellazione della regola sull’origine del codice doganale, per dare vera trasparenza ai consumatori e tutela ai produttori europei, imponendo l’obbligo dell’origine in etichetta su tutti i prodotti alimentari venduti nell’Unione Europea.
Costi di produzione in crescita
Alla concorrenza sleale si aggiungono le incognite legate ai costi di produzione, con i prezzi di fertilizzanti, energia e mezzi tecnici aumentati a doppia cifra negli ultimi anni.
Le guerre e tensioni internazionali hanno mantenuto i costi ben superiori al periodo pre-Covid e pre-guerra in Ucraina, comprimendo ulteriormente i margini delle imprese agricole.
Un patrimonio da difendere
È a rischio il futuro di un settore primatista in Europa, con 1,4 miliardi di chili di risone all’anno, secondo Coldiretti.
La coltivazione si concentra soprattutto nel Nord Italia, con il Pavese (83.000 ettari), Vercelli e Novara (100.000 ettari complessivi), che insieme coprono il 90% della risicoltura nazionale.
A questa filiera partecipano oltre diecimila famiglie, tra imprenditori e lavoratori, che contribuiscono a un’eccellenza del Made in Italy agroalimentare.